Forse eravamo ottantamila i disertori da «Il mondo dei vinti» di Nuto Revelli
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Descrizione
Il dialogo con la gente contadina di Revelli incomincia con la primavera del 1941. Testimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro...
mostra di piùTestimonianze di cultura contadina, la pianura, la collina, la montagna, le Langhe: la fame, il lavoro infantile, l'immigrazione, la convivenza tra partigiani e nazi fascisti.
E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che figura il paesaggio, nei racconti dei 270 intervistati da Revelli.
La Montagna: Testimonianze di vita contadina
Pietro Bruno, media valle Stura, classe 1896, contadino.
La mia era una famiglia piccola, fame non ne ho mai fatta: vivevamo a castagne, polenta, e pane misto di grano e di segale.
Poi è venuta la guerra, io ero negli alpini, battaglione Argentera.
Scaricati a Cividale, abbiamo raggiunto a piedi Caporetto.
Da Caporetto vedevamo che sul Monte Rosso era un fuoco solo, non capivamo come lassù potesse vivere della gente.
Tra noi ci dicevamo: «Se andiamo su, moriremo tutti».
Mah, la guerra è una brutta bestia!
Durante gli assalti noi avevamo l'ordine di sparare fino a distanza ravvicinata.
Poi dovevamo andare all'arma bianca e scannarci con le baionette.
Ma prima di arrivare alla lotta corpo a corpo un po' scappavano loro e un po' scappavamo noi, eh ... Su Molte Fiore una notte siamo andati undici volte all'assalto, gli austriaci erano tutti ubriachi.
Una volta mi hanno mandato con una corvée a fare la pulizia in una trincea.
Era piena di morti, cento e più morti, una gamba qua e un braccio là.
Abbiamo preso quei morti, li abbiamo buttati giù dal burrone.
La guerra era queste cose qui.
Poi è arrivato il disastro di Caporetto.
Sono rimasto ferito a una gamba.
Da Serpelizza, trascinandomi, ho raggiunto il Tagliamento.
Ho visto saltare il ponte con sopra la popolazione, erano 400 i profughi, sono tutti morti.
Gli austriaci erano a 200 metri.
Un mio amico mi ha preso a spalle, e a nuoto mi ha portato sull'altra sponda.
Poi finisce la guerra, viene l'amnistia, forse siamo 80.000 i disertori.
Mi presento al console di Tolone, torno in Italia.
Mi processano, mi condannano a due anni, poi mi assolvono.
Mah! Sul Rumbon avevo visto fucilare due contadini che erano rientrati al reparto con ventiquattr’ore di ritardo.
Il colonnello aveva schierato sei soldati, e i due poveretti erano lì a pochi passi.
«Sparate», aveva ordinato il colonnello, ma il plotone di esecuzione aveva sparato all'aria.
Allora il colonnello ne aveva presi altri sei: «Sparate o sparo io a voi».
E avevano sparato!
Se i comandi non facevano così ne sarebbero rimasti ben pochi al fronte.
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Informazioni
Autore | Giuseppe Cocco |
Organizzazione | Giuseppe Cocco |
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