IV - Il borgo, la casa, il focolare da «TERRA NUOVA - Prima Cronaca dell’Agro Pontino» di Corrado Alvaro
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Descrizione
La sera dell'arrivo e per qualche giorno ancora, seguimmo la nuova vita di coloni. Occupare la casa, mobiliarla, riconosce la terra, si svolgeva in 24 ore.Le prime 24 ore di...
mostra di piùOccupare la casa, mobiliarla, riconosce la terra, si svolgeva in 24 ore.Le prime 24 ore di vita di un lembo di terra nuova.
Un deputato e un incaricato della Federazione di Ferrara, mantenevano gli ultimi rapporti dei coloni con la terra natale, e prima di ripartire ne riconoscevano lo stato, le loro necessità, i loro ultimi pensieri prima del distacco.
Tutto si svolgeva assai umanamente; furono fatte replicate visite casa per casa e a tutti furono dette parole adatte.
Mi sembra di aver vissuto un tempo assai lungo questo viaggio da casa a casa, lungo la dritta strada bianca, a incroci di altre strade bianche e dritte.
Il sistema dell'Agro Pontino ha questo di straordinario, che riproduce in un'estensione di tempo assai breve quello che l'uomo e la sua opera compiono in un lungo giro da anni, talvolta secoli.
Canali e strade, intrecciandosi, tagliano regolarmente questa plaga e danno l'impressione della geometria di una scacchiera.
Ognuna di queste strade si annoda un borgo che si apre in uno spiazzo e forma nella campagna fuggente, la sosta dell'abitato, con la scuola, la sua dispensa agricola, la chiesetta, gli uffici, i negozi, infine con la sua piccola Torre, grande rispetto a quella paterna di Littoria come la torre di un gioco di scacchi a confronto del pezzo più alto nello stesso gioco.
Quelli già popolati acquistano subito color di paese, riproducono angoli di villaggi veduti altrove, e costruiti dalla frequentazione lunga degli uomini, e che sono il paesaggio fisso della vita campestre. Non deve essere mai accaduto di vedere in così breve tempo, e da giorno a giorno, una così vasta e completa trasformazione della terra; o forse nella storia moderna, nel fenomeno della guerra, quando un prato in guerra mutava fisionomia.
Guerra ed emigrazione, le due fasi della vita italiana, regole della lotta italiana per vivere, fanno qui un solo eloquente spettacolo; per queste due esperienze di 80.000 ettari di terra dell'Agro Pontino sono un mondo, una storia di civiltà e di lavoro.
La prima ora in attesa dell'arrivo dei mobili la casa nuova non fu altro che focolare; tutto era vuoto e sonoro; ancora freddo ed estraneo.
La famiglia si diede a cercare legna lì intorno, la dispose sulla corte, certi pali fradici di acqua furono messi a tettoia perché scolassero l'umidità.
Altri si asciugavano alla fiamma sotto la cappa del camino, e facevano il loro stridore. Il fuoco cominciava a macchiare il camino dipingendovi la storia nubilosa che sanno leggere le fantasie dei ragazzi.
Quel fuoco pareva acceso in una solitudine lontana, un fuoco da bivacco.
La pianura era tutta in moto con i suoi autocarri e le biciclette ma qui eravamo come in una posizione occupata da poco e appena segnalata ai comandi.
In quell'ora i pensieri erano semplici ed elementari, erano i pensieri dell'attesa.
Ma la seconda ora fu tutt'altra.
La famiglia vedendoci arrivare si fece sulla porta accennando che i mobili erano arrivati; le ragazze avevano ripreso il gesto abituale di farsi schermo della mano sugli occhi per guardarci da lontano; gli uomini erano già intenti con la vanga a stabilire la pendenza del terreno davanti alla casa e a tracciare una strada per gli ospiti.
Parlavano tutti insieme, si scusavano se ci toccava di vedere tutto ancora in disordine, tutto non ancora pulito a modo; loro seguitavano a dire che bisognava tornarci quando tutto fosse perfetto. Rivedersi tra le cose loro aveva sciolto ai nuovi arrivati la lingua: gli uomini continuavano a dire: «le dico che sono contento, che sono propri content. La terra è buona, la casa l'è bella e che noi ci faremo onore».
Anche per le donne tutto va bene, ma disse una delle donne, «ma io, dove la stendo la biancheria?»
Perché qui bisognava fare i conti con le abitudini della comunità, e con la vita abitudinaria delle donne.
Essi avevano portato ogni cosa di loro dalle loro vecchie case senza lasciare nulla, spaghetti aggrovigliati, pezzi di filo di ferro, cocci rotti, scatole di latta.
Ma c'era da immaginarselo che ci sarebbero stati degli urti con la vita che ricominciava, tanto i contadini sono abitudinari e conservatori.
Nella casa ogni cosa riprendeva il suo posto sullo schema della casa lasciata.
Alcuni addirittura chiedevano una porta di più perché erano abituati a quella porta in quel punto preciso.
Informazioni
Autore | Giuseppe Cocco |
Organizzazione | Giuseppe Cocco |
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