Gli attacchi islamisti alla polizia francese
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Ha invocato il profeta Maometto prima di accoltellare un poliziotto. Erano le 6:30 circa dell'8 novembre, quando la Francia subiva l'ennesimo attentato ai danni della polizia. Ancora sangue a Cannes, fortunatamente nessuno ha perso la vita. Tre agenti di polizia sono stati l'obiettivo di un individuo munito di coltello, le famose "armi bianche". L'uomo si è avvicinato alla pattuglia fingendo di aver bisogno di un'informazione. L'agente al volante ha abbassato il finestrino e si è trovato aggredito con tre coltellate al petto: è rimasto solo leggermente ferito perché indossava il giubbotto antiproiettile. L'attentatore stava per fare lo stesso contro gli altri due agenti, mentre continuava a invocare il nome di Maometto, quando è stato neutralizzato.
L'aggressore - Lakhdar B. - risulta essere un algerino classe 1984 con permesso di soggiorno italiano. È così che rischia di diventare un caso politico la vicenda accaduta oltralpe. Sarebbe arrivato legalmente in Francia nel 2016 e sarebbe sconosciuto alla polizia e ai servizi di sicurezza. Anche Brahim Aoussaoui, il terrorista tunisino che l'anno scorso, sempre usando un'arma bianca, aveva assassinato tre persone nella basilica di Nizza, aveva soggiornato in Italia. L'immigrato, che era sbarcato a Lampedusa e poi si era trasferito a Bari, aveva risalito l'intero Stivale con l'obiettivo di attraversare le Alpi e di compiere un attentato in terra francese nella settimana in cui si celebrava il processo per gli attacchi di Charlie Hebdo.
La polizia locale, durante la conferenza stampa, ha dichiarato che l'attentatore è solo uno dei tanti "trentenni affetti da schizofrenia, pertanto nessun elemento va nella direzione di una motivazione islamista o terroristica". Solo due giorni prima, la notte tra sabato 6 e domenica 7 novembre, a Villeurbanne, un altro uomo armato di coltello, al grido di "Allah Akbar", aggrediva un agente dopo aver tentato di rubargli l'auto. Stessa città e il giorno prima un quindicenne, munito di machete, pattugliava una scuola israeliana, scandendo insulti antisemiti: fermato dalla polizia, ha tentato di aggredire gli agenti. Domenica 7 sera, ad Argenteuil, in Val-d'Oise, il commissariato di polizia è stato preso di mira da una banda di quindici adolescenti intenti a lanciare pietre e fuochi d'artificio. Un assedio durato quindici minuti. Nessun ferito, ma la polizia non è riuscita a fermare nessuno della banda. Il 2 novembre ancora un'aggressione. Nei pressi della stazione ferroviaria di Saint-Leu-la-Forêt (Val-d'Oise), poco prima delle 23, un agente ventiseienne in borghese veniva aggredito fisicamente da un gruppo di quattro individui "di tipo africano", stando alla sua testimonianza. "Sappiamo dove lavori e dove vivi, sei un poliziotto di merda. Cosa fai nella nostra zona? Ti uccideremo". Tre dei quattro erano già noti all'intelligence francese.
ERA TUTTO ANNUNCIATO
Un episodio dopo l'altro. Ma in qualche modo era tutto annunciato. Venerdì 29 ottobre, a Savigny-le-Temple (Seine-et-Marne), una città classificata come zona di sicurezza prioritaria (Zsp), sono stati trovati cartelli sui muri di alcuni edifici. Una specie di prezzario bonus: "Tagliare la testa a un poliziotto: 500.000 euro"; "Stuprare una poliziotta, 500.000 euro"; "Una spranga di ferro nel grembo di una poliziotta, 300.000 euro". Nello stesso quartiere, lo scorso aprile, gli agenti di polizia hanno trovato le loro foto di famiglia esposte nei corridoi degli edifici a Épinay-sur-Seine a mo' di minaccia. A ottobre, in un edificio a Vigneux-sur-Seine sono stati scoperti cartelli con su elencati tutti i nomi degli agenti di polizia del distretto locale, anche qui, accompagnati da una lettera minatoria. Questa è una sintesi del clima che si respira in Francia contro le forze dell'ordine.
Nel 2020, sette agenti di polizia sono stati uccisi e 5.435 feriti. Da quasi vent'anni si osserva un aumento significativo di aggressioni fisiche e oltraggi. Da 24.104 oltraggi a pubblico ufficiale nel 2000 a 28.250 nel 2018. E da 15.502 aggressioni fisiche nel 2000 a 36.831 nel 2018. Appena assunta la carica - luglio 2020 - il ministro dell'Interno Gérald Darmanin si è dovuto confrontare con la morte di un'ufficiale colpita a morte durante un controllo stradale a Lot-et-Garonne. E ad agosto ha irrobustito il sistema di assistenza psicologica per agenti di polizia vittime di aggressioni: sono stati registrati in tre mesi 6.000 colloqui. A Champigny-sur-Marne, in Val-d'Oise, uno di quei quartieri sotto controllo islamico simbolo del progetto di riconquista repubblicana - varato negli anni scorsi dall'allora ministro dell'Interno Gerard Collomb -, "i giovani del quartiere non ci considerano più come poliziotti ma come una banda rivale!", dice un poliziotto alla stampa francese.
