La forma del lavoro che verrà con l'avvento dell'intelligenza artificiale.
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La forma del lavoro che verrà con l'avvento dell'intelligenza artificiale. da Le Scienze. 28 ottobre 2017. Ascolta l'intero articolo in audio mp3 da voceviva.it: http://www.voceviva.it/Podcast/VV2017/xLeScienze17_162.mp3 La rivoluzione digitale ha già...
mostra di piùda Le Scienze. 28 ottobre 2017.
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La rivoluzione digitale ha già iniziato a trasformare molte mansioni lavorative, ma è solo l'inizio: l'apprendimento automatico, cioè l'intelligenza artificiale in grado di imparare da sola, promette di sostituire gli esseri umani anche in compiti complessi e non routinari. Le ricerche per capire dove andrà il mercato del lavoro sono molte, e sottolineano opportunità e rischi per i lavoratori di tutto il mondo. di Emily Anthes/Nature.
L'anno scorso, l'imprenditore Sebastian Thrun ha deciso di aumentare le sue capacità di vendita usando l'intelligenza artificiale. Thrun è il fondatore e presidente di Udacity, una società di formazione che offre corsi online e impiega un'armata di venditori per rispondere alle domande dei potenziali studenti via chat. Thrun, che dirige anche un laboratorio di informatica alla Stanford University, in California, ha lavorato con uno dei suoi studenti per raccogliere le trascrizioni di queste chat, segnalando quelle che hanno portato all'iscrizione a un corso.
I due hanno inserito i dati della chat in un sistema di apprendimento automatico, che ha raccolto le risposte più efficaci a una serie di domande più comuni.
Poi hanno messo questo assistente alle vendite digitale a lavorare accanto ai colleghi umani. Quando arrivava una domanda, il programma suggeriva una risposta appropriata, che il venditore poteva personalizzare se necessario. Era come avere un copione per le vendite in grado di reagire istantaneamente, con una montagna di dati per supportare ogni suo elemento. E funzionava; il gruppo è riuscito a gestire il doppio dei contatti nello stesso tempo, e a convertirne in vendite una percentuale più alta.
In pratica, spiega Thrun, il sistema ha messo insieme le competenze dei migliori venditori della società e le ha rese disponibili all'intero gruppo, con un processo che egli ritiene potenzialmente rivoluzionario. "Proprio come la macchina a vapore e l'auto hanno amplificato la nostra potenza muscolare, questo potrebbe amplificare la nostra capacità cerebrale e trasformarci in superumani dal punto di vista intellettuale", afferma.
Il decennio passato ha visto notevoli progressi nelle tecnologie digitali, come l'intelligenza artificiale (IA), la robotica, il cloud computing, l'analisi dati e le comunicazioni mobili.
Nei prossimi decenni queste tecnologie trasformeranno quasi ogni settore, dall'agricoltura alla medicina, dalla produzione alla vendita, dalla finanza ai trasporti, ridefinendo la natura del lavoro. "Milioni di posti di lavoro saranno eliminati, serviranno e saranno creati milioni di nuovi posti di lavoro, e molti di più ancora saranno trasformati", afferma Erik Brynjolfsson, che dirige l'Initiative on the Digital Economy del Massachusetts Institute of Technology.
Ma fare previsioni precise è difficile. "La tecnologia sta progredendo, il che in qualche modo è una cosa positiva, ma siamo ancora molto in ritardo nel comprenderne le implicazioni", spiega. "C'è un'enorme necessità, e un'enorme opportunità, di studiare i cambiamenti". I ricercatori stanno cominciando a fare proprio questo, e i dati che stanno emergendo resistono alle semplificazioni. I progressi nelle tecnologie digitali possono cambiare il lavoro in modi complessi e sfumati, creando opportunità e rischi per i lavoratori.
Ecco tre domande pressanti sul futuro del lavoro in un mondo digitale ed ecco le risposte che i ricercatori stanno cominciando a dare.
1) L'apprendimento automatico scalzerà i lavoratori specializzati?
Nelle precedenti ondate di automazione, i progressi tecnologici hanno permesso alle macchine di svolgere compiti semplici, ripetitivi e di routine. L'apprendimento automatico apre la possibilità di automatizzare compiti cognitivi più complessi e non routinari. "Per la maggior parte degli ultimi 40 o 50 anni, è stato impossibile automatizzare un compito prima di averlo compreso molto bene", dice Brynjolfsson.
"Questo non è più vero: ora le macchine possono imparare da sole".
I sistemi di apprendimento automatico possono tradurre parole, catalogare immagini, ordinare merci, individuare frodi e diagnosticare malattie, rivaleggiando con gli esseri umani in alcuni campi nuovi e sorprendenti. "Una macchina può gestire molti, molti e molti più dati di un essere umano", dice Thrun. All'inizio di quest'anno, ha guidato un gruppo di ricerca che ha dimostrato che circa 129.000 immagini di lesioni cutanee potrebbero essere utilizzate per addestrare una macchina a diagnosticare il cancro della pelle con un livello di precisione
paragonabile a quello di dermatologi qualificati.
Questi progressi hanno fatto sorgere la preoccupazione che tali sistemi possano sostituire i lavoratori umani in campi che una volta sembravano troppo complessi per essere automatizzati. Le stime iniziali sembravano terribili. Nel 2013, i ricercatori dell'Oxford Martin Programme on Technology and Employment dell'Università di Oxford, nel Regno Unito, hanno esaminato i progressi e i problemi ancora sul tavolo nell'apprendimento automatico e nella robotica mobile, per stimare in che misura 702 lavori diversi fossero esposti al rischio di automazione. La loro sorprendente conclusione è stata che il 47 per cento dei posti di lavoro negli Stati Uniti sarebbe ad alto rischio di
informatizzazione, in particolare gli impieghi nei settori dei trasporti, della logistica, della produzione e dell'amministrazione.
Da allora, però, altri ricercatori hanno sostenuto che la percentuale del 47 per cento è troppo elevata, data la varietà di compiti che i lavoratori tendono a svolgere in molte occupazioni. "Se si va più in profondità, se si analizza la struttura dei compiti svolti effettivamente dalle persone, si scopre che le stime si abbassano", afferma Ulrich Zierahn, ricercatore senior del Centre for European Economic Research... (segue altro...)
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