Fortunata De Martinis "Contro la musica" di Manlio Sgalambro

31 ott 2021 · 10 min. 2 sec.
Fortunata De Martinis "Contro la musica" di Manlio Sgalambro
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Fortunata De Martinis presidente di Carbonio Editore direttrice collana "Particelle" https://carbonioeditore.it/ La nostra libertà di pensare non può essere esercitata al di fuori della nostra volontà di capire. Da questo...

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Fortunata De Martinis
presidente di Carbonio Editore
direttrice collana "Particelle"
https://carbonioeditore.it/

La nostra libertà di pensare non può essere esercitata al di fuori della nostra volontà di capire.


Da questo paradigma nasce Particelle, una raccolta di scritti brevi il cui nucleo di volta
in volta riguarderà filosofia, politica, attualità, arte, pamphlet del passato rivisitati in
un’ottica contemporanea. L’intento è costruire una circolarità di discussione su queste
tematiche e portarle nello spazio pubblico, qualunque esso sia.



Il pamphlet di Manlio Sgalambro, pubblicato nel gennaio 1994, che fu foriero della lunga collaborazione tra il filosofo e Franco Battiato, “Esplorabile mistero, affascinante, temibile e insondabile la vita, questo pensavo leggendo il minato pamphlet, un libro estremo, radicale, snob, che nulla concede eppure è già diventato un caso”. (la Repubblica, aprile 1994)

Introduce la nuova edizione la prefazione a tratti affettuosamente irriverente della figlia Elena Sgalambro. Il significato di Contro la musica deve essere inteso. Non è una volgare polemica che
qui si innesca ma una delicata questione metafisica. Questione che si configura relativamente all’ethos dell’ascolto.

Scrive il cult-philosophe siciliano:
“Un ascolto che è senza ethos. Un ascolto subìto, dove l’ascoltatore inciampa nella musica ed è obbligato ad ascoltarla, anche quando non lo vuole (…) come quando entra in un negozio per comprare un paio di mutande e, oltre a pagare, deve pure sorbirsi un sottofondo musicale, sia esso un quartetto d’archi o una canzone da stadio.”
E ancora: “Quel che vorrei fosse chiaro è che, con la musica, da un certo punto in poi l’Occidente ha trasformato una esperienza dello spirito in un fatto di cultura. Cioè in qualche cosa di amministrabile, di pianificabile, di storicizzabile. Ma lo spirito non si lascia né amministrare né pianificare né storicizzare.”



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