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Approfondimenti del professore Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio internazionale Card. Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, con particolare riguardo ai principi non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione)

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18 MAR 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8107
MATTARELLA PRESIDENTE, DIECI ANNI DI FALLIMENTI di Stefano Fontana
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha appena compiuto 10 anni di mandato. È stato eletto il 31 gennaio 2015 e rieletto il 29 gennaio 2022. Dati i cambiamenti avvenuti nell'esercizio di fatto della presidenza della Repubblica, sempre meno notarile e sempre più politica, la durata di sette anni stabilita dalla Costituzione è troppo lunga, figuriamoci poi 10 o 14 anni nel caso di un secondo mandato come in questo caso.
Se il Presidente fa il notaio allora i problemi non ci sono, ma se fa il politico, se nell'esercizio di fatto del suo potere avvicina l'Italia ad una repubblica presidenziale, se gestisce la prerogativa di sciogliere il Parlamento in base a valutazioni politiche e non solo istituzionali, se rimbecca indirettamente i governi sul loro operato, se interviene sulla composizione dei governi stessi con un potere contrattuale, allora un mandato così lungo è un peso per la nazione. La presidenza Mattarella sembra godere di un favore quasi generale, ma l'ombra (troppo) lunga del suo mandato ha complicato, piuttosto che agevolato, i processi politici nel Paese.
DRAGHI, L'UOMO DEL PRESIDENTE
Mattarella ha tenuto duro a lungo prima di concedere le elezioni politiche, proseguendo sulla strada avviata da Giorgio Napolitano. Dopo le dimissioni di Matteo Renzi a seguito della bocciatura del referendum costituzionale, non ha sciolto il Parlamento ma ha accettato - e concordato - il governo fotocopia di Paolo Gentiloni nel dicembre 2016, con quasi tutti i ministri precedenti. Quando nel 2019 il governo giallo-verde di Conte e Salvini entrò in crisi, Mattarella favorì il Conte-bis con l'ingresso nella coalizione di governo del Partito Democratico, che era stato sconfitto alle precedenti elezioni politiche del 4 marzo 2018 e che ora tornava in pista. Quando nel 2021 anche questo secondo governo Conte entrò in crisi, ancora una volta Mattarella non sciolse il Parlamento, ma chiamò Mario Draghi, che ripropose gran parte dei precedenti ministri, tra cui il contestatissimo ministro della Sanità Roberto Speranza.
E intanto il Partito Democratico continuava a governare. Non c'è dubbio che, prima di sciogliere le Camere, il Presidente debba verificare se ci siano nuove maggioranze, però la gestione di questo principio costituzionale è avvenuta in modo chiaramente politico, perfino designando un "uomo del Presidente" come Draghi. E gli italiani, alle elezioni del 2022, lo hanno indirettamente denunciato.
LO SCANDALO PALAMARA
Sempre sul piano politico, ma inteso in senso più ampio, Mattarella compì due gravi errori a proposito dello scandalo Palamara e a proposito della cosiddetta pandemia da Covid-19. Il Presidente della Repubblica è presidente di diritto del Consiglio superiore della magistratura. Il cosiddetto scandalo "Palamara", dal nome dell'allora membro di questo organo costituzionale, aveva messo in luce un sistematico accordo tra i vertici del Partito Democratico e il Consiglio stesso sulla nomina nelle principali e più calde Procure del nostro Paese.
Si sa che il partito erede del PCI ha costruito negli anni legami organici soprattutto con tre centri di potere: sindacati, scuola e università, magistratura. Infatti, oggi è proprio da questi nuclei di potere che emergono i principali attacchi al governo Meloni. Ebbene, non risulta che il Presidente della Repubblica abbia detto e fatto granché per denunciare e contribuire a risolvere quella scandalosa concertazione sulle nomine nelle Procure.
IL BIENNIO COVID
L'altro ambito fallimentare è stato il biennio Covid. Mattarella, nel messaggio alla nazione di fine anno 2020 ha affermato che «vaccinarsi è un dovere». All'università di Pavia, il 5 settembre 2021, ha rincarato: «Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione, perché quella invocazione equivale alla richiesta della licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui». Il 31 dicembre 2021, nel discorso di fine anno, ha aggiunto: «Rifiutare il vaccino è un'offesa a chi non l'ha avuto». Ancora il 4 ottobre 2022, egli ha confermato la sua linea: «La pandemia non è definitivamente sconfitta, anche se l'azione dei vaccini e la risposta responsabile degli italiani ne hanno frenato l'espansione».
Oggi sappiamo come sono andare veramente le cose per cui non possiamo dimenticare che il Presidente ha tollerato, in quella occasione, violazioni dei diritti costituzionali come hanno poi testimoniato gli esiti di tanti ricorsi, un potere esorbitante assunto dalla Presidenza del Consiglio, decisioni governative di occultazione dei dati e di manipolazione delle informazioni, oltre ad aver condiviso l'uso ideologico della scienza e il mancato rispetto di alcuni elementari principi di legge naturale. Il tragico fenomeno degli "effetti avversi" non ha meritato nemmeno una nota dal Quirinale. Una prestazione decisamente fallimentare, la sua.
Sergio Mattarella è cattolico. Quando è stato eletto, la Bussola non era contenta, avrebbe preferito un non-cattolico ben sapendo che il nuovo Presidente, per la sua formazione, avrebbe disconosciuto le ragioni stesse dell'impegno pubblico dei cattolici in quanto tali. Il rispetto delle istituzioni sarebbe stato l'unico vangelo. E infatti nel 2016 il Presidente Mattarella firma la legge Cirinnà sulle unioni civili comprese quelle di coppie omosessuali. Il suo essere cattolico cedeva il passo al suo essere Presidente. Il messaggio che egli ha dato ai cattolici in questi dieci anni è sempre stato questo, che poi è il messaggio dei cosiddetti cattolici democratici di origine dossettiana.
Dieci anni, destinati a diventare 14, sono troppi, si diceva all'inizio. Nel frattempo, il mondo è cambiato, le posizioni di Mattarella sono state sconfessate - si pensi al suo europeismo stantio -, emergono dalla memoria i rimpianti e i rimorsi.
4 MAR 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8094
LE ELEZIONI IN GERMANIA E IN ROMANIA: LA DEMOCRAZIA COME FINZIONE di Stefano Fontana
La democrazia europea dimostra sempre più di avere alla base una finzione. Le recenti elezioni politiche in Germania lo hanno evidenziato ancora una volta. I partiti che hanno perso andranno con grande probabilità al governo con il partito che ha vinto. Chi ha preso solo una manciata di voti ottiene lo stesso risultato di chi ha fatto il pieno. Era successo così anche a seguito delle elezioni del Parlamento europeo. Anche in quel caso socialdemocratici e verdi, molto ridimensionati alle urne, sono stati cooptati nella maggioranza di Strasburgo e nel "governo" (le virgolette nel caso dell'Unione europea sono d'obbligo) di Ursula von der Leyen.
C'è poi il fatto che, data ormai la grande astensione dal voto per una diffusa disaffezione diversamente motivata, chi viene eletto raccoglie solo una piccola parte dell'elettorato. Le percentuali di consensi che i partiti sbandierano riguardano non gli aventi diritto al voto ma quanti si sono recati alle urne, quindi sono la maggioranza sì ma di una minoranza, ossia minoranza anch'essi. Il principio di maggioranza è diventato il principio di minoranza. A questo si aggiunge il problema del "parlamentarismo", un vanto delle democrazie europee ma che si regge anch'esso su una finzione. Il parlamentarismo, principio secondo il quale la centralità della vita politica starebbe nel parlamento, permette quello che è successo a Strasburgo e che probabilmente succederà a Berlino, vale a dire gli accordi per stabilire una maggioranza cooptando i perdenti. È evidente che tutto questo sfilaccia la democrazia e il bello è che lo fa democraticamente.
