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"In the mood for law" è un podcast di Cinema e Diritto, realizzato da Emanuela Fronza e Giovanni Modica Scala. L'attenzione principale è rivolta a evidenziare come l'arte e, in...
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"In the mood for law" è un podcast di Cinema e Diritto, realizzato da Emanuela Fronza e Giovanni Modica Scala. L'attenzione principale è rivolta a evidenziare come l'arte e, in particolare, le immagini e il cinema permettano di 'vedere’ meglio il diritto e la giustizia.
In questa prima rassegna di 10 puntate, abbiamo dialogato con Stefania Parisi (professoressa di Diritto Costituzionale presso l'Università di Napoli "Federico II"), Roberto Hernandez (avvocato e regista di cinema, autore di film e documentari tra cui "Presunto culpable" e "Fino alla verità: storia di due sequestri", disponibile su Netflix); Chiara Vitucci (Professoressa di Diritto Internazionale presso l'Università della Campagnia "Luigi Vanvitelli" ); Germano Maccioni (regista e attore, autore de "Lo stato di eccezione" sulla strage di Montesole); Roberta Petrelluzzi (autrice e conduttrice del programma "Un giorno in pretura"); Pierandrea Amato (docente di Filosofia all'Università di Messina); Emanuela Tommasetti (documentarista e autrice de "La memoria del Cóndor"); Emiliano Morreale (storico del cinema); Guido Vitiello (Professore di Materie Cinematografiche alla Sapienza e collaboratore de Il Foglio); Piergiuseppe Parisi (docente al Center for Applied Human Rights dell'Università di York, esperto di diritti umani e Principal investigator del Ritualizing Protection Project).
Cinema e Diritto è un progetto dell'Università di Bologna finanziato con i fondi per la Terza Missione, diretto dal Dipartimento di Scienze Giuridiche con la collaborazione del Dipartimento delle Arti e la Cineteca di Bologna.
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In questa prima rassegna di 10 puntate, abbiamo dialogato con Stefania Parisi (professoressa di Diritto Costituzionale presso l'Università di Napoli "Federico II"), Roberto Hernandez (avvocato e regista di cinema, autore di film e documentari tra cui "Presunto culpable" e "Fino alla verità: storia di due sequestri", disponibile su Netflix); Chiara Vitucci (Professoressa di Diritto Internazionale presso l'Università della Campagnia "Luigi Vanvitelli" ); Germano Maccioni (regista e attore, autore de "Lo stato di eccezione" sulla strage di Montesole); Roberta Petrelluzzi (autrice e conduttrice del programma "Un giorno in pretura"); Pierandrea Amato (docente di Filosofia all'Università di Messina); Emanuela Tommasetti (documentarista e autrice de "La memoria del Cóndor"); Emiliano Morreale (storico del cinema); Guido Vitiello (Professore di Materie Cinematografiche alla Sapienza e collaboratore de Il Foglio); Piergiuseppe Parisi (docente al Center for Applied Human Rights dell'Università di York, esperto di diritti umani e Principal investigator del Ritualizing Protection Project).
Cinema e Diritto è un progetto dell'Università di Bologna finanziato con i fondi per la Terza Missione, diretto dal Dipartimento di Scienze Giuridiche con la collaborazione del Dipartimento delle Arti e la Cineteca di Bologna.
In the mood for law - Unibo
In the mood for law - Unibo
31 LUG 2024 · Stefania Parisi è professoressa di Diritto Costituzionale presso l'Università di Napoli "Federico II"
Parisi distingue due principali filoni nel rapporto tra cinema e diritto: uno descrittivo, che offre una visione pacificata del diritto, e uno prescrittivo, che propone una riflessione critica sul diritto e il suo rapporto con il potere.
La conversazione si sposta poi su come il cinema rappresenti la giustizia e l'ingiustizia, sottolineando l'importanza del cinema nel formare una cultura della giustizia.
Viene infine toccato il delicato rapporto tra verità e dubbio e la rappresentazione delle figure della giustizia nel cinema.
31 LUG 2024 · Roberto Hernandez, messicano, è avvocato e regista di cinema, autore di film e documentari tra cui "Presunto culpable" e "Fino alla verità: storia di due sequestri", disponibile su https://www.netflix.com/it/title/81094883. Riportiamo di seguito la traduzione integrale dell'intervista:
- Oggi siamo lieti di avere con noi Roberto Hernandez, messicano, regista e autore di film e documentari. Ti ringraziamo molto per aver accettato il nostro invito a partecipare al podcast.
