Le complessità storiche dello Yemen infiltrate dai potenti globali
19 feb 2022 ·
16 min. 20 sec.
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Descrizione
Un territorio strategicamente collocato e diviso tra sviluppo, ideologie, alleanze effimere e contrapposizioni tra tecnologiche sofisticate e schiavismo, non solo migrante La televisione saudita venerdì 18 ha dato la notizia...
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Un territorio strategicamente collocato e diviso tra sviluppo, ideologie, alleanze effimere e contrapposizioni tra tecnologiche sofisticate e schiavismo, non solo migrante
La televisione saudita venerdì 18 ha dato la notizia della distruzione di una barca telecomandata imbottita di esplosivo, al largo del porto di Hodeida. Probabilmente era diretta verso un porto saudita. Il portavoce militare di Riad ha messo l’accento sulla gravità dell’uso militare di un porto civile, oggetto di un accordo di neutralità e disarmo. Dichiarazioni del genere, di norma, sono il preludio ad un raid aereo su Hodeida, dove a distanza di anni l’Onu cerca di evitare che una petroliera in rada da anni possa causare anche un disastro ecologico. Da aggiungersi a 7 anni di guerra sanguinosa.
Interessi geopolitici e di egemonia tra potenze locali, sostenute a loro volta da potenze globali e contemporaneamente dissidi secolari tra comunità: dei primi si sa qualcosa (non i dettagli, né tutti i traffici sotterranei); della realtà locale, delle divisioni sul territorio tra le diverse comunità non si sa quasi nulla.
Paradossalmente si conoscono maggiormente i traffici segreti di droni e tecnologie militari dei due campi (o di sistemi di alleanze e F35), più di quanto non sia la cognizione del motivo per cui (e tra chi?) si è scatenata una guerra spietata, con escalation che coincidono con momenti centrali della geopolitica internazionale.
L’intervento della coalizione sunnita si innesta su una condizione già stremata da conflitti che risalgono alla Guerra Fredda precedente e coinvolgono un’area che va da Gibuti – con tutti gli interessi e il concentramento militare e infrastrutturale di uno snodo centrale di commerci e supply chain – al golfo di Hormuz. Con tutti i contrasti ivi racchiusi dal multicentrismo. Carlotta Caldonazzo ha iniziato a inanellare alcuni elementi che possono aiutare a inquadrare i vari protagonisti e quali ineludibili esigenze muovono le istanze che ciascuno apporta su un territorio abituato a venire abitato da intrecci politici – anche internazionali e sofisticati tecnologicamente – con accordi tribal, che ricordano divari secolari tra imamato al Nord (maggiormente ancorato al tribalismo) e imperialismo britannico e sovietico al Sud – più urbanizzato e meno tribalizzato, che ha dato luogo a un Movimento di liberazione del Sud.
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La televisione saudita venerdì 18 ha dato la notizia della distruzione di una barca telecomandata imbottita di esplosivo, al largo del porto di Hodeida. Probabilmente era diretta verso un porto saudita. Il portavoce militare di Riad ha messo l’accento sulla gravità dell’uso militare di un porto civile, oggetto di un accordo di neutralità e disarmo. Dichiarazioni del genere, di norma, sono il preludio ad un raid aereo su Hodeida, dove a distanza di anni l’Onu cerca di evitare che una petroliera in rada da anni possa causare anche un disastro ecologico. Da aggiungersi a 7 anni di guerra sanguinosa.
Interessi geopolitici e di egemonia tra potenze locali, sostenute a loro volta da potenze globali e contemporaneamente dissidi secolari tra comunità: dei primi si sa qualcosa (non i dettagli, né tutti i traffici sotterranei); della realtà locale, delle divisioni sul territorio tra le diverse comunità non si sa quasi nulla.
Paradossalmente si conoscono maggiormente i traffici segreti di droni e tecnologie militari dei due campi (o di sistemi di alleanze e F35), più di quanto non sia la cognizione del motivo per cui (e tra chi?) si è scatenata una guerra spietata, con escalation che coincidono con momenti centrali della geopolitica internazionale.
L’intervento della coalizione sunnita si innesta su una condizione già stremata da conflitti che risalgono alla Guerra Fredda precedente e coinvolgono un’area che va da Gibuti – con tutti gli interessi e il concentramento militare e infrastrutturale di uno snodo centrale di commerci e supply chain – al golfo di Hormuz. Con tutti i contrasti ivi racchiusi dal multicentrismo. Carlotta Caldonazzo ha iniziato a inanellare alcuni elementi che possono aiutare a inquadrare i vari protagonisti e quali ineludibili esigenze muovono le istanze che ciascuno apporta su un territorio abituato a venire abitato da intrecci politici – anche internazionali e sofisticati tecnologicamente – con accordi tribal, che ricordano divari secolari tra imamato al Nord (maggiormente ancorato al tribalismo) e imperialismo britannico e sovietico al Sud – più urbanizzato e meno tribalizzato, che ha dato luogo a un Movimento di liberazione del Sud.
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Autore | OGzero - Orizzonti geopolitici |
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