Sono sempre molto incline a vedere negli uomini di scienza, e ancor più nei fisici, e ancor più più negli astrofisici ça va sans dire, degli esseri viventi impregnati di una creatività e di un’immaginazione tendenti al sovrumano. È scontato pensare che ogni teoria e ogni legge messa a punto siano nate da un’idea; ci vuole di esser folli veri per montare tutto un ingranaggio sulla base di un pensiero. Ci vuole di essere innamorati, caparbi, ragionevolmente dubbiosi. Per me le formule sono sempre state una roba astrusa e se posso permettermi - per la maggior parte del tempo che ho passato a studiarla - anche messe lì per rompere i coglioni per risolvere problemi e altre robe che non mi spiegavano, di fatto, niente. Alla fine veniva fuori che Gaetano seduto nella terza carrozza sul treno per Napoli Afragola andava alla velocità di 55 kg/L. Ora, io certo non sono una cima in materia, ma credo che se avessi avuto Rovelli come professore, con il suo romantico e tangibile modo di spiegare anche le incertezze legate all’universo, dando una faccia a quello che ci gira intorno e un motivo visibile di esistere a quelle formule invece che costanti e lettere sparate a cartucciera, forse sarebbero state più piacevolmente applicabili. Questa non vuole essere una critica a chi ha cercato di spiegarmi la fisica negli anni - in me scarseggia il senso creativo per tutto ciò che è scientifico - ma un ragionamento basico su quanto, spesso, ci ritroviamo a studiare cose col solo fine di capirle, mentre a volte è proprio il buio totale che ci costringe a spingerci oltre (più o meno è successo in tutte le scoperte fantasmagoriche del mondo, anche quelle che hanno dato vita a invenzioni catastrofiche). Par retorico, ma è quando non le capiamo che abbiamo l’opportunità di una crescita. Invece dobbiamo capire e chi non capisce non è adatto. Rovelli ci ha detto il contrario, che anche l’argomento più complesso è alla portata di tutti, basta trovare il modo di comunicare idoneo ai destinatari del messaggio. E ci dice anche un’altra cosa: che il confronto, la collaborazione, i dubbi, gli errori, tanto la perseveranza quanto l’abbandono di un’idea siano fruttuosi sempre, per ogni sviluppo, anche se in un primo momento quest’ultimo tuoni come un umiliante fallimento. «Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto dell'oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato.»
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