Vorrei iniziare chiedendoti: sei un giustista che ha deciso di prendere in mano la telecamera. Perché? Puoi raccontarci la tua storia?
- Sono un regista di documentari e sono anche un avvocato. Durante i miei studi, praticamente non ho mai avuto l'opportunità di vedere come funziona realmente un tribunale.
Un giorno, sono stato invitato a partecipare a uno studio presso i tribunali penali di Città del Messico e mi sono reso conto delle condizioni disastrose in cui veniva amministrata la giustizia. Ho capito che la mia formazione giuridica non mi aveva preparato adeguatamente a comprendere il funzionamento reale dei tribunali. Inoltre, ho notato che gli avvocati tendiamo ad essere allergici alle immagini; siamo abituati a leggere dottrina e leggi, ma non a confrontarci con la realtà audiovisiva del sistema giudiziario.
Per questo motivo, ho deciso che fosse importante iniziare a filmare ciò che vedevo nei tribunali per mostrarlo al pubblico.
- Un documentario particolarmente significativo che hai realizzato è "Presunto Colpevole", che affronta la storia di un caso e, più in generale, il sistema giudiziario messicano. Potresti raccontarci la storia di questo documentario e come il tuo lavoro, anche artistico, si collega alla realtà del Messico?
- Ho iniziato a filmare nei tribunali, e questo ha portato alla realizzazione di un cortometraggio di 15 minuti che Carmen Aristegui, una giornalista molto nota in Messico, trasmise in un programma della CNN. Questo cortometraggio mostrava casi di persone ingiustamente incarcerate in Messico e suscitò l'interesse di molte persone ingiustamente incarcerate che erano nella stessa situazione, chiedendo aiuto. Una di queste persone era un giovane di nome José Antonio Zúñiga Rodríguez, falsamente accusato di omicidio. Era innocente, ma era stato condannato a 20 anni di prigione. Questo fu l'inizio di "Presunto Colpevole". Il film è la storia di José Antonio, e mentre lo realizzavo, stavo anche facendo un dottorato in Politica Pubblica all'Università della California a Berkeley. Durante l'estate, viaggiavo e proseguivo con la produzione del documentario. Alla fine, il film è stato pubblicato da PBS, da POV (Point of View Documentaries) e, in Messico, da Cinepolis, una grande catena di cinema che ha contribuito alla sua diffusione. - Il documentario ha ottenuto un ampio successo e, se non sbaglio, è uno dei più visti in Messico.Qual è stato l'impatto di questo documentario, sia diretto che indiretto? - Il fatto stesso di portare un documentario nelle sale cinematografiche per un documentario, fu un evento insolito. All'epoca, non esisteva Netflix e il pubblico messicano non era abituato a vedere documentari, che venivano sostituiti da telenovelas e partite di calcio in televisione, e film di finzione nordamericani al cinema. Tutto questo ha reso difficile l'arrivo dei documentari nelle sale e, per un altro verso, rappresentava una sfida comunicativa per dimostrare che un documentario poteva offrire un'esperienza cinematografica interessante. Al momento della pubblicazione, il film creò una serie di resistenze nel pubblico. Tuttavia, queste resistenze furono superate poco a poco durante i primi fine settimana di proiezione, con un aumento progressivo del pubblico. Purtroppo, verso il terzo fine settimana, il film fu censurato. Il potere giudiziario in Messico reagì negativamente al documentario, emettendo un'ordinanza per ritirare "Presunto Culpable" dagli schermi cinematografici. Questo provvedimento ha avuto un effetto boomerang, perché il pubblico aveva già percepito il documentario come importante e il tentativo di sopprimerlo è stato visto come un tentativo di nascondere una situazione imbarazzante del sistema giudiziario.
