40 - Il santo traghettatore - «Morimondo» di Paolo Rumiz

23 gen 2024 · 10 min. 25 sec.
40 - Il santo traghettatore - «Morimondo» di Paolo Rumiz
Descrizione

Verso le otto un ronzio bucò il silenzio. Era la barca a motore di Danilo, il traghettatore solitario. Ci veniva incontro dalla riva Emiliana, puntino in controluce sopra il nastro...

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Verso le otto un ronzio bucò il silenzio.
Era la barca a motore di Danilo, il traghettatore solitario.
Ci veniva incontro dalla riva Emiliana, puntino in controluce sopra il nastro traslucido migrante.
All'imbarcadero c'erano tre giganteschi olandesi intabarrati che lo aspettavano sacco in spalla; lui ricaricò sul motoscafo poi ci disse: "venite, vi aspetto sull'altra riva”, come se la visita di cortesia non fosse da mettere in discussione.
Parlava e parlava il buon Danilo, senza riuscire a stanare dalla cucina una misteriosa moglie che forse non ne poteva più di pellegrini e rievocazioni in costume.
Ma noi convenimmo che c'era assai più anima nella perorazione di quell'uomo semplice che nella lezione di cento cattedratici.
Fu un piacere speciale ascoltare il santo traghettatore quando ci dipinse un fiume assai più largo di quello attuale, verso in una topografia ramificata di ponti, isolotti, canali e guadi.
Parisi trasse dal suo parolaio fluviale nomi a noi del tutto nuovi, come botterone, mezzano, novalestri e mortizia; il tutto per spiegare come in antico il fiume, spalmato sul territorio più vasto, rallentasse in modo molto più visibile, in quel punto fra la collina di San Colombano e il dosso di Stradella.
“Qui si passava, qui era il guado, non servivano nemmeno i ponti. Si tagliavano piante e si facevano zattere, poi si lasciava che andassero, e si passava di isola in isola. Si andava un po' a piedi, un po' in zattere un po' in barca. E così hanno fatto tutti. Prima i romani, per attaccare briga con Annibale dalle parti del Ticino, poi le armate francesi del 1700, poi i tedeschi nel 1945 dopo lo sfondamento della linea gotica. È qui che passa un bel pezzo di storia del nord Italia.“
Come sempre, le cose belle del mio smemorato paese nascevano dalla testarda resistenza di pochi, in quello strano spazio di libertà consentito dall'indifferenza dei potenti.
Il traghettatore dimenticato raccontò delle sue "attività culturali” corsare, disse di librai, orchestrali e teatranti che venivano a far festa sul prato accanto all'argine.
"Tutto," disse, "riesce bene col Po. Bancarelle di buone cose, picnic, tornei di briscola e partite di rugby.“
E disse "col Po”, attenzione, non "sul Po, "come se quella del fiume non fosse una banale collocazione geografica ma un aiuto volontario e personale.
Era il Po, che diamine, che gli dava una mano a riempire di senso quel luogo: ma a capirlo erano in pochi, e quei pochi spesso stranieri.
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Informazioni
Autore Giuseppe Cocco
Organizzazione Giuseppe Cocco
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