CHI PERDE GOVERNA
Non si deve pensare che queste magie democratiche, per cui chi perde governa, siano casuali. Alla loro base c'è una finzione, anzi più di una, che ne caratterizza la natura. Se non viene riveduta a fondo, la nostra democrazia non può che essere una finzione.
Uno dei filosofi della politica che hanno influenzato in modo particolare la democrazia europea recente è stato Hans Kelsen. Egli era un giurista e un politologo "positivista", negatore dell'esistenza di un diritto naturale. Era anche dell'idea, come Max Weber, che i valori fossero solo atti di volontà, e fautore di una "dottrina pura del diritto", ove per "pura" egli intendeva appunto una dottrina priva di valori e derivante solo da una Grundnorm, o norma fondamentale, semplicemente posta dal potere.
Nella sua opera La democrazia, risalente agli anni Venti del XX secolo, Kelsen giustifica una prima finzione, ossia il passaggio dalla democrazia diretta alla democrazia partecipativa. Si tratta di una finzione perché la volontà di tutti viene ceduta alla volontà di alcuni, ritenuti, appunto tramite la finzione, ugualmente espressione della volontà generale. È vero che per Rousseau la volontà generale non è sinonimo di maggioranza numerica né della espressa volontà di tutti, ma per una visione positivista come quella di Kelsen dovrebbe essere così, perché altrimenti si cadrebbe nelle mani di valori assoluti indipendentemente dal voto dei cittadini come avviene nei totalitarismi.
LE TRE FINZIONI
Quindi prima si è costretti a fingere che la volontà di chi si reca alle urne abbia il valore della volontà di tutti, e poi si è costretti a fingere che la volontà degli eletti rappresenti la volontà di tutti. Si tratta di una doppia finzione procedurale che, secondo Kelsen, non contraddice i presupposti democratici perché renderebbe applicabile nel concreto il patto iniziale col quale i cittadini hanno fondato la società.
Così, però, emerge un'altra finzione, anzi la finzione fondamentale, perché questo supposto patto, con cui tutti i cittadini avrebbero dato vita alla società sottoponendosi ad una norma fondamentale posta dal potere in loro nome, non è mai esistito. E così nel novero delle finzioni siamo arrivati addirittura a tre. Di tutte e tre, la principale è quest'ultima, perché è quella fondativa, le altre vengono di conseguenza.
Agli inizi della moderna Dottrina sociale della Chiesa, pontefici come Leone XIII avevano messo in evidenza come la democrazia liberale fosse una finzione. Avevano detto che l'errore originario era di fingere che il popolo fosse "moderatore di se stesso", in quanto origine e fondamento, tramite un presunto patto, della vita sociale. In base a questa finzione, chi è sottomesso all'ordine sociale sarebbe anche l'autore di quello stesso ordine. In questo modo si pensava di dare tutto il potere al popolo, ma poi si finse che degli eletti dal popolo ugualmente esprimessero per convenzione il volere del popolo, si finse anche che questa delega fosse valida anche se fatta da un'esigua minoranza, e che fosse pienamente democratica anche se fatta da un'aggregazione qualsiasi – nata in parlamento – di partiti diversi. L'artificio originario del popolo moderatore di se stesso si prolungò quindi nelle altre finzioni convenzionali fino agli esiti delle elezioni tedesche dei giorni scorsi.
Scriveva Kelsen: «L'unità del popolo rappresenta un postulato etico-politico che l'ideologia politica assume come reale con l'aiuto di una finzione tanto universalmente accettata che ormai non si pensa più di criticare». Sarebbe invece il caso di riprendere a criticarla.
Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Romania, Georgescu arrestato a tre mesi dal voto. Non è democrazia" racconta cosa sta succedendo in Romania in una democrazia europea, democrazia per modo di dire.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28 febbraio 2025:
Non è democrazia, non è Stato di diritto ciò che sta accadendo in Romania in vista delle auspicabili elezioni presidenziali, ormai oggetto di appropriazione indebita da parte delle burocrazie europee e delle camarille socialiste, liberali e centriste del paese. L'Europa che si è risentita, a torto, delle parole di JD Vance, dovrebbe ora e prima che sia troppo tardi, fare un serio esame di coscienza. Non è con l'eliminazione politica o giudiziaria dei partiti e candidati delle destre popolari e patriottiche e finanche dei semplici dissenzienti verso le imposizioni centraliste di Bruxelles che le istituzioni europee possono rifiorire, anzi il modo di procedere degli ultimi mesi in Romania è un chiaro ritorno ai metodi sovietici e totalitari contro i quali l'Europa stessa è nata.
Diverse persone, tra cui il potenziale ri-candidato alla presidenza rumena Călin Georgescu, sostenuto anche dal partito conservatore Aur, sono state arrestate e mercoledì 26 febbraio sono state effettuate numerose retate nelle proprietà dei suoi collaboratori, tra cui la sua guardia del corpo personale Horaţiu Potra, ex capo di un gruppo mercenario in Africa. Georgescu, che si è candidato come indipendente alle elezioni presidenziali dell'anno scorso, si era assicurato una sorprendente vittoria al primo turno di votazioni a novembre, come abbiamo descritto su La Bussola. Tuttavia, dopo le semplici accuse, tutt'ora senza alcuna prova che le sostengono, di interferenza russa, la Corte costituzionale della Romania aveva prima validato il voto, successivamente e anche su pressione europea, aveva annullato i risultati e annullato il secondo turno di votazioni.
Le interferenze antidemocratiche e le violazioni della sovranità popolare erano considerate così 'naturali, che l'ex commissario europeo Thierry Breton aveva ammesso, in un'intervista televisiva alla emittente francese Bfm Rmc del 9 gennaio che la Corte costituzionale rumena (Ccr) era stata condizionata nella sua scelta di annullare le elezioni presidenziali grazie alle pressioni dell'Ue e solo solo perché al primo turno era in vantaggio il candidato di destra, euroscettico e contrario al continuo rafforzamento della Nato, Călin Georgescu. Infine, dopo le dure critiche di JD Vance a Monaco e alla Cpac dei giorni scorsi sul caso romeno del 14 febbraio e, pochi giorni prima, la visita di dell'incaricato di Trump per le missioni speciali Richard Grenell a Bucarest, come abbiamo descritto su La Bussola, con le dimissioni del Presidente Klaus Iohannis del 10 febbraio pareva che la situazione del paese e, soprattutto, la garanzia di trasparenza e rispetto delle regole democratiche per il voto presidenziali del prossimo maggio fosse garantita.
Tutt'altro, le vicende accadute ieri gettano una coltre di nebbia sull'intero sistema democratico rumeno e accrescono i sospetti delle formidabili complicità delle istituzioni europee per impedire che si svolga un voto libero e democratico e venga eletto dal popolo un Presidente della Repubblica scelto dagli elettori. Sconcertanti le grida di giubilo delle ambasciate di Francia, Germania e Paesi Bassi che hanno pubblicato giovedì 27 febbraio sulla piattaforma X, messaggi di sostegno e fiducia nel sistema giudiziario della Romania e nel rispetto dei valori democratici.
Ebbene, le accuse rivolte a Georgescu sono tanto gravi quanto generiche e, per alcuni aspetti ridicole. La Procura generale ha annunciato ieri l'avvio di un procedimento penale contro Călin Georgescu che è indagato per incitamento ad azioni contro l'ordine costituzionale (manifestazioni di piazza che da dicembre si svolgono per chiedere il ripristino del voto presidenziale), false dichiarazioni sulle fonti di finanziamento della campagna elettorale e promozione di idee fasciste e legionarie. Questi i reati di cui è accusato nel dettaglio: Incitamento ad azioni contro l'ordine costituzionale, diffusione di informazioni false, fa
7 GEN 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8022
CATTOLICA & RADICALE, LE INCOMPATIBILI IDENTITA' DELLA ROCCELLA di Stefano Fontana
Il ministro per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella, ha rilasciato una lunga intervista a La Stampa su tanti argomenti connessi con il suo ruolo nel governo Meloni: donne, famiglie, figli, natalità, rapporti tra maschi e femmine. Il cuore dell'intervista è però lei stessa e la sua identità che così sintetizza: «femminista, cattolica, radicale, di destra». Roccella osserva a questo proposito che «non si capacitano di come io possa essere radicale e cattolica: chissà per quale delle due cose mi odiano di più», per poi precisare meglio: «Il femminismo è la mia vera, profonda appartenenza identitaria». Quindi: radicale, cattolica, di destra... ma prima di tutto femminista. Noi non nutriamo odio verso di lei per queste sue proclamate identità, però ci permettiamo qualche osservazione sulla possibilità di questi accostamenti: radicale, cattolica, femminista.
