Capitolo IV - dal 1 al 3 agosto del «Diario di un viaggio a piedi» del 1847 con Edward Lear

4 nov 2023 · 21 min. 58 sec.
Capitolo IV - dal 1 al 3 agosto del «Diario di un viaggio a piedi» del 1847 con Edward Lear
Descrizione

Questo è un viaggio, durato dal luglio al settembre del 1847, attraverso la più meridionale delle province calabresi, svolto e raccontato dal viaggiAutore inglese Edward Lear. Posizione e apparizione di...

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Questo è un viaggio, durato dal luglio al settembre del 1847, attraverso la più meridionale delle province calabresi, svolto e raccontato dal viaggiAutore inglese Edward Lear.

Posizione e apparizione di Bova - Tradizionale visita di C. J. Fox a Bova - Osservazioni sull’origine dei Bovesi - Notevoli cambiamenti si profilano negli affari di Bova - La sua marina o porto di mare - Il vescovo - Suprema pace e bellezza di scenari - Piacevole vista dell’Etna - Il miele - Abbondanza di fichi d'India - Rimaniamo al palazzo Marzano - Sonetto di Don Antonio - Accordo sui posti da visitare in marcia verso Santa Maria di Polsi - Lasciamo Bova con rammarico - Discesa dalla montagna - Ancora la ciclopica ragazza di Condofuri - Continue scene di foreste e valli - Mezzogiorno e dintorni di Palizzi - La sua strana collocazione e castello - Strette strade e scale - Selvaggia città calabrese - Bella palizzese - Scuri Cupidi - La taverna di Palizzi, suoi abitanti e mobili - Sorpresa e domande dell’oste - Motivi politici attribuiti ad artisti girovaghi - Strana apparenza di Palizzi dal basso - Fichi d’India e altre difficoltà - Partenza da Palizzi - Collina di Pietrapennata: le più belle foreste - Avvicinati a Staiti: carattere calabrese e aspetto singolare - Costume delle donne - Don Domenico Musitani: la sua sgradevole casa - Ospitalità limitata dalle circostanze - Baco da seta e ripugnanza - Contrasti di varie dimore in questi tipi di escursione.

1 agosto

Il nostro ospite aspettava di mostrarci i migliori posti di osservazione, che attorno a questo nido di aquila sono straordinari.
La grande caratteristica delle città calabresi, panoramicamente parlando, sembra consistere nella completa irregolarità dei loro disegni, essendo le case costruite in alto, in basso e fra separate masse di roccia, come se ci fosse stata l’intenzione di far sembrare le piccole scene il più possibile naturali.
Secondo il nostro amico, a Bova e nei quattro paesi accennati precedentemente, dove tutti gli abitanti parlano un greco corrotto, e sono chiamati turchi dai loro vicini, c’è una vera antica colonia greca, o piuttosto i rappresentanti di una setta che esiste ad Amendolia, datata dal tempo di Locri e altre colonie.
I Bovesi sono particolarmente ansiosi di informare il forestiero che non hanno rapporti con i moderni immigrati di Albania.
Nessuna lista di questi colonizzatori, per quanto io sappia, include questi greco-italiani del sud; la loro grande distanza dai posti più frequentati della penisola, e il loro conseguente limitato rapporto con i vicini, hanno, secondo le loro storie, contribuito a mantenere la loro razza distinta.
I nostri giorni son passati sereni fra le accoglienze e l’impegno dei disegni da completare.
La famiglia Marzano, semplice, ospitale, molto ben educata, era una delle più amichevoli.
Al tramonto ci piaceva passeggiare in quei disorganizzati lotti di terra pieni di erbe selvagge, così invitante al «dolce far niente» della vita italiana, che induce alla tranquillità e all’indolenza.

2 agosto

La giornata è trascorsa disegnando e i Bovesi dimostrano grande interesse per ciò che stiamo facendo e Don Antonio scrive un sonetto, che io riporto, nonostante sia in favore dei miei disegni, come un esempio di poesia calabrese inedita.
Con tutto ciò, nella eleganza della società, i Marzano sono molto indietro rispetto alla maggior parte delle famiglie della provincia abruzzese in simile posizione; comunque, sono uguali in ogni genere di ospitalità e buona natura.

3 agosto

Con difficoltà abbiamo potuto persuadere i domestici d’accettare tre carlini, almeno come compenso per avere lavato la nostra biancheria.
Scendendo la stretta via con ripide scale, siamo passati davanti alla prigione pubblica, e toh ... aggrappata ferocemente alle sbarre, abbiamo riavuto la brutta visione della donna che, nella taverna di Condofuri, avevamo paragonato ad una specie di medusa; era stata arrestata la sera prima per avere ammazzato uno o una dei suoi amici turchi.
Le strade di Palizzi, dove forse nessun inglese è ancora disceso, erano gremite di bambini completamente nudi e abbronzati, e prima di arrivare alla taverna ho dovuto farmi strada con difficoltà fra la crescente folla di meravigliati cupidi di color mogano.
Mi sono seduto esponendomi e mostrandomi al beneficio del proprietario, di sua moglie e della famiglia, che mi guardavano soddisfatti dicendo continuamente «Di dove siete? Che fai? Chi sei?» E in verità il passaggio di uno straniero fra questi posti straordinari è occasione così rara, che solo per poco l’indigeno può contenere la sua meraviglia.
«Non siete ricco? E che cosa volete qui? Qui, in questo paese povero e disagiato? Che cosa fate? Dove andate?»
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Informazioni
Autore Giuseppe Cocco
Organizzazione Giuseppe Cocco
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