Il rifiuto dei lefebvriani di sottomettersi al Papa è un atto scismatico
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7530 IL RIFIUTO DEI LEFEBVRIANI DI SOTTOMETTERSI AL PAPA E' UN ATTO SCISMATICO di Luisella Scrosati Ad emergere in modo preoccupante nelle repliche, spesso scomposte, al dossier...
mostra di piùIL RIFIUTO DEI LEFEBVRIANI DI SOTTOMETTERSI AL PAPA E' UN ATTO SCISMATICO di Luisella Scrosati
Ad emergere in modo preoccupante nelle repliche, spesso scomposte, al dossier della Bussola sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X è l'insufficiente comprensione della natura della Chiesa e dell'appartenenza al Corpo mistico di Cristo. Pio XII nell'enciclica Mystici Corporis insegnava che la natura giuridica della Chiesa è l'espressione della dimensione visibile della Chiesa. Ed è nell'unione della dimensione visibile ed invisibile che la Chiesa «presenta una perfettissima immagine di Cristo», il quale "nascondeva" la sua divinità invisibile nell'umanità visibile: Dio agiva mediante la carne assunta. Qui si radica la sacramentalità della Chiesa, così come la sua azione sacramentale. Ora, sottolinea ancora Pio XII, è proprio «in virtù di quella missione giuridica per la quale il divin Redentore mandò nel mondo gli Apostoli come egli stesso era stato mandato dal Padre», che Cristo continua ad agire tramite la Chiesa.
Chi ci accusa di essere formalisti, legalisti, non comprende il senso della struttura giuridica della Chiesa. Ed è in ragione di questa dimensione essenziale che mai la Chiesa ha approvato l'esercizio del ministero clericale "slegato" dalla sua struttura giuridica. La posta in gioco non è semplicemente canonica, ma di fede. Ed è bene ricordare che le norme canoniche scaturiscono non solo dalla giustizia, ma spesso e volentieri dai dogmi della fede. Così come è da tenere presente che la costante disciplina canonica è sempre stata considerata come un locus theologicus, ossia un elemento della sacra Tradizione. Pensiamo, tra le tante attestazioni di questa verità, al fatto che Giovanni Paolo II si riferì proprio alla costante pratica della Chiesa per sostenere l'impossibilità di ordinare delle donne. La logica secondo cui, siccome l'elezione dei vescovi è questione disciplinare, allora non riguarda la fede, è decisamente sbagliata; e, ironia della sorte, si pone nella stessa linea del presente pontificato che ha sganciato completamente tra loro prassi e dottrina.
CONSACRATO CONTRO LA VOLONTÀ DEL PAPA
L'istituzione di un vescovo è prerogativa del Papa: non si è vescovi cattolici semplicemente con la consacrazione (come non si è sacerdoti cattolici solo con l'ordinazione). E nemmeno semplicemente con la dottrina. Qualcuno ha questionato sul fatto che l'obbligatorietà della nomina dei vescovi da parte del Papa sia contraddetta dalla storia. Abbiamo già avuto modo di distinguere la modalità di elezione dalla nomina; e parimenti nessuno intende sostenere che debba essere il Papa in persona a consacrare. Nemmeno è richiesto che questa designazione del vescovo provenga esplicitamente dal Papa, ma è assolutamente chiaro che nessuno può consacrare un vescovo contro la volontà del Papa e nessuno può essere considerato un vescovo cattolico se il Capo del Collegio episcopale non lo accoglie nel Collegio. Questo è un aspetto chiave del primato del Papa, da cui deriva anche la sua potestà di deporre un vescovo, ovunque si trovi. Un pontefice può certamente abusare di questo suo potere, ma, come si suol dire, l'abuso non toglie l'uso.
È proprio perché si va contro la legge divina e non quella semplicemente umana, che il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, nella Nota sulla scomunica per scisma in cui incorrono gli aderenti al movimento del Vescovo Marcel Lefebvre, chiariva che «non si dà mai una necessità di ordinare Vescovi contro la volontà del Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi. Ciò infatti significherebbe la possibilità di "servire" la Chiesa mediante un attentato contro la sua unità in materia connessa con i fondamenti stessi di questa unità». Mai. Sostenere il contrario significherebbe pensare che Nostro Signore, disponendo in questo modo le cose, non sia stato in grado di prevedere tutte le situazioni e circostanze che si sarebbero verificate nella storia della sua Chiesa. Ecco perché rifarsi allo "stato di necessità" per andare contro un diritto divino è un controsenso.