Più volte Roccella si è detta radicale raccontando la sua storia personale, da ultimo nel romanzo Una famiglia radicale (Rubbettino), libro che doveva presentare a Torino ma è stata censurata da gruppi sociali estremisti. Ma è stata radicale oppure è radicale? L'intervista conferma che lo è stata e ancora lo è. Elogia le battaglie radicali degli anni Settanta quando, a differenza di adesso, a suo dire "il confronto restava aperto e possibile", rivendica di essere stata allieva di Ida Magli e di aver collaborato con lei per la depenalizzazione dell'aborto, elogia la legge 194 che considera una legge «equilibrata», dice di aver votato a favore della legge 40 sulla fecondazione assistita, difende tuttora quella legge anche dopo le sue trasformazioni giurisprudenziali, considerando che permette un uso della «tecnologia dentro uno schema di generazione naturale» nel senso che «Lo Stato ti aiuta se hai un problema, non consente ciò che in natura non è possibile». Non sempre in questi ragionamenti tutto fila liscio, ma una cosa emerge in modo chiaro: Roccella non solo è stata ma è radicale.
RADICALISMO & LIBERTÀ
Ora, in cosa consiste il radicalismo? Come dice la parola stessa, esso consiste nel condurre alle estreme conseguenze - alla radice appunto - il concetto assoluto della libertà. Cosa rende assoluta la libertà? La sua separazione dalla verità e da un ordine naturale e finalistico delle cose, attuata nella forma della identificazione tra libertà e volontà. Il radicalismo esprime una volontà priva di ragioni. Considerato in questo modo essenziale, il radicalismo è completamente incompatibile con la fede cattolica. Questa, infatti, esige che la ragione si muova per conoscere questo ordine naturale in quanto frutto della creazione divina e, così facendo, si apra a Dio stesso e alla sua provvidente volontà salvifica. Accettare il divorzio, l'aborto e la fecondazione artificiale, appoggiare un femminismo radicale che investe la donna di una libertà addirittura precedente al suo essere donna, significa negare l'esistenza di un ordine naturale su queste materie così importanti per la vita umana e sociale.
Qualcuno però potrebbe sostenere che di radicali ce ne sono di diverse specie. Infatti, nessun movimento politico è uniforme ed omogeneo ma articolato in diverse correnti più o meno, ci si passi il bisticcio, radicali. L'ideologia iniziale e fondativa, l'archetipo originario - si dice spesso - è una cosa, mentre i movimenti storici che da esso derivano sono un'altra cosa ed è possibile che essi si allontanino dalla matrice o che, addirittura, la rovescino. La storia cambia e l'adattamento alle nuove situazioni può corrompere la rigidità dogmatica delle origini. Questo potrebbe essere il caso anche di Eugenia Roccella. Vediamo alcuni esempi.
RADICALE BUONA?
Nell'intervista di cui ci stiamo occupando, il ministro afferma che «l'aborto esula dal territorio del diritto». Una simile affermazione può essere vista come espressione di un radicalismo moderato o addirittura di nuovo conio, lontano dalle intransigenze ideologiche di Pannella, Bonino, Cappato o Magi. Su questa base si potrebbe fondare la battaglia affinché esso non venga contemplato nella Costituzione e infatti Roccella si dichiara contraria a questa ipotesi. Allora - si può pensare - lei sarà anche radicale, ma una radicale "buona" o almeno moderata e di buon senso. Il suo essere radicale sarebbe sostenibile anche per un cattolico. Un altro esempio è costituito dalla posizione verso la legge 40 già vista sopra: quella legge sarebbe valida perché inserirebbe l'intervento tecnico in laboratorio «dentro uno schema di relazione naturale». Questa espressione può venire intesa come la conferma del riferimento a quell'ordine naturale e finalistico di cui parlavo sopra e collocare in pieno il ministro Roccella dentro la visione del realismo cattolico.
Le stesse cose si possono dire per il suo femminismo, dato che Roccella appartiene a quella corrente del femminismo che combatte la prescrizione della parola "donna" da parte dei gruppi LGBT e denuncia l'attuale "frammentazione della gravidanza" tramite la compartecipazione di più persone al concepimento e, con l'utero in affitto, anche alla gestazione.
Roccella è una radicale "diversa", però si dice sempre radicale. Il fatto è che non è vero che i movimenti storici allentino sempre l'ideologia originaria o se ne distacchino positivamente, liberandosi dai suoi errori. Molto più spesso i movimenti storici finiscono per realizzare meglio gli obiettivi ideologici proprio perché li separano da inutili zavorre, riuscendo così ad essere più penetranti proprio perché meno avvertiti. Le socialdemocrazie hanno realizzato in modo più radicale gli obiettivi del socialismo, solo hanno chiesto più tempo. Roccella se la prende contro la rarefazione delle famiglie e la solitudine educativa, però rimane convinta della bontà del divorzio e dell'aborto che le ha prodotte. Si dice preoccupata della denatalità ma dice nulla sull'aborto che ne è la causa principale. Dice che l'aborto si colloca al di fuori del diritto ma ammette la 194 che invece lo tira dentro al diritto in modo sbagliato.
Rimane radicale e femminista però sembra esserlo un po' meno degli altri e, proprio per questo, apre nuove strade al radicalismo, perfino avvalorandolo come cattolico.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Roccella certifica la resa al credo arcobaleno" conferma quanto sostenuto da Stefano Fontana nel precedente articolo.
Ecco l'articolo completo di Tommaso Scandroglio pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 dicembre 2024:
Il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella, intervenuta a novembre all'incontro Per merito, per amore, per libertà organizzato da Fratelli d'Italia a Riccione, così ha dichiarato: «vorrei chiarire una cosa: essere un buon genitore prescinde ovviamente dall'orientamento sessuale».
Lasciamo perdere il fatto che c'è una montagna di studi che provano il contrario e veniamo ad altro, al fatto che nell'immaginario comune la Roccella è un'integralista cattolica e questo ci dimostra quanto i più ne sappiano di cattolicesimo; che elogiare l'omogenitorialità per un ministero che si occupa della natalità è come elogiare la resa per il Ministero della Difesa; che quell'«ovviamente» è la certificazione che non solo la salvezza non verrà dalla politica e non solo ormai il tasso di corruzione culturale in seno alla destra difficilmente si distingue da quello in seno alla sinistra, ma che il sole dell'omosessualità dovrà per sempre splendere sopra le nostre teste e guai a farsi ombra; che il politicamente corretto è diventato il doverosamente corretto; che le prove di buona condotta di fronte al Supremo Tribunale LGBT non sono mai sufficienti per uscire dal carcere dell'omofobia e che il giuramento di fedeltà al credo gaio deve essere ripetuto più volte in ogni sede pena l'ostracismo e lo stigma sociale; che l'ossessione arcobaleno condiziona ogni uscita pubblica di ogni personaggio pubblico; che indietro non si torna perché la lezione che l'amore è amore al di là degli orifizi usati per dimostrarlo è stata ampiamente, democraticamente, estensivamente, massicciamente assimilata da tutti, dall'infante al ministro della Repubblica italiana; che gli attuali principi non negoziabili sono l'esatto opposto degli autentici principi non negoziabili; che la realtà non va in direzione opposta alla politica, ma sta addirittura su un altro pianeta di un'altra galassia e ruota secondo altre orbite; che se la sana educazione prescinde dall'orientamento sessuale noi prescindiamo dal ministro Roccella; che il vero buon genitore avrebbe molte cose da dire al Ministro della Famiglia; che ormai siamo convinti che l'evidenza è stata ridotta ad un mistero orfico, patrimonio esclusivo di pochissimi adepti.
