6 GIU 2014 · Mentre se ne stava davanti alla sua classe di quinta elementare, il primo giorno di scuola, la maestra disse ai bambini una falsità. Come la maggior parte degli insegnanti, guardò i suoi studenti e disse che lei li amava tutti allo stesso modo.
Tuttavia, ciò era impossibile perché lì in prima fila, accasciato sulla sedia, c’era un ragazzino di nome Teddy Stoddard. La signora Thompson aveva osservato Teddy l’anno precedente e aveva notato che non giocava serenamente con gli altri bambini...
I suoi vestiti erano disordinati e spesso avrebbe avuto bisogno di farsi un bagno. Inoltre, Teddy era scontroso e solitario.
Arrivò il momento in cui la signora Thompson avrebbe dovuto evidenziare in negativo il rendimento scolastico di Teddy; prima però volle consultare i risultati che ogni bambino aveva raggiunto negli anni precedenti; per ultima, esaminò la situazione di Teddy. Tuttavia, quando vide il suo fascicolo, rimase sorpresa: in prima elementare il maestro di Teddy aveva scritto “Teddy è un bambino brillante con una risata pronta. Fa il suo lavoro in modo ordinato e ha buone maniere…” . Il suo insegnante, in seconda elementare, aveva scritto, “Teddy è uno studente eccellente, ben voluto dai suoi compagni di classe, ma è tormentato perché sua madre ha una malattia terminale e la vita in casa deve essere una lotta.” Il suo insegnante di terza elementare aveva scritto, “La morte di sua madre è stata dura per lui e tenta di fare del suo meglio, ma suo padre non mostra molto interesse e, se non verranno presi i giusti provvedimenti, il suo contesto famigliare presto lo influenzerà."
Infine l’insegnante del quarto anno aveva scritto, “Teddy si è rinchiuso in se stesso e non mostra più interesse per la scuola. Non ha amici e qualche volta dorme in classe“.
A questo punto, la signora Thompson si rese conto del problema e si vergognò di se stessa. Si sentì anche peggio quando i suoi studenti le portarono i regali di Natale, avvolti in bellissimi nastri e carta brillante, fatta eccezione per Teddy. Il suo dono era stato maldestramente avvolto nella pesante carta marrone di un sacchetto di generi alimentari. La signora Thompson però aprì il regalo prima degli altri. Alcuni bambini cominciarono a ridere quando videro un braccialetto di strass con alcune pietre mancanti e una bottiglietta di profumo piena per un quarto, ma lei soffocò le risate dei bambini esclamando quanto fosse grazioso il braccialetto e mettendo un po’ di profumo sul polso.
Quel giorno Teddy Stoddard rimase dopo la scuola, giusto il tempo di dire: “Signora Thompson, oggi profumava come la mia mamma quando usava proprio quel profumo”. Dopo che i bambini se ne furono andati, la signora Thompson pianse per almeno un’ora; da quel giorno si dedicò veramente ai bambini e non solo per insegnare loro le sue materie. Prestò particolare attenzione a Teddy e, con la sua vicinanza, la mente del piccolo iniziò a rianimarsi. Più lei lo incoraggiava, più velocemente Teddy rispondeva. Alla fine dell’anno, Teddy era diventato uno dei bambini più intelligenti della classe e, nonostante la sua bugia che avrebbe amato tutti i bambini in ugual modo, la maestra si accorse che Teddy divenne uno dei suoi “preferiti”.
Un anno dopo la fine della scuola, la signora Thompson trovò un biglietto sotto la porta: era da parte di Teddy; la lettera diceva che era stata la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua. Passarono sei anni prima che ricevesse un altro messaggio da Teddy. Terminato il liceo, terzo nella sua classe, riferiva che la signora Thompson era ancora la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua. Quattro anni dopo, ricevette un’altra lettera, dicendo che quando le cose erano difficili, a volte, era rimasto a scuola, si era impegnato al massimo e ora si sarebbe presto laureato al college con il massimo degli onori. Confermava che la signora Thompson era sempre la migliore insegnante che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita, la sua preferita.
