La via saheliana per affrancarsi dai soliti padroni nel multipolarismo
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Descrizione
https://ogzero.org/regione/sahel/ Il diversificante riposizionamento della disincantata regione subsahariana Ormai da qualche anno la centralità del Sahel nei giochi geopolitici segna scosse recepite in Occidente soprattutto perché si registra un ricambio...
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Ormai da qualche anno la centralità del Sahel nei giochi geopolitici segna scosse recepite in Occidente soprattutto perché si registra un ricambio multipolare del vecchio colonialismo e un rivolgimento del neocolonialismo successivo all’indipendenza dei primi anni Sessanta nei singoli paesi. Di qui deriva il preoccupato interesse delle potenze mosso dal bisogno di spartirsi le ricchezze del territorio.
Abbiamo chiesto a Edoardo Baldaro di aiutarci a fare il punto nel momento in cui gli attuali vertici militari di un paese come il Niger che è stato per decenni partner fedele per francesi e americani nel controllo del territorio, ha invitato i loro eserciti a portare via truppe e mezzi (lasciando che il contingente italiano prosegua il suo lavoro di addestramento all’interno della missione Misin, percepito come diversamente pervasivo della autonomia militare rispetto alla potenza coloniale principale – la Francia – o l’egemone statunitense e il suo approccio di War on Terror in seguito all’Undici Settembre), l’appoggio esterno alla lotta al jihadismo abbiamo visto già altre volte che è stato affidato a quella che era la Wagner e ora è l’Africa Corp russo. Contemporaneamente si affaccia l’interesse dell’Iran per l’uranio prima appannaggio di canadesi e francesi, delineando il quadro dei diversi schieramenti. Ma se si analizza utilizzando occhiali africani quella stessa scena appare diversa: il transito di truppe o gli accordi stracciati e stipulati a Niamey – ma vale anche per Bamako, Ouagadougou, N’Djamena – sono questioni riguardanti il confronto tra potenze straniere, che poco interessano al nuovo approccio delle attuali élites governative del Sahel, che vanno estendendo la loro influenza anche nei paesi limitrofi, cominciando a delineare una sorta di evoluzione di carattere decolonialista “disincantato”, dove il panafricanismo è macchiato di sovranismo: infatti si riscontra soltanto nel fatto che è comune a tutti la pulsione ad affrancarsi dall’influenza globalizzante considerando ininfluente quale potenza straniera si consideri preminente nella regione, ma il percorso è identitario per ogni singola nazione e si esprime con caratteristiche diverse in ciascun paese, benché si assista ad alleanze e resistenza comune tra Burkina, Mali, Niger e vedremo con la tornata elettorale odierna – con candidati fintamente rivali – se anche il Ciad completerà la svolta della regione, caratterizzata comunque da una continuità interna ai paesi di perseguire ciascuno i propri interessi e i propri traffici con le potenze multilaterali.
Una di questi corsi e ricorsi è quello dei flussi migratori che vede dalla notte dei tempi Agadez come snodo essenziale di traffici di droghe, merci e esseri umani e la cancellazione a novembre della legge del 2015 che impediva la gestione del mercato migratorio, riavvia una sorta di economia essenziale per il paese. Ed è proprio il tema che interessa al governo Meloni e al suo Piano Mattei. Intanto Usa e Francia si stanno ridislocando con maggiore presenza nei paesi costieri (Costa d’Avorio, Togo, Benin, Ghana), dove si sta allargando la rivolta jihadista. Mentre il Senegal si può ergere a modello di istituzioni e Costituzione che reggono democraticamente e fanno argine agli uomini forti grazie alla mobilitazione della società civile (e a un esercito non versato a sostenere golpisti).
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Autore | OGzero - Orizzonti geopolitici |
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Sito | ogzero.org |
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