E così sia.
7 GEN 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8039
IL DOGMA DELL'IMMACOLATA RICORDA CHE L'ORIGINE DI TUTTI I MALI SOCIALI E' IL PECCATO di Stefano Fontana
Quella dell'8 dicembre è una grande solennità per la Chiesa. In essa si celebra il concepimento immacolato di Maria Santissima; nell'assenza di peccato della Madre di Dio la Provvidenza ci mostra realisticamente l'umanità redenta. La proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione fu fatta da Pio IX l'8 dicembre 1854 tramite la bolla Ineffabilis Deus che affermava: «Dichiariamo, pronunciamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la Beatissima Vergine Maria, sin dal primo istante del concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio e in vista dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certa e immutabile per tutti i fedeli». Il Papa aveva preventivamente consultato tutti i vescovi del mondo con l'enciclica Ubi primum. La data dell'8 dicembre corrisponde esattamente a nove mesi prima della nascita della Vergine fissata per l'8 settembre.
Le fonti rivelano che, mentre nella basilica di San Pietro gremita di fedeli veniva letto il testo della bolla, un fascio di luce investì Pio IX. Questo fenomeno, attestato da molti testimoni oculari, risulta materialmente inspiegabile perché da nessuna finestra quel raggio poteva raggiungere la posizione in cui si trovava il Papa. Il dogma dell'Immacolata Concezione fu "confermato" nelle apparizioni mariane di Lourdes a Bernadette Soubirous. Alla sedicesima di queste apparizioni, iniziate l'11 febbraio 1858, la "bella Signora" definisce se stessa come "l'Immacolata Concezione". L'autenticità delle apparizioni di Lourdes fu approvata poco dopo, il 18 gennaio 1862.
EFFETTI SOCIALI E POLITICI
La proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Santissima ha certamente una enorme rilevanza dal punto di vista della fede cattolica e un significato profondamente religioso, ma deve essere anche considerata nei suoi effetti sociali e politici. La Dottrina sociale della Chiesa, che proprio in quei decenni riceveva la sua formulazione moderna e veniva rilanciata, ha un vero e proprio "carattere mariano". La Ineffabilis Deus è anche una risposta alle ideologie perverse della modernità, una risposta come solo la Chiesa sa e può fare, ossia in modo dogmatico. Infatti, nella storia del movimento cattolico l'8 dicembre era l'occasione per gli appartenenti all'Azione Cattolica di pronunciare solennemente davanti all'Altare il loro giuramento di impegno cattolico nella società e nella politica.
Se torniamo con la mente all'anno 1854 e cerchiamo di ricostruire le minacce di allora alla società umana e alla Chiesa, possiamo comprendere questo particolare significato del dogma dell'Immacolata Concezione. Da quando Rousseau aveva decretato che l'uomo nasce buono e libero mentre è la società che lo perverte e lo mette in catene, il peccato venne cancellato da ogni considerazione di carattere politico e la salvezza degli uomini fu affidata a riforme o a rivoluzioni. La filosofia politica moderna, sfociata poi nella Rivoluzione francese e nei moti rivoluzionari ottocenteschi, abolisce il peccato originale e la stessa idea di peccato e non ritiene più di avere bisogno del Figlio di Dio incarnato, morto e risorto, per conseguire la salvezza.
QUOD APOSTOLICI MUNERIS
In quell'anno 1854 erano da poco avvenuti i moti del '48, Marx aveva pubblicato il Manifesto del Partito comunista, proponendo una salvezza terrena portata dalla classe proletaria, nuova salvatrice dell'umanità, Ernst Renan aveva scritto proprio in quegli anni L'avvenire della scienza, ossia il manifesto della liberazione da ogni male grazie allo sviluppo scientifico, Auguste Comte, che morirà qualche anno dopo nel 1857, aveva prefigurato un progresso storico che sarebbe confluito in una nuova religione dell'umanità fondata sul sapere scientifico che avrebbe eliminato tutte le precedenti illusioni religiose e filosofiche perché gli uomini si sarebbero finalmente attenuti ai soli fatti, l'anarchismo di Bakunin predicava la eliminazione di ogni autorità familiare, politica o religiosa. Tutte queste ideologie che diedero vita a movimenti storici lavoravano alacremente per eliminare Dio dalla pubblica piazza. Leone XIII, nell'enciclica Quod apostolici muneris (1878), le condannerà una ad una. Tra il 1854 e l'uscita della Rerum novarum (1991) con cui inizia la moderna Dottrina sociale della Chiesa, quei movimenti anticristiani avevano consolidato la loro pericolosità: il positivismo materialista e scientista la faceva da padrone nei licei e nelle università pubbliche, il comunismo trovava una sua prima realizzazione concreta nella Comune di Parigi del 1870, in questo stesso anno i bersaglieri italiani aggredirono ed occuparono lo Stato della Chiesa, le politiche dei governi massonici abolirono gli ordini contemplativi e ne incamerarono i beni, approvarono leggi contrarie alla famiglia come quella sul matrimonio civile o sul divorzio, sviluppando un capitalismo selvaggio provocavano l'abbandono delle campagne per le città dove i nuovi arrivati venivano rieducati alla rivoluzione e all'immoralità.
LA RISPOSTA DELLA CHIESA: I DOGMI
La Chiesa rispose su molti piani ad un attacco così articolato e profondo. Ma il principale di questi piani rimane quello del dogma. Davanti al mondo che peccava di superbia ritenendo di potersi salvare da solo mentre con ciò si condannava ad una atroce perdizione, la Chiesa proclamò l'Immacolata Concezione, con cui rammentava al mondo che l'origine di tutti i mali sociali e politici era il peccato, che le ingiustizie sociali non erano la causa prima delle difficoltà come la rivoluzione politica non ne era la soluzione, che le autorità devono la loro legittimazione da Dio e, davanti all'abiura della società contemporanea, non proponeva soluzioni umane ma divine. In Maria Santissima Dio aveva proclamato la propria provvidente grandezza, aveva indicato nel peccato l'origine di tutti i mali, aveva dichiarato che senza la religione cattolica e senza la Chiesa la comunità umana non poteva fare altro che condannarsi. La rinascita della Dottrina sociale della Chiesa con Leone XIII è figlia della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione da parte di Pio IX. Le encicliche di Leone XIII non sono una raccolta di indicazioni operative - anche se contengono anche questo - ma un piano di rievangelizzazione, ben sapendo che "fuori del Vangelo non c'è soluzione alla questione sociale" e "il vero e radicale rimedio non può venire che dalla religione".
Ribadendo dogmaticamente l'inconciliabilità tra Dio e il peccato del mondo, Pio IX ribadiva che il fine principale del mondo e della storia non è la celebrazione del progresso umano ma è la gloria di Dio. Questo insegnamento è molto attuale anche oggi, dato che assistiamo ad una progressiva secolarizzazione della Dottrina sociale della Chiesa. A riprova che questo era il messaggio contenuto nel dogma proclamato nel 1854, ricordo che la proclamazione dell'Immacolata Concezione va collegata storicamente con l'enciclica Quanta cura e con il Sillabo, nonché con l'apertura del Concilio Vaticano I. Tutti gli avvenimenti ora ricordati sono avvenuti in data 8 dicembre: nel 1854 la proclamazione del dogma, nel 1864 la Quanta cura e il Sillabo e nel 1870 il Concilio. Tutti insieme esprimono la risposta di Pio IX al peccato moderno.