Poi passarono altri quattro anni e arrivò ancora un’altra lettera. Questa volta spiegava che dopo aver ottenuto la laurea, aveva deciso di andare avanti. La lettera spiegava che lei era ancora la migliore e preferita insegnante che avesse mai avuto, ma ora la sua firma era un po’ più lunga. La lettera riportava, in bella grafia, Dr. Theodore F. Stoddard.
Ma la storia non finisce qui. Arrivò ancora un’altra lettera quella primavera. Teddy scrisse che aveva incontrato una ragazza e stava per sposarsi. Spiegò che suo padre era morto un paio di anni prima e chiese alla signora Thompson di accompagnarlo al matrimonio facendo le veci della madre dello sposo.
Naturalmente, la signora Thompson accettò. E indovinate un po’ che fece?
Indossò proprio quel braccialetto, quello con gli strass mancanti, quello che Teddy le aveva regalato; fece anche in modo di mettere il profumo che la madre di Teddy indossava l’ultimo Natale che passarono insieme.
Si abbracciarono e il Dr. Stoddard sussurrò all’orecchio della signora Thompson, “Grazie signora Thompson per aver creduto in me. Grazie mille per avermi fatto sentire importante e per avermi mostrato che avrei potuto fare la differenza.”
La signora Thompson, con le lacrime agli occhi, sussurrò “Teddy, ti stai sbagliando. Sei tu quello che mi ha insegnato che potevo fare la differenza: non sapevo come insegnare fino a quando ti ho incontrato.“
8 MAG 2014 · Nell’antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza.
Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:
“Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?”
“Un momento“, rispose Socrate, “Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.”
“I tre setacci?”
“Sì“, continuò Socrate. “Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Io lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è VERO?”
“No… ne ho solo sentito parlare.”
“Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di BUONO?”
“Ah no, al contrario!”
“Dunque“, continuò Socrate, “vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. È UTILE che io sappia cosa avrebbe fatto questo amico?”
“No, davvero.”
“Allora“, concluse Socrate, “se ciò che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile, io preferisco non saperlo; e consiglio a te di dimenticarlo.“
26 APR 2014 · Un giorno un allevatore di polli, appassionato scalatore, mentre si arrampicava su una montagna particolarmente difficile, s'imbatté in una sporgenza. Su quella sporgenza c'era un nido e nel nido c'erano tre grandi uova. Uova di aquila.
L'uomo sapeva di comportarsi in modo antiecologico e forse anche illegale, ma cedette alla tentazione di prendere una delle uova e metterla nel suo zaino, accertandosi, prima, che l'aquila madre non fosse nei paraggi. L'allevatore continuò la sua scalata, alla fine tornò alla fattoria e mise l'uovo nel pollaio.
Quella sera la gallina si sedette su quell'enorme uovo per covarlo: era l'immagine della madre più orgogliosa che si potesse immaginare. E anche il gallo sembrava fiero di sé.
A tempo debito, l'uovo si schiuse e l'aquilotto uscì, si guardò attorno, vide la gallina e disse: "Mamma!"
E fu così che l'aquila crebbe con i suoi fratelli pollastri. Imparò a fare tutto ciò che fanno i polli: chiocciare e schiamazzare, grattare per terra alla ricerca di vermi, agitare le ali furiosamente e volare a poche spanne d'altezza prima di ricadere, a terra, in una nuvola di polvere e piume. L'aquilotto era assolutamente sicuro di essere un pollo.
Un giorno, quando era ormai anziana, l'aquila-che-credeva-di-essere-un-pollo guardò il cielo. Lassù, in alto tra le correnti, volava maestosa, senza sforzo e senza quasi muovere le ali, un'aquila.
"Cos'è quella?" chiese stupita la vecchia aquila. "È magnifica. Quanta potenza e quanta grazia! È poesia in movimento."
