C’è una canzone che ascolto sempre quando il mio corpo sente che ho bisogno di piangere ma il mio cervello continua a pedalare come un forsennato: Imitation of life, dei REM. A dire il vero l’ho messa in sottofondo - più che sottofondo, a dire il verissimissimo, perché mi ci sto bucando le orecchie. È la canzone che mi ricorda che ci sono mille montagne da scalare, e che anzi non sono mille montagne, bensì mille fiancate che percorriamo come se dovessimo arrivare ad una cima che però si rivela un nuovo punto di partenza per una fiancata nuova, sempre in salita e sempre cercando di dimostrare. In questo pezzo Michael Stipe racconta dell’adolescenza, quel momento della vita in cui vorremmo essere altro e se è vero che i millennials sono eterni adolescenti allora è perfettamente in tema con ciò che abbiamo raccolto con le nostre mani: un futuro incerto, chi più chi meno, sotto diversi aspetti della vita, piani A che si tramutano in B, poi in C e velocemente fino a rendersi conto che il ventaglio di possibilità che Kierkegaard affida ad ogni essere umano alla nascita si sta riducendo ad una linea che ci rassegniamo a percorrere con qualche tentativo di fuga. La dieta da lunedì, lo sport da domani, la parete dipinta per cambiare, comprare un quadro nuovo da appendere, lo shopping compulsivo, iniziare ad amare sé stessi: niente che ci distolga da quella linea dritta che continuiamo a percorrere senza neanche accorgercene. Per questo ascolto Imitation of life, per quello special che dice “This hurricane, I’m not afraid” perché se una parte di me sente un uragano costante e in qualche modo necessario, l’altra è impassibile spettatrice di ciò che nella società della performance sarebbe da considerare una Caporetto da ogni parte la si guardi. E non sto dicendo che sono orgogliosa dei miei fallimenti e di non essere ciò che volevo essere da bambina: sto dicendo che se nessuno stereotipo di successo costruito nel tempo dal mondo intero mi avesse costretto a vedermi realizzata in una certa maniera soltanto, adesso forse non la vivrei così; adesso vivrei il flusso dei cambiamenti con entusiasmo, vigore. Cavalcando l’onda di ciò in cui mi sto trasformando. Ho letto diversi pareri negativi su questo libro, e sinceramente mi accodo a chi pensa che non sia troppo profondo, con la verità scritta fra le righe; vedo piuttosto una compartecipazione nostra nello “scrivere” il resto della storia, come tanti libri che sono apparentemente semplici e che ho amato follemente. È ciò che ci scatenano, quello che ci rimane al di là di una trentenne lamentosa e irrisolta, persa in una realtà che non riconosce più e che vive con passiva inerzia. Come on, come on, no one can see you cry.
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