EFFETTI SPIRITUALI MA ANCHE STORICI, SOCIALI E POLITICI
La proclamazione di un dogma ha sempre enormi effetti non solo spirituali ma anche storici, sociali e politici. C'è una grande discussione, in atto da decenni, sulla cosiddetta "storicità" dei dogmi nella quale qui non intendo entrare. Si può comunque dire che il dogma ha anche un aspetto "storico" proprio per gli effetti sociali che rende possibili. I dogmi fanno la storia. Spesso si pensa che la Chiesa partecipi alla storia con il suo attivismo sociale o con le sue improvvisazioni pastorali, mentre essa ha plasmato la civiltà con i propri dogmi, definiti nei suoi Concili ecumenici e nelle definizioni del magistero. A titolo di esempio, ricordiamo la condanna dell'arianesimo e la definizione della natura umana e divina di Cristo contro la gnosi. Con questa lotta dogmatica la Chiesa ha preservato l'umanità dalle catastrofi del catarismo non solo medievale ma di tutti i tempi, ossia, tra l'altro, dal rifiuto del matrimonio e della procreazione: se il catarismo avesse avuto la meglio l'umanità si sarebbe estinta. Oggi l'ideologia gender è ancora figlia del catarismo gnostico, per cui il corpo è uno strumento e l'omosessualismo celebra una sessualità sterile, secondo quegli stessi dettami. Si rimane molto colpiti dal fatto che oggi la Chiesa, davanti ai nuovi problemi dell'umanità, pensi ad istituire commissioni e ad organizzare convegni, oppure si metta a progettare nuovi piani pastorali, mentre un tempo essa proclamava dogmi.
Tutti i dogmi della fede cattolica fanno da fondamento alla Dottrina sociale della Chiesa e all'impegno sociale e politico dei fedeli, compresi quelli mariani, ai quali però non si dà solitamente molta importanza in questo senso. Questi ultimi sono importanti perché preservano sia dallo spiritualismo che dal materialismo. È, infine, molto importante ricordare ai movimenti mariani che la loro devozione a Maria ha anche un forte collegamento con la Dottrina sociale della Chiesa. Non a caso la Caritas in veritate di Benedetto XVI si conclude con una preghiera alla Madonna Speculum iustitiae e Regina pacis.
31 DIC 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8037
LA FINANZIARIA, IL SUPREMO ATTO DEL LEVIATANO di Stefano Fontana
In questi giorni il Parlamento sta impastando la torta natalizia della legge finanziaria. Il voto definitivo al Senato sembra previsto per il 28 dicembre ma non è escluso che si vada anche oltre. Alla "manovra" - come viene anche chiamata - ci mettono le mani un po' tutti, o almeno ci provano. La parte principale è svolta dalla maggioranza, ma anche l'opposizione propone e spesso ottiene che siano approvati i propri emendamenti. La ricetta della torta, ammesso che ci sia, non viene applicata con precisione, qualcuno prova a metterci ingredienti non previsti, altri cercano di togliere quelli già inseriti e addirittura già mescolati. Nonostante il tira e molla durante l'impasto e poi la cottura, alla fine comunque la legge finanziaria sarà approvata e, da quel momento, diventerà la principale espressione della forza dello Stato o dello Stato come forza.
Anche quest'anno, come ogni anno, essa sarà ancora una volta l'atto politico principale e dal valore assoluto del Leviatano che dall'alto della sua sovranità, non avendo altri e altro sopra di sé, stabilisce come dovranno vivere i cittadini, le famiglie, le imprese, i corpi intermedi nel prossimo anno 2025. La trepida discussione in aula, le pressioni provenienti dalle corporazioni della società civile, le azioni di disturbo e gli scambi di voti combinati sui vari emendamenti, l'infuocata lotta sui giornali e nei talk-show, le accuse reciproche, le previsioni di vantaggi o di svantaggi per il Paese... tutto questo sta lì a comprovare che si è in attesa della Voce del Potere, che la finanziaria è come il tuono di Giove con cui il "Gelido Mostro" (come lo chiamava Nietzsche), il Leviatano come lo designava Hobbes, detta definitivamente la sua legge, impone il suo volere in via impositiva, stabilisce ciò che doveva essere stabilito.
LA FINANZIARIA È COME UNA CELEBRAZIONE LITURGICA
Lo Stato moderno, anche se scalcinato come accade nelle nostre post-democrazie, pretende ancora di essere il Dio in terra e la finanziaria è la sua più alta celebrazione liturgica, il Grande Animale che si nutre delle tasse prodotte dai suoi sudditi, la Grande Macchina che con la sua tentacolare burocrazia diffonde la linfa vitale dei finanziamenti in tutte le cellule del corpo politico e lo mantiene in vita, il Grande Individuo (o Persona Civitatis) che sa bene che la società è fatta di tanti individui come lui, solo che lui è più Grande e quindi solo lui, dopo le discussioni e i litigi concessi alle marionette della politica politicante, emetterà il Verbo finale della legge finanziaria. Pensa che i cittadini non siano in grado di intessere tra loro dei legami sociali da soli e nemmeno di autofinanziarsi, di educarsi, curarsi o di costruirsi una televisione, ritiene invece che spetti solo a lui, allo Stato, tenere uniti i cittadini secondo un progetto di reductio ad unum che nella finanziaria trova un punto nevralgico. Con questa legge lo Stato dice che noi dipendiamo da lui e che spetta a lui tenerci uniti, fissando d'imperio i dati materiali che ci permetteranno di vivere l'anno prossimo. Cosa significhi dare a ciascuno il suo, in cosa consista la giustizia sociale e spesso perfino quella retributiva è stabilito dallo Stato con la sua manovra annuale. Esso, stabilendo i dati materiali delle relazioni sociali, ossia chi avrà di più e chi di meno, chi può continuare a sperare e chi no, fissa anche i criteri del bene e del male. La finanziaria stabilisce le priorità a cui tutti devono attenersi.
PIANIFICAZIONE NEI MINIMI DETTAGLI
Con la legge finanziaria lo Stato pianifica fino ai minimi dettagli la vita quotidiana della nazione. Questo è per certi versi l'aspetto più stupefacente. Certo, ci sono i grandi finanziamenti ma poi c'è anche una miriade di rivoli che cercano di intercettare anche i bisogni minimi e di penetrare negli interstizi della vita sociale. Lo Stato si occupa dei problemi all'ingrosso ma anche al dettaglio. Naturalmente si occupa della difesa e dell'ordine pubblico, della costruzione delle infrastrutture e dell'amministrazione della giustizia e con la legge finanziaria alimenta tutte queste sue attività. Poi però vuole anche entrare nell'acquisto degli elettrodomestici, finanziare lo psicologo in classe, incentivare l'acquisto del pellet. Non solo 1,4 miliardi in più per il ponte sullo Stretto o 200 milioni per la linea Sibari-Catanzaro, ma anche lo sconto all'asilo nido comunale, gli stanziamenti per le attività di screening, gli aiuti ai non vedenti per il mantenimento dei cani-guida, il ritocco della detrazione per chi frequenta le scuole paritarie, i bonus elettrodomestici e per i bebè. Non c'è un ambito della vita civile - per piccolo che sia - che non venga disciplinato dalla legge finanziaria e debitamente pianificato. Lo Stato provvede a tutti i bisogni, dal più grande al più piccolo. Ogni volta che un cittadino farà qualcosa lungo il nuovo anno dovrà ringraziare o rimproverare Lui, lo Stato, dal quale tutto dipende nel bene e nel male.
Ogni singolo cittadino, ogni famiglia, ogni artigiano e ogni impresa, ogni pensionato e ogni pensionabile, ogni dipendente, ogni commerciante, ogni partita Iva, ogni malato in ospedale, ogni pensionato, ogni neonato, ogni scolaro e studente, ogni contadino, ogni venditore di elettrodomestici, ogni viaggiatore, ogni turista... sa che la propria vita nel prossimo anno dipenderà dalle supreme decisioni dello Stato e dalle misure, vantaggiose o svantaggiose per gli uni o per gli altri, che esso inserirà in questa legge finanziaria, altissima manifestazione della sua forza.