TANTI ATTACCHI, NESSUNA CONTROMISURA SERIA
Mai come negli ultimi mesi la polizia ha subito così tanti attacchi. Specie nelle zone sotto il controllo "dell'ordine parallelo" dettato dalle comunità islamiche in base a quello che anche nei dossier del Senato francese viene definito "associazionismo islamico": atti criminali commessi da delinquenti radicalizzati o convertiti che si credono investiti di una missione superiore. Nel 2019, gli agenti di polizia francesi hanno depositato il numero record di 38.519 denunce per aggressione fisica; in aumento del 18% rispetto al 2017.
Lo scorso aprile, al di là delle Alpi era in corso un vivace dibattito pubblico e politico per la drammatica lettera aperta pubblicata su Valeurs actuelles riguardante il rischio concreto di una possibile guerra civile etno-religiosa nella Francia di domani. Il testo, lungi dall'essere stato partorito negli ambienti cospirazionisti dell'estrema destra, è stato scritto da venti generali e firmato da un migliaio di soldati appartenenti a vari gradi, che, a causa di tale gesto, hanno rischiato delle gravi sanzioni disciplinari. La lettera, più che una forma di un appello all'Eliseo, era stata concepita come un monito perentorio: si agisca oggi per evitare la guerra domani. La querelle è finita dopo pochi giorni e il governo non ha intrapreso alcuna azione significativa. La cronaca quotidiana ne è testimone. Nel testo si chiedeva di far entrare in azione la politica, al contrario sarebbe dovuto intervenire un esercito per nulla indifferente allo stato devastato in cui versa la nazione.
Più di 45 attentati di matrice islamista dal 2015 al 2021 che hanno provocato più di 260 morti e oltre 900 feriti. Sono circa 15.000 i soggetti sorvegliati dalle autorità perché in odore di terrorismo e/o radicalizzazione. Almeno 150 i quartieri che, secondo un rapporto datato gennaio 2020 della Direction générale de la Sécurité intérieure (Dgsi), possono essere classificati come territoires perdus. È in questo contesto che l'ennesima aggressione ad un poliziotto, invocando Maometto, non viene più classificata come fatto eccezionale o degno di nota.
Nota di BastaBugie: Emanuel Pietrobon nell'articolo seguente dal titolo "Francia, quelle enclavi etno-religiose che fanno paura a Macron" spiega come è la situazione in Francia. E c'è da stare poco allegri.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Inside Over il 17 marzo 2020:
Da diversi anni la Francia è il paese più colpito dal terrorismo islamista che imperversa nel Vecchio Continente. A Parigi, ma anche a Nizza, sono stati compiuti fra gli attentati più sanguinosi della storia recente europea, sullo sfondo delle periodiche rivolte urbane nei "quartieri difficili", nelle banlieu a maggioranza afro-araba, e del vaso di pandora, ormai scoperchiato, della pericolosa infiltrazione jihadista nelle fondamenta della repubblica: forze dell'ordine e forze armate.
Recentemente, il presidente francese Emmanuel Macron, ha parlato della minaccia esistenziale rappresentata dal "separatismo islamista", che rischierebbe di minare l'unità e l'integrità territoriale della nazione per via della proliferazione di stati paralleli, degli stati all'interno dello stato, zone grigie dove la shari'a ha il sopravvento sulla legge della repubblica.
La realtà delle enclavi etniche, dove segregazione e mancata integrazione facilitano la diffusione di criminalità e radicalizzazione religiosa, è tanto grave da non potere più essere nascosta, tanto che è lo stesso presidente a parlarne in pubblico, rompendo il tabù di toccare un tema che fino ai tempi recenti era stato monopolizzato dal discorso del Rassemblement National (ex Front National). È arrivato, perciò, il momento di fare il punto della situazione.
Stando ad un documento proveniente dalla Direction générale de la Sécurité intérieure (DGSI), i servizi segreti francesi, e reso noto lo scorso gennaio, nel paese sarebbero attualmente 150 i quartieri, prevalentemente banlieu e zone-dormitorio, fuori dal controllo delle istituzioni e comandati da reti più o meno informali legate al jihadismo e all'islam radicale. Sono i quartieri di cui Macron ha paura, dove la shari'a ha già sostituito le leggi civili della repubblica, e dove la carenza di prospettive di mobilità sociale e integrazione ha creato delle bombe ad orologeria che periodicamente esplodono, lasciando a terra morti e feriti.
I 150 quartieri sotto la lente degli investigatori sono spalmati nell'intero paese, da Parigi a Lione, passando per Marsiglia, Nizza e Tolosa, e il problema si sta rapidamente diffondendo dalla Francia metropolitana alle aree rurali, periferiche, per via della migrazione interna. Nei territori perduti, come sono stati ribattezzati, le forze dell'ordine intervengono con estrema cautela, onde evitare di accendere le proteste degli abitanti che potrebbero dar luogo a guerriglie urbane come quelle del 2005 e del 2017, ma gli operatori della sanità e dei trasporti pubblici affrontano gli stessi problemi.
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Autore | BastaBugie |
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