Il governo francese alza la voce per difendere il topless
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Basta scorrere gli articoli che Lorenza Formicola ha pubblicato sulla Bussola, e non solo, per rendersi conto della situazione della Francia rispetto all'islam. Per non dire delle intere banlieues in cui di fatto vige la sharìa e gli stessi poliziotti hanno ritrosia ad entrare, basta ricordare il bestseller Soumission di Michel Houellebecq, che se fu besteller e tanto scalpore suscitò è perché per il territorio metropolitano francese l'islamismo è ormai da anni il problema numero uno.
Detto questo, ci sia consentito di trovare semplicemente ridicolo il caso del giorno, due bagnanti sulla spiaggia di Saintes-Maries-de-la-Mer in Costa Azzurra invitate dai gendarmi a coprirsi perché prendevano il sole in topless. Subito gli alti lai dei laïques gallici, condensati dal ministro competente in un «c'est un droit précieux» (diritto addirittura prezioso; un malizioso direbbe: sta a vedere per chi...). Cui aggiunse che ici «non siamo mica in Arabia Saudita».
Insomma, l'orgoglio gallico alza la cresta per quattro tette al vento, mica per il clima di paura che la Francia respira da troppo tempo, mica per le stragi jihadiste subite, mica per le cattedrali incendiate e le migliaia di profanazioni di statue religiose e chiese che, se per disprezzo laïc non si vuol considerare importanti, sono «cultura nazionale» di certo molto più del topless. Lo scatto di orgoglio, insomma, che non è stato sfoderato quando veniva sgozzato un vecchio prete sull'altare, eccolo qua: le donne francesi hanno tutto il diritto costituzionalmente garantito di mostrare le proprie grazie coram populo, altrimenti l'Oltralpe interviene con tutta la sua leggendaria force de frappe.
C'è da chiedersi, tuttavia, da dove i gendarmi censori abbiano cavato l'uzzolo di far coprire le mammelle delle bellezze al bagno. Delle due, l'una: o se lo sono sognato la notte avanti o hanno applicato una qualche ordinanza. Dunque, il ministro & soci dovrebbero prendersela con la legge, non con i poliziotti. Ma temiamo che la politica interna, in Francia, sia di fatto come quella italiana, anche se all'estero fa mostra di grandeur. Il che non torna affatto ad onore del governo Macron.
Dunque, da oggi (ieri, in realtà) le francesi hanno via libera. Chi vuole, può mettersi in topless al mare. Già, ma perché no anche in piscina? La differenza sta nell'acqua non salata? E se una ha voglia di togliersi anche le mutande, perché il deretano on air configurerebbe oltraggio al pudore e il seno no? E poi: perché le regole censorie devono valere per le donne e non per gli uomini? Ma la vera domanda è un'altra: perché certuni e certuni ci tengono tanto a spogliarsi in pubblico? Tra l'altro, l'esposizione total view dell'epidermide en plein soleil deve essere preceduta da un sacrifico non piccolo: i mesi precedenti l'estate trascorsi a estenuarsi in palestra, sennò mostri solo pannelli adiposi e flaccidi cascami, e allora non ci sarà bisogno della polizia per farti coprire fino al collo e/ preferire la montagna.
Ci sarà stato qualche motivo se i sermoni medievali erano pieni di invettive contro la «vanità» femminile (all'epoca i sessi erano solo due). Leggi censorie non ce n'erano, la nudità a quel tempo non scandalizzava nessuno e anche i bagni pubblici erano misti. Tutt'al più, le autorità intervenivano con le leggi cosiddette suntuarie per impedire ai ricchi di sfoggiare troppo in esteriorità e aizzare le invidie di chi non se le poteva permettere. E il freno all'arroganza ostentatoria non era questione di moralismo, ma di ordine pubblico: lo schiaffo alla povertà generava risentimenti e, questi, ritorsioni non di rado a mano armata. No, i predicatori medievali seguivano le direttive evangeliche e puntavano direttamente, e solo, al cuore di chi stava ad ascoltarli. Da come uno si veste, infatti, si capisce che cosa sogna (frase di Pio XII agli operatori della moda in udienza). E anche da come si sveste.
Titolo originale: Francia e topless: da come ti (s)vesti, si vede cosa sogni
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/08/2020
Pubblicato su BastaBugie n. 680
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