3 DIC 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8003
LA RELIGIONE ''ZOMBI'' E LA RELIGIONE ''ZERO'' di Stefano Fontana
Il libro di Emmanuel Todd La sconfitta dell'Occidente (Fazi, Roma 2024) ha molti aspetti di interesse. Qui ne sottolineo uno in particolare. Nell'esaminare la situazione fatta emergere dalla guerra in Ucraina l'autore si sofferma sulla "sconfitta dell'Occidente", come dice il titolo, e sul "suicidio assistito" dell'Europa. Quale principale causa di tutto questo egli indica il crollo del cristianesimo, soprattutto protestante ma non solo. Questa «estinzione religiosa in ultima analisi ha condotto alla scomparsa della morale sociale e del sentimento collettivo». Già questo è di notevole interesse, perché si tratta di una causa immateriale mentre di solito gli analisti della geopolitica si soffermano solo su quelle materiali. Todd non disdegna queste ultime ma non le mette al primo posto.
Ancora più interessante è un corollario di questa tesi. Egli distingue tra religione "attiva, zombi e zero". La religione "zombi" si ha quando la religione non esiste già più però i suoi effetti sociali sono ancora sentiti dalla popolazione e permangono delle credenze sostitutive che svolgono la stessa funzione della religione. La religione "zero", invece, è quando c'è un «vuoto religioso assoluto in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva». Qui la religione si è ormai disintegrata. Proprio questo, secondo lui, rende fragile l'Occidente nella guerra con la Russia. Ora, da quali segni si vede se si è giunti allo stadio irreversibile di religione "zero"? Questa è l'interessante osservazione che intendo evidenziare. I criteri sono tre: la scomparsa del Battesimo, la cremazione e il "matrimonio" omosessuale (p. 164). Nella fase di religione "attiva" si va ancora alle funzioni domenicali, in quella "zombi" non si va più a Messa ma si continua a far battezzare i bambini, a seppellire i morti e a considerare importante il matrimonio anche se nella forma civile. Nella fase "zero", infine, scompare il Battesimo, aumenta massicciamente la cremazione e il "matrimonio" tra persone dello stesso sesso viene considerato equivalente a quello tra persone di sesso diverso.
I tre criteri sono chiari e condivisibili. Sta ad ognuno di noi applicarli alla situazione che stiamo vivendo per verificare a quale dei tre stadi siamo arrivati.
26 NOV 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8001
ORA DI RELIGIONE, LA CEI PROGETTA IL RITIRO (IN NOME DEL PLURALISMO) di Stefano Fontana
Insegnamento della religione cattolica (Irc) nella scuola statale: la Chiesa si ritira, non per fare altro e meglio, si ritira e basta. Questo è il senso vero della proposta lanciata dal vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, che è anche presidente della Commissione per l'ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (Cei): abolire l'ora facoltativa di Irc e sostituirla con un'ora obbligatoria di «pluralismo religioso». Queste le sue parole contenute in un articolo pubblicato sulla Rivista del clero italiano: «Non più un'ora di religione cattolica, facoltativa, quanto piuttosto un insegnamento obbligatorio del fenomeno religioso in chiave plurale per abituare lo studente a diventare un cittadino capace a meglio comprendere la società in cui si trova». In questo modo la Chiesa «potrà fare un passo indietro, rinunciando ad uno spazio che le spetta di diritto per far fare alla società un passo avanti. Il pluralismo religioso, inteso come tema educativo, aiuta a ripensare la laicità in termini inclusivi».
Il passo indietro veramente necessario sarebbe che la Chiesa ponesse fine a questa equivoca storia dell'Irc nella scuola statale, sciogliendosi da questo abbraccio mortale con lo Stato, per realizzare veramente il proprio diritto ad educare in pubblico senza più i compromessi e i vincoli che l'accordo con lo Stato richiede. Invece il passo indietro proposto dal vescovo Olivero è la dichiarazione di non voler più educare, è una rinuncia ad insegnare in pubblico le verità della religione cattolica, è la richiesta che la Chiesa non faccia più la Chiesa. Peggio ancora, è l'idea che, quando la Chiesa insegna le proprie verità, fa del male ad alunni e studenti: se la Chiesa insegna in pubblico, la società va indietro, se la Chiesa non si fa più presente nell'educazione la società fa un passo in avanti. È come dire che l'insegnamento di verità soprannaturali indebolisce anziché rafforzare le relazioni sul piano naturale. Per Olivero la Chiesa deve astenersi dall'educare per non essere, così facendo, diseducativa.
L'Irc fa più male che bene alla Chiesa. La filosofia della scuola di Stato è una laicità ideologica secondo la quale ogni cittadino - in questo caso ogni alunno o studente - ha il diritto costituzionale ad abbracciare ciò che egli considera vero e buono. La presenza di un Irc, in un simile contesto di pensiero, non ha diritto ad esistere, se non trasformandosi in modo innaturale. L'accordo sull'Irc tra Chiesa italiana e Stato si basava sull'idea dell'importanza di questo insegnamento per capire la storia e la cultura italiane. Si trattava di un'argomentazione storica, che non poteva reggere a lungo davanti all'avanzata del nuovo senso falsamente democratico, liberale e individualistico (per non dire relativistico) di laicità.
Per decenni si è così protratto un grande equivoco. Si disse che non bisognava fare catechismo ma favorire un approccio culturale alla religione cattolica: ma come farlo se non riprendendo in aula le fondamentali verità teologiche che la identificano? Si disse che quell'ora di lezione doveva essere di formazione al confronto critico e di aiuto al dialogo: ma come riuscirci evitando di insegnare i criteri cattolici del confronto critico e del dialogo? Si scese così dal piano religioso a quello etico, ritenendo che questo genere di questioni fossero più nelle corde dei giovani: ma come trattare adeguatamente in modo cattolico questo piano senza riferimento a cosa dice la religione cattolica sul bene? C'è stato quindi un lungo calvario durante il quale si è completamente persa di vista la natura "disciplinare" di quest'ora di lezione, spesso riempita dai più vari contenuti a libera scelta dei disorientati docenti, lì inviati da disorientati uffici scolastici delle diocesi. Così quell'ora di lezione ha finito per non avere più niente di cattolico, per questo era ed è meglio fare un passo indietro per riprendersi in autonomia la questione educativa.
Per fare una scelta simile c'era bisogno di una chiarezza di fede, di intelletto e di volontà che nel frattempo era andata dispersa. La Chiesa stessa aveva perso la convinzione che la fede fosse capace di generare una cultura e una civiltà. La Chiesa non credeva più che la fede fosse una forma di conoscenza e che, come tale, avesse un suo posto nel quadro del sapere. Aveva ripreso questa idea Benedetto XVI all'Università di Ratisbona, ma la nuova teologia era su posizioni contrarie e la mentalità ecclesiale diffusa era cambiata. Del resto, anche ammettendo per assurdo che la Chiesa avesse fatto la forza di denunciare l'accordo con lo Stato sull'Irc e avesse pensato di fare da sé, cosa avrebbe fatto poi? Di quali contenuti avrebbe riempito la riconquistata libertà educativa? La secolarizzazione e la laicità erano ormai ampiamente accettate anche dentro di essa, compreso il nuovo dogma del pluralismo religioso. Da tempo la Chiesa ha perso di vista il suo essere Maestra. Al punto da farsi ammaestrare dai cambiamenti sociali anziché il contrario. Il vescovo Olivero, infatti, su cosa fonda la necessità del passo indietro? Sul fatto che le adesioni all'Irc diminuiscono e che la società è ormai multireligiosa. Dati di fatto, questi, e non di diritto; essere, non dover-essere.
La proposta di Olivero è la triste conclusione di questo processo. Essa può però avere anche una conseguenza positiva: la sua applicazione farebbe aumentare il numero dei genitori cattolici che ritireranno i propri figli, a vantaggio di vere scuole cattoliche libere.