Ci sono due lettere di papa Innocenzo I (+417) che attestano l'impossibilità di concepire l'episcopato senza la sua connessione con il Papa. Nella lettera 29, indirizzata al Concilio di Cartagine, egli parla della Sede Apostolica «a quo ipse episcopatus et tota auctoritas nominis hujus emersit» (PL 20, 583). L'episcopato e la sua autorità provengono dalla Sede Apostolica. Nella lettera successiva, indirizzata al Concilio di Milevi, il Pontefice afferma inoltre che i vescovi «ad Petrum (...) sui nominis et honoris auctorem referre debere» (PL 20, 590); Pietro è quindi l'autore sia del nome che della dignità dei vescovi.
Si potrebbero aggiungere anche altri testi che vanno nella stessa direzione: nei primi secoli, quando ancora non c'era tecnicamente il mandatum, né c'era un codice di diritto canonico che prevedeva sanzioni, era già chiaro che un episcopato contro la volontà del Papa è semplicemente una contraddizione; come risulta un nonsenso la teorizzazione della separazione tra potere d'ordine e potere di giurisdizione (separazione, non distinzione). Per la Chiesa la semplice questione della validità di un sacramento non è mai stata questione dirimente il fatto che lo si possa ricevere o esercitare. Un vescovo validamente consacrato contro la volontà del Papa semplicemente non è un vescovo cattolico.
LA GIURISDIZIONE PROVIENE SOLO DAL PAPA
Un altro chiarimento: supponiamo che la tesi della separazione tra potere d'ordine e giurisdizione sia possibile. Ne consegue che mons. Lefebvre non ha voluto trasmettere alcuna giurisdizione, come la Fraternità Sacerdotale San Pio X afferma. Ma allora, perché la Fraternità Sacerdotale San Pio X agisce come se l'avesse ricevuta dal Papa, mentre il Papa non solo non gliel'ha data, ma gliel'ha espressamente rifiutata? Lo stato di necessità non può dare alcuna giurisdizione: è di fede che la giurisdizione provenga solo dal Papa. Quali fonti magisteriali o della Tradizione può esibire la Fraternità Sacerdotale San Pio X per affermare che lo stato di necessità, per se stesso, conferisce la giurisdizione?
Dunque, perché mons. Lefebvre ha istituito - e la Fraternità Sacerdotale San Pio X continua ad avere - un Tribunale Canonico che usurpa i diritti di chi invece ha giurisdizione? Perché, a quanti si rivolgono a questi tribunali per ricevere una sentenza sulla validità del proprio matrimonio o sulla dispensa dai voti, si fa firmare una dichiarazione nella quale si promette «di non rivolgermi ad un tribunale ecclesiastico ufficiale per fargli esaminare o giudicare il mio caso», il tutto giurando con la mano sul Vangelo? Perché la Fraternità solleva i fedeli dal precetto domenicale che impone l'assistenza alla Messa, qualora questi non possano ricorrere a delle Messe nel rito antico? Perché impedisce ai propri sacerdoti ogni tipo di partecipazione attiva, inclusa quella di assistere in coro con la cotta, alle Messe con il rito riformato ed anche alle Messe in rito antico celebrate dai sacerdoti ex-Ecclesia Dei? Perché non ammette il culto pubblico dei santi canonizzati dai papi post-conciliari, per la ragione che tutto quello che viene dopo il Concilio è dubbio? Perché non accetta il Codice di Diritto canonico, rifiuta la Professio Fidei, e insegna essere dubbio tutto il Magistero dopo il Vaticano II? La lista, purtroppo, potrebbe continuare. Se ci sono cose che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha nel frattempo corretto, ne saremmo sinceramente contenti. Ma sarebbe bene dirlo pubblicamente, soprattutto di fronte ai propri fedeli.
UN ATTO SCISMATICO: IL RIFIUTO DELLA SOTTOMISSIONE AL PAPA
Un'altra obiezione riguarderebbe il fatto che la Fraternità Sacerdotale San Pio X non sarebbe in scisma, perché mons. Lefebvre non aveva l'intenzione di compiere un atto scismatico. Qui c'è una confusione piuttosto evidente tra il finis operis ed il finis operantis. Lo scisma - lo si è già visto - è essenzialmente «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti» (CIC, can. 751). Non in teoria, ma nella pratica. L'autore classico di riferimento è il Cajetanus, che trova la specificità dello scisma nel voler agire non come una parte, regolata dall'autorità, ma come un corpo autonomo, indipendente. Per distinguere lo scisma dalla disobbedienza, egli spiegava che il rifiuto di obbedire non riguarda l'ordine che viene dato (e che dunque si presume sbagliato), ma il fatto di non riconoscere il Papa come superiore, anche se lo si crede tale (non recognoscens eum ut superiorem, quamvis hoc credat).
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Autore | BastaBugie |
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Commenti
Luciano Tartamella
1 anno fa