Il fascismo di oggi è solo il risveglio della morte da «Il mondo dei vinti» di Nuto Revelli
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Descrizione
Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del 1941. Testimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro...
mostra di piùTestimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro infantile, l'immigrazione, la convivenza tra partigiani e nazi fascisti.
E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che figura il paesaggio, nei racconti dei 270 intervistati da Revelli.
La Collina: Testimonianze di vita contadina
Lorenzo Falco, nato a Vignolo, classe 1923, contadino e operaio.
All'alba del 27 mi prendono prigioniero assieme a Michele Bruno di Bernezzo e a Giorgio Viale di Cuneo.
Ci portano a Pradleves, dove vedo anche molti tedeschi.
Danno fuoco a un albergo.
Poi ci mettono al muro, noi tre e altri prigionieri. Fingono di fucilarci.
Infine ci portano alla Castiglia di Saluzzo.
Dopo alcuni giorni i tedeschi riuniscono una quarantina di noi prigionieri, ci trasferiscono a Torino, alle "Nuove".
Non sappiamo se vogliono fucilarci o deportarci in Germania.
Un fascista mi interroga, in presenza dei tedeschi.
Mi chiede perché all'atto della cattura ero armato.
Gli rispondo: «Piuttosto di farmi prendere dalle camicie nere ...»
Mi dà un pugno, vado a terra lungo e disteso.
Il fascista parla il piemontese come lo parlo io, e si comporta duramente per farsi bello di fronte ai tedeschi.
Arriviamo a Bolzano dove il nostro campo di concentramento è circondato da un muro alto.
Non ci danno niente né da mangiare né da bere, tre giorni e tre notti al freddo, siamo tutti girati, «Qui moriamo tutti», ci diciamo.
Infine ci caricano su una tradotta, siamo come le bestie, uno sull'altro nei vagoni, i bisogni li facciamo lì ...
Quattro giorni di viaggio, e arriviamo a Mauthausen.
Lì ci prendono pochi bagagli, ci obbligano a svestirci, buttiamo i pantaloni qua e la camicia là.
Non ci danno nemmeno una coperta, ci consegnano soltanto una camicia e un paio di pantaloni dei loro.
I forni crematori fumavano giorno e notte.
Molti li facevano morire con i gas, oppure con la mitraglia, mai i più li facevano morire di deperimento.
Eravamo così deperiti che non pensavamo più a niente.
Poi sono arrivati gli americani a liberarci. Le SS erano già scappate.
Ci siamo buttati sui mucchi delle immondizie a cercare le bucce di patate e se nel magazzino trovavamo ancora una pagnotta di pane, si buttavano in cinquanta a tuffo!
Ho incominciato a mangiare dieci volte al giorno, poco per volta se no scoppiavo.
Ero come un bamboccio, ero ebete. L'emozione mi rendeva come un rimbambito.
Venivano a trovarmi gli amici, io li guardavo per ore e ore, in silenzio, senza parlare.
Mi sono occorsi due anni perché mi riprendessi un po'.
Che cosa ne penso del fascismo di oggi?
Non trionferà più, almeno qui da noi. Nel meridione non so.
Qui da noi il fascismo ha procurato troppi danni, troppe sventure.
Il fascismo di oggi è solo il risveglio della morte.
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Informazioni
Autore | Giuseppe Cocco |
Organizzazione | Giuseppe Cocco |
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