18 SET 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7929
IL SINODO FARSA RIDEFINISCE I PECCATI di Stefano Fontana
Il Sinodo sulla sinodalità sta tornando. I lavori in aula di questa seconda sessione dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione» si svolgeranno dal 2 al 27 ottobre. Già nei giorni precedenti, però, i sinodali parteciperanno nella basilica di San Pietro a due appuntamenti: un ritiro spirituale che si protrarrà per due giorni (dal 30 settembre al 1° ottobre), e poi una Liturgia penitenziale che, secondo le indicazioni della Segreteria generale del Sinodo, prevede la confessione pubblica di alcuni peccati così elencati: contro la pace; il creato, le popolazioni indigene, i migranti; contro gli abusi; contro le donne, la famiglia, i giovani; contro il peccato della dottrina usata come pietra da scagliare contro; la povertà, la sinodalità ossia mancanza dell'ascolto, della comunione e partecipazione di tutti.
Questo Sinodo non gode di buona salute. Una ricerca demoscopica, subito cancellata dal Vaticano, aveva attestato che la grande maggioranza degli intervistati non si attendeva niente di buono dal sinodo. La fragilità teologica su cui pretende di fondarsi, le tattiche di politica ecclesiastica di cui è fatto oggetto, la prassi di un dialogo pilotato e includente e, soprattutto, la percezione che il suo punto di arrivo sia stato già deciso e che tutti questi percorsi siano strumentali hanno fatto adoperare la parola "farsa". Ci si avvicina, quindi, alla seconda sessione con una certa stanchezza.
Il Sinodo sulla sinodalità si dimostra una forzatura, uno strumento per far evolvere la prassi ecclesiale verso qualcosa di nuovo senza dirlo, un progetto pratico per inserire una nuova sensibilità, un modo di fare che cambi il modo di essere, un modo di sentire che cambi il modo di pensare la fede. Come abbiamo già osservato altrove, ciò è evidente anche nell'Instrumentum laboris redatto per questa seconda sessione, e ne troviamo conferma in quel farsesco elenco di peccati di cui chiedere perdono nella Liturgia penitenziale del 1° ottobre.
PROBLEMI DI DOTTRINA
I peccati qui elencati mancano di forma, non hanno la fattispecie, per cui il fedele non è in grado di valutare cosa significhi peccare nel senso di quei peccati. La forma del furto è appropriarsi di una cosa altrui. Ma qual è la forma del peccato contro i popoli primitivi o contro gli immigrati? Non ci si può pentire e chiedere perdono di qualcosa che non si riesce a definire e, quindi, a valutare. Peccare contro la pace, il creato, le popolazioni indigene, i migranti... in generale, senza valutare i contenuti dell'azione, le circostanze e le intenzioni, risulta superficiale e moralmente non indicativo. C'è di più: apre facilmente le porte a contenuti politici o ideologici e, alla loro luce, finisce per chiamare peccato quanto magari è invece buon senso.
Nell'elenco della Liturgia penitenziale appaiono incomprensibili soprattutto due peccati: quello della "dottrina usata come pietra da scagliare contro" e quello contro la sinodalità. Quella espressione sulla dottrina è stata adoperata, come noto, più volte da Francesco, ma altro non è che uno slogan, una frase ad effetto che risulta difficilmente traducibile in un linguaggio teologico. È una frase polemica, per colpire qualcuno, per stigmatizzare ogni atteggiamento di fedeltà alla dottrina contro le minacce di una pastorale avventata, un modo di dire la priorità della prassi sulla dottrina senza affermarlo esplicitamente, o per liquidare quanti ritengono che i fondamenti dottrinali non cambino mai.
COS'È UN PECCATO CONTRO LA SINODALITÀ?
La frase che pretende di esprimere questo peccato segue la stessa logica della lotta agli hate speeches, ai discorsi d'odio, che in fondo è un modo per colpevolizzare chi dice verità che non garbano al potere. Oppure assomiglia alla condanna delle fake news: il potere è il primo ad adoperarle, poi però chiama alla lotta contro di esse quando esprimono verità sgradite. Spesso le fake news sono le uniche verità che si sentano. Dovremo chiedere perdono per aver richiamato qualche principio dottrinale confutando chi lo vuole cambiare? Chi ricorda le verità di sempre sarà assimilato ad un lanciatore di pietre?
Ancora più farsesco è il peccato contro la sinodalità. Se c'è un punto chiaro sulla sinodalità è che nessuno sa cosa sia. Lo stesso establishment ecclesiastico afferma che la sua natura è di essere processo: non abbiamo un Sinodo, siamo Sinodo e quindi siamo processo e percorso, e sarà durante questo percorso che scopriremo, ma mai definitivamente, cosa sia la sinodalità. Essa non avrà una forma definita, ma sarà una prassi da sperimentare.
Su queste basi come si può stabilire un peccato contro la sinodalità? Quando l'autorità stabilisse che questa o quest'altra azione è peccato contro la sinodalità, il processo sinodale si sarà nel frattempo evoluto e a peccare contro di essa potrebbero allora essere i censori. Quando si assume una logica storicistica - come fa la sinodalità come processo -, niente è più peccato, perché quando il peccato viene visto come tale lo si è già superato e non c'è più.
3 SET 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7911
UNA SOCIETA' POST-FAMILIARE, L'UTOPIA DELLA SINISTRA di Stefano Fontana
MicroMega, diretta da Paolo Flores D'Arcais, come si sa, è la rivista di punta della sinistra italiana. Essa parla a nome di un intero mondo culturale e politico e, in molti casi, ne traccia le linee culturali e operative. Il numero attualmente in uscita (4/2024) lo fa a proposito della famiglia, dando precise indicazioni per una società post-familiare. Il titolo del fascicolo è molto chiaro: Contro la famiglia. Critica di un'istituzione (anti)sociale. La chiarezza è sempre un fatto positivo, perché permette a tutti di posizionarsi consapevolmente. Dobbiamo quindi sapere che la cultura della sinistra non vuole più la famiglia e pensa ad una società priva di essa. Ne trarremo le conseguenze?
BUGIE CONTRO LA FAMIGLIA
Tutti i 17 contributi vogliono dimostrare che la famiglia non produce socialità, ma la corrode e la impedisce. Prima di tutto si dice che la famiglia è luogo di violenza e di oppressione: i bambini imparano lì le gerarchie e i ruoli sociali di genere e introitano il conformismo. Nella famiglia molte sono le vittime di abusi e i membri vengono educati all'omertà, alla fedeltà clanica, alla subordinazione. Verso la società ampiamente intesa, le famiglie agiscono come mondi chiusi e trasferiscono le proprie logiche nella società, colonizzandola: la scuola oggi è una guerra tra genitori e insegnanti. La famiglia favorisce e perpetua le disuguaglianze sociali ed economiche mediante i patrimoni che vengono trasferiti ereditariamente, mediante le reti delle relazioni familistiche che favoriscono alcuni rampolli a svantaggio di altri, mediante le possibilità di istruzione che non tutte le famiglie hanno nella stessa misura. La famiglia, quindi, non produce mobilità sociale ma perpetua l'esistente, trasmettendo ai figli di domani gli stessi privilegi e svantaggi che ci sono oggi.
Sulla base di questa analisi, ecco poi le proposte. Innanzitutto, secondo MicroMega, bisognerebbe non parlare più di "famiglia naturale" dato che tale famiglia non esiste perché non esiste la natura. Secondariamente si deve parlare di famiglia come "concentrato di convivenza", come l'area delle "soluzioni dello stare insieme" che possono essere molto diverse tra loro. Bisogna anche superare il modello industriale italiano composto in gran parte da piccole imprese dominate da un atteggiamento familistico. Il lavoro di cura bisognerebbe toglierlo alle famiglie per evitare la sua proiezione privatistica sui servizi pubblici. Si dovrebbe anche disciplinare in modo nuovo le successioni e le donazioni in vista di "un'eredità universale". Infine, un intervento sulla scuola parentale la boccia completamente vedendola come atteggiamento antisociale ed espressione del figlio inteso familisticamente come "proprietà" dei genitori.
