Novembre era capodanno. Un fiore, una candela, una zucca?

4 nov 2024 · 3 min. 21 sec.
Novembre era capodanno. Un fiore, una candela, una zucca?
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L'editoriale di Dino Bridda Il mese di novembre non gode di buona pubblicistica. Potremmo salvare dalle critiche, però, la Chiesa cattolica che invita i fedeli ad onorare la memoria dei...

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L'editoriale di Dino Bridda

Il mese di novembre non gode di buona pubblicistica. Potremmo salvare dalle critiche, però, la Chiesa cattolica che invita i fedeli ad onorare la memoria dei loro defunti accanto alla commemorazione dei Santi, mentre la Repubblica italiana celebra i Caduti di tutte le guerre e l’Unità della Nazione.
Un terreno minato, invece, lo incontriamo quando ci troviamo di fronte alla tradizione popolare che colloca, tra il 1° ed il 2 novenbre, la notte nella quale l’immaginario collettivo celebra il ritorno dei morti con rituali spesso assai paganeggianti, ma in passato del tutto innocui e ricchi di suggestioni. Ogni regione d’Italia, ogni Paese d’Europa hanno un proprio rituale inquadrabile nel cosiddetto periodo magico che va dal 31 ottobre all’11 novembre, giorno di S. Martino, patrono di Belluno. Era quello un vero e proprio Capodanno legato al mondo agrario e posto all’inizio della stagione più difficile, perciò bisognevole di riti propiziatori. «Era anche tempo di pronostici e si credeva che i morti stessi, tornati dall’oltretomba, si riunissero nelle loro vecchie dimore con le loro famiglie e facessero divinazioni. Il fatto che, fin dal X secolo, la Chiesa avesse scelto il 2 novembre come giorno per la celebrazione del ricordo dei defunti, non fece che alimentare la credenza che, proprio in quei giorni, qualcosa di soprannaturale avvenisse».
La tradizione ci ricorda che quel periodo era fatto di suoni di campane a distesa, di processioni da e per il cimitero, di confezionamento di cibi casalinghi come il “pan dei mort”, di zucche intagliate contenenti candele accese e via di questo passo. Un qualcosa di simile al “dolcetto o scherzetto?” esisteva anche qui da noi, dove i canti di questua continuano poi con S. Martino, S. Nicolò, l’Epifania.
Detto tutto ciò, come spesso accade certe tradizioni rischiano di esondare dai loro significati originari per diventare un fenomeno di caratteristica prettamente commerciale. Così, certe tradizioni varcarono l’oceano, si americanizzarono e poi la grande industria dei consumi le riportò in Europa piazzandole sul mercato a suon di dollari o euro o sterline. A questo punto la luminaria dentro la zucca, invece di essere sorgente illuminante, sembra invece offuscare la ricorrenza e della memoria dei nostri defunti nulla rimane.
Nel rituale della visita ai sepolcri del 2 novembre, però, qualcuno di noi ci ha assicurato che in quel giorno non ha pensato minimamente a “dolcetto o scherzetto?”, ma ha rivolto il suo pensiero alla memoria di chi ci lasciò un giorno e merita sempre il nostro ricordo.
Il mese di novembre non gode di buona pubblicistica, è vero, ma il 2 novembre può essere commemorato non con la tristezza del distacco, bensì con la serenità della gratitudine: infatti, spesso si tratta di onorare la memoria dei nostri genitori e dei nostri nonni ai quali dobbiamo la vita, la prosperità e la libertà
Quel giorno, idealmente, molti di noi hanno posato un fiore su tombe di sconosciuti che altrimenti sarebbero rimasti dimenticati, forse perché i loro congiunti sono lontani, emigrati ai confini del mondo. Contemporaneamente, il pensiero è andato a quegli stessi emigrati che, a migliaia di chilometri di distanza, non possono fare altro che recitare una preghiera di suffragio davanti ad una foto illuminata da una candela. Halloween? No grazie, e niente zucca, ovviamente…
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