"Quella è un'aquila" disse un pollo. "È il re degli uccelli. È un uccello dei cieli, noi siamo solo polli, uccelli di terra".
E fu così che l'aquila visse e morì da pollo; perché questo era ciò che credeva di essere.
Fonte: Anthony de Mello, da "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo".
28 FEB 2014 · Il Sole e il Vento cominciarono a litigare su chi fosse il più forte. Il Vento diceva: “Te lo proverò, sono io il più forte. Guarda quel vecchio laggiù con l’impermeabile, scommetto che glielo toglierò prima di quanto riusciresti a fare tu.” Così il Sole andò dietro a una nuvola e il Vento soffiò fino a diventare un tornado, ma più forte lui soffiava più stretto il vecchio si teneva l’impermeabile. Alla fine il Vento rinunciò e il Sole venne fuori da dietro le nubi e sorrise gentilmente al vecchio. Questi si asciugò la fronte e si sfilò il soprabito. Il Sole disse al Vento: "La gentilezza e la cordialità sono sempre più potenti della forza bruta."
1 NOV 2013 · Quante volte ci capita di fare come i due protagonisti di questa storia...
Sembra paradossale, ma a volte quello che non riusciamo ad ottenere, e d'altra parte anche quello che non riusciamo a dare agli altri, dipende proprio da questo...
Spesso, la soluzione è molto più vicina di quanto non crediamo. E come diceva Oscar Wilde "Il vero mistero del mondo è il visibile, non l'invisibile."
5 AGO 2013 · Un prìncipe voleva in sposa una bellissima principessa e, per raggiungere tale obiettivo, accettò di superare una prova consistente nell'essere rinchiuso dentro una cella fredda e umida di un'alta torre del castello, fino a quando non fosse riuscito a trovare il numero della combinazione che permetteva l'apertura della porta. I numeri della combinazione erano così tanti che davano miliardi di possibili combinazioni. Il prìncipe, che era coraggioso e paziente, cominciò fin dal primo giorno di prigionia a sperimentare in modo metodico un certo numero di prove al giorno. Dopo alcuni anni, ormai stremato e senza molte forze, alla fine di una giornata dedicata a cercare la combinazione giusta e in preda ad una arrabbiatura, dette un calcio alla porta della sua cella la quale, inaspettatamente, si aprì. Era sempre stata aperta...
27 GIU 2013 · Un giovane viandante, passeggiando per il bosco in una calda mattinata estiva, incontrò lungo il sentiero un boscaiolo intento a segare un grosso tronco.
Il giovane notò subito le gocce di sudore che cadevano dalla fronte dell'uomo impegnato con quel lavoro così duro.
Anche il nonno del viandante era stato un boscaiolo: l'aveva sempre visto lavorare con impegno quando, da piccolino, lo portava con sé in giardino per mettere in ordine la legna appena tagliata.
Fu così che il giovane notò subito che qualcosa non andava; il filo della sega che il boscaiolo stava utilizzando era molto rovinato e questo poteva dire soltanto una cosa: buona parte di quello sforzo l'uomo avrebbe potuto risparmiarselo, se solo si fosse fermato per qualche minuto a mettere a punto il suo strumento.
Fu così che, con una pacca sulla spalla del boscaiolo e un sorriso sulle labbra, il viandante si fece avanti e disse: "Buonuomo, che gran caldo che fa... ho visto quanto impegno state mettendo nel tagliare questo tronco. Ho notato che forse potreste pensare di rifare il filo alla sega. Sapete, mio nonno era boscaiolo e ho notato subito che nel vostro attrezzo qualcosa non sta andando come potrebbe."
Senza fermarsi e continuando a lavorare sotto al sole, il boscaiolo commentò: "Lasciatemi lavorare voi, non mi disturbate... non vedete che sono molto impegnato?".
Informazioni
Autore | Alberto De Panfilis |
Organizzazione | Alberto De Panfilis |
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