UNA IDEOLOGIA PRECONFEZIONATA
Tutte queste osservazioni e valutazioni sono evidentemente cieche di fronte alla realtà e proiettano su di essa la luce deformante di una ideologia preconfezionata. La messa in ridicolo del concetto di natura da parte di Telmo Piovani si fonda su una rozza visione naturalistica: l'antropologia culturale mostra molti tipi di famiglia ergo la famiglia naturale non esiste. Evidentemente egli non possiede il concetto filosofico corretto di "natura". Anche altri autori utilizzano in modo ideologico l'antropologia culturale, parlando ad esempio dei Nuer del Sud Sudan che hanno superato la marginalità della donna che non poteva avere figli, inventandosi che essa può, in alternativa, comportarsi da uomo, diventare "marito" e "padre". In tutto il fascicolo si dimentica che l'antropologia culturale non è una scienza normativa, essa dice eventualmente cosa c'è e non cosa ci deve essere, per cui deve essere sottoposta alla filosofia morale. Perfino gli animali vengono presi come norma del corretto comportamento "naturale" umano, a cominciare dai pinguini che frequentemente sarebbero omosessuali.
Il più grande errore di impostazione è però un altro: indicare eventuali disfunzioni della famiglia - a cominciare dalla violenza in casa - come conseguenza della famiglia naturale, mentre sono conseguenza della sua distruzione sistematica. È qui che l'ideologia di MicroMega si mostra perversa nel rovesciamento della realtà. L'impresa familiare, che realizza nel modo migliore il rapporto tra famiglia e lavoro e che è giustamente un vanto del nostro Paese, allora deve essere eliminata. Il lavoro di cura di chi è in difficoltà bisogna affidarlo completamente ai servizi sociali quando è ovvio che la migliore badante è colui che ci è più vicino nel nucleo familiare. Lo Stato dovrebbe collettivizzare i benefici dei trasferimenti ereditari e non i soggetti naturali quali sono appunti gli eredi. Dalla mancanza di realismo nascono sempre le utopie ossessive.
Se guardiamo in filigrana i provvedimenti suggeriti da MicroMega, ci accorgiamo che sono forme di neo-socialismo, di statalismo e centralismo, di indottrinamento politico dei cittadini dal centro, di sostegno ai grandi poteri economici, di sradicamento e di collettivizzazione. Ossia riduzione degli spazi di protagonismo, di responsabilità e di vera libertà.
12 GIU 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7824
MOLTMANN, IL PADRE DEGLI ERRORI DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA di Stefano Fontana
Il 3 giugno scorso è morto a Tubinga all'età di 98 anni il teologo protestante Jürgen Moltmann. Egli viene di solito ricordato come "il teologo della speranza" a motivo della sua opera principale Teologia della speranza, pubblicata nel 1964 in Germania e nel 1970 in Italia da Queriniana. Ricordarlo in questo modo non è sbagliato o riduttivo perché quel volume non intendeva trattare un capitolo della teologia, appunto la speranza, ma aveva l'intento di riformularla per intero.
Dalla speranza derivava una nuova spiegazione di tutti i temi teologici tradizionali: la rivelazione intesa non tanto nel suo carattere dottrinale quanto in quello storico, la trascendenza intesa in senso temporale come futuro anziché in senso spaziale, il peccato come rifiuto della speranza, la grazia come dono della possibilità e della capacità di sperare, la conversione come avversione al presente e conversione al futuro. Da qui l'impatto rivoluzionario della sua teologia, legato all'idea tutta protestante del mondo diventato adulto, della secolarizzazione come fenomeno cristiano, della necessità di transitare verso una teologia secolare come l'anno seguente, il 1965, avrebbe sostenuto anche Harvey Fox con il suo libro The Secular City. Storia, speranza, futuro, prassi: queste le coordinate della nuova teologia che ritroviamo poi in tutta la teologia, anche cattolica, successiva.
UNA TEOLOGIA SECOLARE DAL LINGUAGGIO POLITICO
Sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, secondo Moltmann, Dio non è inteso come consacrazione di tempi e luoghi ma collegato con una parola di promessa. La promessa vincola l'uomo alla storia che sta tra la promessa e il suo compimento. Questo è lo spazio per la responsabilità umana, per il futuro, la morale e la prassi. La teologia della speranza è elaborata in chiave escatologica, affidando d'ora in poi al teologo non il compito di «interpretare il mondo, la storia e la natura umana, bensì di trasformarli nell'attesa di una trasformazione divina». Il luogo della rivelazione di Dio diventa la storia e Dio si rivela tramite promesse storiche e con eventi storici, a cominciare dall'Esodo. Compito del cristiano non è tanto di chiedersi chi Dio sia e quali siano i suoi attributi, ma individuare dove Dio sia all'opera nella storia e partecipare attivamente alla sua opera di redenzione. Bisognava eliminare ogni dualismo metafisico e ogni visione spaziale di Dio, creare una teologia secolare dal linguaggio politico: «questo implica che noi discerniamo dove Dio è all'opera, e quindi ci uniamo al suo lavoro: quest'azione incessante è un modo di parlare: facendo ciò il cristiano parla di Dio». La verità diventa azione. Chi è Dio non lo dirà il teologo attraverso discorsi, ma lo dirà la prassi dei cristiani.
Con Moltmann la dimensione della storia entra nella teologia e ne sconvolge i connotati. Il già citato Harvey Fox si avvicinerà alla teologia della speranza e sosterrà che «Dio ama il mondo e non la Chiesa» e si serve del mondo e non della Chiesa, e nel suo libro Il cristiano come ribelle nota che «Il baseball professionistico e non la Chiesa ha fatto i primi passi verso l'integrazione razziale. Siamo molto in ritardo in tutta questa faccenda. Dobbiamo correre per metterci al passo con ciò che Dio sta già facendo nel mondo».
LA VERA SVOLTA INNOVATIVA DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA
Come si vede, la "Chiesa in uscita" ha origini lontane. Le nuove suggestioni di Moltmann verranno riprese da Johann Baptist Metz nella sua "Teologia politica" e anche Karl Rahner farà propri gli stessi presupposti, a cominciare dalla secolarizzazione che impone di pensare che la rivelazione di Dio avviene nella storia dell'umanità prima che nella Chiesa. Si può pensare che la vera svolta innovativa della teologia contemporanea sia stata provocata da Moltmann. Tutte le altre teologie infatti seguiranno la strada inaugurata da lui. La teologia della speranza si può paragonare quindi ad uno scoppio che ne ha provocato altri a catena. Egli ha potuto occuparsi di teologia della rivoluzione e della liberazione, ha tenuto a battesimo la teologia nera e la teologia femminista. Inoltre, è stato al centro del dialogo tra cristiani e marxisti.
Questo ultimo spunto ci conduce ad un altro importante capitolo della vicenda Moltmann. Mi riferisco al dialogo di pensiero con il filosofo marxista della Germania orientale Ernst Bloch, che ha tanto influito sulla teologia di Moltmann poi e su quella successiva. Il principio speranza di Bloch e Teologia della speranza di Moltmann si richiamano a vicenda. Bloch riformula il marxismo sotto la categoria dell'utopia, vede tutta la realtà come governata dal futuro e spinta a superarsi, legge la Bibbia come espressione di un "trascendere senza trascendenza", il futuro e la storia sono i caratteri della religione cristiana come lo sono di questo mondo secolarizzato, il Dio di Israele è il Dio dell'ottavo giorno «che non è ancora stato e quindi è più autentico» e Cristo non ha nulla di spirituale, ma è l'uomo che si è seduto non alla destra di Dio ma al suo posto perché il cristianesimo è liberatorio e quindi ateo. In questo modo Moltmann si incontra non solo col marxismo ma col nichilismo ateo della modernità.
Dare un giudizio sulla teologia di Moltmann comporta darlo anche su tanta parte della teologia contemporanea. Celebrarne il pensiero esaltandolo vorrebbe dire avallare i grandi errori di questa teologia e di quelle che ne sono seguite. Mi sono limitato a richiamarne qui alcuni assunti di base. Il lettore, se crede, può esercitarsi a individuare i loro effetti negativi sulla teologia di questi decenni e anche sulla prassi della Chiesa di oggi.
Approfondimenti del professore Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio internazionale Card. Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, con particolare riguardo ai principi non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione)
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