Un tubo bucato innaffia di greggio l’Amazzonia ecuadoriana

11 feb 2022 · 12 min. 40 sec.
Un tubo bucato innaffia di greggio l’Amazzonia ecuadoriana
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Le politiche estrattiviste del capitalismo producono danni ambientali a livello globale con il riscaldamento climatico i cui effetti si appalesano ormai a chiunque in modo evidente; ma continuano localmente i...

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Le politiche estrattiviste del capitalismo producono danni ambientali a livello globale con il riscaldamento climatico i cui effetti si appalesano ormai a chiunque in modo evidente; ma continuano localmente i danneggiamenti di ecosistemi incontaminati, dovuti al modo approssimativo con cui si costruiscono oleodotti, o si trasportano sostanze fossili. Scarsa eco hanno avuto in Europa i due disastri ambientali avvenuti in Perù il 15 gennaio e a Piedra Fina in Ecuador il 29 gennaio.
I due eventi sono accomunati per l'estensione dell'area coinvolta, perché hanno interessato zone protette, a distanza di 2500 chilometri l'una dall'altra, e perché l'entità del disastro si è tradotta in un cataclisma per incuria, ritardi, uso di materiali scadenti, usura, scarsi investimenti... nel primo caso Repsol aveva minimizzato lo sversamento durante lo scarico dalla petroliera italiana Mare Doricum alla raffineria La Pampilla; in Ecuador invece è bastata una pietra per produrre un buco nell'oleodotto Ocp. Si tratta di un tubo costruito in superficie nel 2005, che attraversa l'intero Ecuador per 475 chilometri, trasportando 450.000 barili di greggio al giorno; ormai è parte di un paesaggio anche interpretato dalle popolazioni come ci racconta Diego Battistessa), causando l'ultima di una serie di fuoruscite di greggio.
Ma non può essere un caso che proprio a Quito sia insediato Lasso, un presidente di estrema destra, convinto assertore dell'estrattivismo e della privatizzazione delle infrastrutture e degli impianti energetici, quanto di più distante dalle peculiarità che informano l'esistenza delle popolazioni coinvolte nell'emergenza, che non possono far altro se non monitorare e vigilare perché siano messe in atto tutte le forme di compensazione previste da un sistema di soft-law che costringe a minimi interventi, ma essenziali, da parte delle aziende responsabili dei disastri. E infatti questo è l'unico aspetto positivo della vicenda: la partecipazione alle marce verso lo stabilimento della Repsol, «perché non la faccia franca».
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Autore OGzero - Orizzonti geopolitici
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