3) economia, CINA QUANTITATIVE ITALIA
13 apr 2022 ·
3 min. 45 sec.
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Cina verso il made in Italy o vale il contrario? Potrebbe essere un paradosso se non fosse che la Cina di oggi è il frutto degli investimenti sfrenati di buona...
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Cina verso il made in Italy o vale il contrario?
Potrebbe essere un paradosso se non fosse che la Cina di oggi è il frutto degli investimenti sfrenati di buona parte del mondo occidentale.
Tra questi l’Italia che per oltre vent’anni ha consolidato rapporti di interscambio volti, da una parte, allo spostamento di diverse produzioni (abbigliamento e oggettistica di vario genere in primis), dall’altra parte, alla reintroduzione del prodotto stesso a bassi costi per gli italiani che, grazie alla qualità di spesa euro, hanno potuto comprare più di quel che il potere d’acquisto nazionale consentisse loro rispetto agli stessi prodotti rimasti nella filiera interna.
L’OEC (observatory of economic complexity) fissa, su base triennale, alcuni dati da considerare per comprendere di più:
-la Cina ha una complessità sistemico/economica graduata a 1.01 risultando così il 29esimo Paese al mondo su 146;
-l’Italia, invece, è al 17esimo posto per grado di complessità economica con indice fissato a 1.36.
A diversa struttura di mercato corrisponde, quindi, un diverso approccio sia normativo che politico.
Cosa che si traduce in una sorta di polarizzazione delle garanzie di mercato: controlli eterogenei e diffusi contrapposti a controlli graduali e, in futuro, crescenti.
Sempre in base ai dati OEC, quindi, tra i primi 5 Paesi al mondo verso cui la Cina esporta maggiormente, non c’è l’Italia. Al primo posto gli Stati uniti d’America e successivamente Hong Kong, Giappone, Sud Corea e Germania. Invece per quanto riguarda le importazioni la classifica, quasi si ribalta, essendoci al primo posto Sud Corea, poi Giappone, Australia, Germania e Stati Uniti d’America.
La posizione del nostro Paese, al contrario, vede tra i primi 5 Paesi verso cui maggiormente si esporta la Germania al primo posto ed a seguire Francia, Stat Uniti d’America, Regno Unito e Spagna.
È invece nella classifica delle importazioni che si registrano in ordine decrescente: Germania, Francia, Cina, Spagna e Olanda.
Paesi, quest’ultimi (tranne Spagna e Francia) da cui l’Italia tra l’altro importa più di quanto esporta.
Per l’effetto c’è da dire che la bilancia italiana non è in equilibrio.
Resta una domanda a cui dare risposta: “si esporta più ricchezza di quanta non torni indietro”?
Nel bilateralismo Cina-Italia il dato è certo.
E allora, il made in Italy rischia un cortocircuito. Ammesso che, latentemente, non sia già avvenuto.
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Potrebbe essere un paradosso se non fosse che la Cina di oggi è il frutto degli investimenti sfrenati di buona parte del mondo occidentale.
Tra questi l’Italia che per oltre vent’anni ha consolidato rapporti di interscambio volti, da una parte, allo spostamento di diverse produzioni (abbigliamento e oggettistica di vario genere in primis), dall’altra parte, alla reintroduzione del prodotto stesso a bassi costi per gli italiani che, grazie alla qualità di spesa euro, hanno potuto comprare più di quel che il potere d’acquisto nazionale consentisse loro rispetto agli stessi prodotti rimasti nella filiera interna.
L’OEC (observatory of economic complexity) fissa, su base triennale, alcuni dati da considerare per comprendere di più:
-la Cina ha una complessità sistemico/economica graduata a 1.01 risultando così il 29esimo Paese al mondo su 146;
-l’Italia, invece, è al 17esimo posto per grado di complessità economica con indice fissato a 1.36.
A diversa struttura di mercato corrisponde, quindi, un diverso approccio sia normativo che politico.
Cosa che si traduce in una sorta di polarizzazione delle garanzie di mercato: controlli eterogenei e diffusi contrapposti a controlli graduali e, in futuro, crescenti.
Sempre in base ai dati OEC, quindi, tra i primi 5 Paesi al mondo verso cui la Cina esporta maggiormente, non c’è l’Italia. Al primo posto gli Stati uniti d’America e successivamente Hong Kong, Giappone, Sud Corea e Germania. Invece per quanto riguarda le importazioni la classifica, quasi si ribalta, essendoci al primo posto Sud Corea, poi Giappone, Australia, Germania e Stati Uniti d’America.
La posizione del nostro Paese, al contrario, vede tra i primi 5 Paesi verso cui maggiormente si esporta la Germania al primo posto ed a seguire Francia, Stat Uniti d’America, Regno Unito e Spagna.
È invece nella classifica delle importazioni che si registrano in ordine decrescente: Germania, Francia, Cina, Spagna e Olanda.
Paesi, quest’ultimi (tranne Spagna e Francia) da cui l’Italia tra l’altro importa più di quanto esporta.
Per l’effetto c’è da dire che la bilancia italiana non è in equilibrio.
Resta una domanda a cui dare risposta: “si esporta più ricchezza di quanta non torni indietro”?
Nel bilateralismo Cina-Italia il dato è certo.
E allora, il made in Italy rischia un cortocircuito. Ammesso che, latentemente, non sia già avvenuto.
Informazioni
Autore | Angelo Lucarella |
Organizzazione | Angelo Lucarella |
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