A distanza di cinque anni da La misura del tempo, Gianrico Carofiglio porta di nuovo in scena la Bari dell’avvocato Guido Guerrieri, abbandonando momentaneamente la Milano in cui si muove l’ex magistrata Penelope Spada. L’orizzonte della notte, pubblicato da Einaudi, è il settimo episodio della serie e, parafrasando Ingmar Bergman, bene si potrebbe parlare di un autentico sigillo. Uno dei libri più belli dello scrittore pugliese.L’orizzonte della notte è un romanzo duplice: da un lato c’è il legal thriller, il cui ritmo è incessante dalla prima all’ultima pagina; da un altro lato c’è un «viaggio psicologico, un’affilata meditazione sulla perdita e sul rimpianto», sul ricordo e sulla ricerca di sé, sulle «inattese sincronie della vita» e sul bisogno di felicità.Una lingua perfetta, solida, asciutta, ricca come sempre di citazioni che non sovrastano il racconto ma lo riempiono, piuttosto, di significato, impedisce quasi al lettore di staccarsi dalle pagine di un romanzo «acuto, brillante, a tratti malinconico, che guarda però» con speranza al futuro, soprattutto nelle righe finali, in qualche modo sorprendenti, capaci quasi di rovesciare il senso di marcia tenuto sino a qual momento dall’autore.La storia gialla comincia con una telefonata che Guerrieri riceve «inaspettatamente» dall’amico libraio Ottavio, il proprietario dell’Osteria del Caffellatte, aperta dalle 10 di sera alle 6 del mattino e rifugio amatissimo dello stesso Guerrieri, il quale è solito trascorrerci le notti d’insonnia. In libreria si è momentaneamente nascosta Elvira Castell, un’amica di Ottavio. Una donna di 44 anni, bella, benestante, divorziata e titolare di una società informatica, la quale ha appena ucciso un uomo, Giovanni Petacci, compagno della sorella gemella Elena, morta per suicidio poche settimane prima.Buon ascolto!
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