19 - Nebbia - «Morimondo» di Paolo Rumiz
18 gen 2024 ·
8 min. 2 sec.
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Descrizione
La sera, in una pizzeria della riva destra, spostai i boccali di birra verso l’orlo del tavolo e aprii in mezzo ai compagni la carta delle meraviglie. Angelo la esplorò...
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La sera, in una pizzeria della riva destra, spostai i boccali di birra verso l’orlo del tavolo e aprii in mezzo ai compagni la carta delle meraviglie.
Angelo la esplorò attentamente anche per verificare la correttezza delle mie annotazioni lungo l'asse del Po, che conosceva a memoria fino alla foce.
Alla fine disse che tanta precisione era inutile perché sono su un fiume nulla è sicuro e il tracciato della corrente cambia sempre.
Guai pensare di conoscerlo.
Ti spiazza sempre, e ogni volta va interpretato.
Si possono trovare così tante sorprese che non vale nemmeno la pena memorizzarlo, questo può.
Fuori è calata la nebbia, tempo di amarcord, e l’omerico Bosio, davanti a una parte pizza la scarola, e raccontò di quella pazzesca solitaria da Venezia a Torino.
Fatta quasi a 70 anni, e mica col kayak, che sono capaci tutti.
Angelo Bosio, orafo dalle mani come benne di caterpillar, l'aveva fatta col barcè, la principessa di fiumi e dei laghi, cantata da poeti e viaggiatori, nobilissima discendente della piroga, una lunga scialuppa che controcorrente va spinta con un remo ferrato sul fondale.
Io ero spossato dal sole e da due notti di insonnia, ascoltavo con fatica, e quando la nebbia si fu definitivamente chiusa attorno a noi portando odore di lignite, pensai ai Balcani, alle sue stufe povere, ed ebbi voglia di una banda di zingari, una di quelle che suonano fino all'alba e ti estenuano di saudade dopo averti già sfiancato con ritmi dionisiaci insostenibili.
”E dicci," chiese intanto Vale ad Angelo, "come è cambiato il fiume?“
"Nel 1970 c'erano ancora i ponti di barche, come a Pontelagoscuro.
“E l'acqua era meglio o peggio?"
“Trent'anni fa sembrava più sporca di adesso. Però bisogna sempre vedere cosa c'è dentro, capisci? Perché finché ci sono gli scarichi dei gabinetti è ancora niente .... È la chimica che fa danno, e quella non c'entra con la limpidezza.”
Valentina e Angelo non sentivano stanchezza e continuavano a parlare.
Io intanto navigavo verso altri pianeti.
Angelo si chiuse nel tabarro e sorrise.
"Qui d'inverno, con questo tempo, ti perdi in 10 metri. Anche in pieno giorno, se becchi il pilone di un ponte, non fai in tempo a evitarlo.”
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Angelo la esplorò attentamente anche per verificare la correttezza delle mie annotazioni lungo l'asse del Po, che conosceva a memoria fino alla foce.
Alla fine disse che tanta precisione era inutile perché sono su un fiume nulla è sicuro e il tracciato della corrente cambia sempre.
Guai pensare di conoscerlo.
Ti spiazza sempre, e ogni volta va interpretato.
Si possono trovare così tante sorprese che non vale nemmeno la pena memorizzarlo, questo può.
Fuori è calata la nebbia, tempo di amarcord, e l’omerico Bosio, davanti a una parte pizza la scarola, e raccontò di quella pazzesca solitaria da Venezia a Torino.
Fatta quasi a 70 anni, e mica col kayak, che sono capaci tutti.
Angelo Bosio, orafo dalle mani come benne di caterpillar, l'aveva fatta col barcè, la principessa di fiumi e dei laghi, cantata da poeti e viaggiatori, nobilissima discendente della piroga, una lunga scialuppa che controcorrente va spinta con un remo ferrato sul fondale.
Io ero spossato dal sole e da due notti di insonnia, ascoltavo con fatica, e quando la nebbia si fu definitivamente chiusa attorno a noi portando odore di lignite, pensai ai Balcani, alle sue stufe povere, ed ebbi voglia di una banda di zingari, una di quelle che suonano fino all'alba e ti estenuano di saudade dopo averti già sfiancato con ritmi dionisiaci insostenibili.
”E dicci," chiese intanto Vale ad Angelo, "come è cambiato il fiume?“
"Nel 1970 c'erano ancora i ponti di barche, come a Pontelagoscuro.
“E l'acqua era meglio o peggio?"
“Trent'anni fa sembrava più sporca di adesso. Però bisogna sempre vedere cosa c'è dentro, capisci? Perché finché ci sono gli scarichi dei gabinetti è ancora niente .... È la chimica che fa danno, e quella non c'entra con la limpidezza.”
Valentina e Angelo non sentivano stanchezza e continuavano a parlare.
Io intanto navigavo verso altri pianeti.
Angelo si chiuse nel tabarro e sorrise.
"Qui d'inverno, con questo tempo, ti perdi in 10 metri. Anche in pieno giorno, se becchi il pilone di un ponte, non fai in tempo a evitarlo.”
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Autore | Giuseppe Cocco |
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