- Il tuo lavoro artistico ha avuto un impatto anche sul processo? - Il documentario ha avuto vari effetti significativi. Il primo e più importante per me è stato il fatto di riuscire a ottenere la liberazione di José Antonio Zúñiga, solo grazie alla documentazione del suo caso. Questo ha portato a un riesame profondo da parte del tribunale d'appello, che ha deciso di liberarlo, poiché era presente un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza. Per il solo fatto che ci fosse la minaccia di una pubblicazione, i tribunali decisero di dare una seconda occhiata al caso. Attraverso un'inchiesta svolta nell'ambito del documentario stesso, scoprimmo che José Antonio Zúñiga non aveva un vero e proprio avvocato difensore, che il suo avvocato aveva falsificato il proprio tesserino di avvocato, e così fu avviato un nuovo processo (revisione del processo): con il nuovo processo, Zúñiga viene assolto perché c'era un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza. Questo è un primo impatto che il film ha avuto. Il film ha anche dato vita a ulteriori cause legali riguardanti la libertà di espressione e la censura, ciò che può essere pubblicato e se il potere giudiziario avesse o meno la facoltà di ritirare il film dalle sale. Ci sono state diverse controversie legali, tra cui contenziosi amministrativi e sulla proprietà intellettuale, che sono arrivate fino alla Corte Suprema di Giustizia del Messico. Queste cause sono state risolte favorevolmente a favore della libertà di espressione e dei produttori del documentario. Infine, c'è un terzo insieme di impatti che riguarda il modo in cui veniva amministrata la giustizia in Messico. L'ambiente giudiziario era inadeguato e i metodi di registrazione per iscritto erano obsoleti, con una metodologia di origine medievale. I ricorrenti non potevano porre domande ai testimoni, non avevano quasi nessuna possibilità di intervenire senza che il giudice si intromettesse e riformulasse le loro domande. Era un ambiente molto difficile per le testimonianze. Un gruppo di avvocati, ispirati dalle riforme avvenute in paesi come Argentina, Cile ed Ecuador, ha deciso di provare a introdurre queste idee di riforma in Messico, provando a trasformare il sistema penale da inquisitorio ad accusatorio, e il documentario "Presunto culpable" fu utile per promuovere questi cambiamenti e spiegare il contenuto di queste riforme, che alla fine ebbero successo, riuscirono a generare un sostegno sufficiente all'interno della Camera dei legislatori messicana e del Senato e alla fine divennero una riforma costituzionale, che fu approvata nel 2008, e infine nel 2014 fu approvato un nuovo codice di procedura penale in Messico.
Il Messico è un Paese federale e questo ha implicato l'abbandono di più di 30 legislazioni procedurali e l'adozione di un unico Codice di procedura penale in Messico. Non direi che un solo documentario abbia portato a tutti questi cambiamenti, ma per certo ha fornito gli argomenti affinché questi cambiamenti potessero avvenire più facilmente.
- Ogni volta che ascolto questa storia mi emoziono perché penso che sei un giurista che è andato a Berkeley a fare un dottorato in diritto processuale e poi prendi la telecamera, racconti anche la giustizia, l'ingiustizia messicana e poi si vedono tutti gli impatti che il tuo lavoro artistico ha avuto. Adesso sei ad Amsterdam con la tua famiglia, hai anche accettato un lavoro molto importante dal nostro punto di vista da parte di Netflix, quindi qualcosa di un po' diverso come contesto. Può parlarci molto brevemente di questo?
- "Presunto culpable" è stato visto da quasi il 30% dei messicani, quindi un numero enorme di persone, milioni di persone. E a Netflix, quando hanno cercato di occupare uno spazio nel mercato messicano, hanno iniziato a cercare di generare programmi per la loro piattaforma che fossero graditi al pubblico, che fossero impattanti per il pubblico, e così hanno deciso di cercare me e il mio team per fare una sorta di sequel di "Presunto culpable", un documentario che portasse questo tema su quella piattaforma. E quindi ho proposto loro di realizzare una miniserie che raccontasse la storia di quattro persone accusate ingiustamente di rapimento: questo è un caso non del Messico ma del Tabasco.
- Invitiamo chi ci ascolta a vedere i tuoi lavori e, oltre a ringraziarti per tutto quel che hai detto finora, vorrei chiederti se c'è un film che raccomanderesti di vedere su cinema e diritto.
- C'è un documentario geniale che si chiama "Murder on a sunday morning" (il titolo francese è "Un coupable idéal"), l'autore è Jean-Xavier de Lestrade e segue la storia di un giovane afro-americano ingiustamente accusato di omicidio in Florida. È un documentario eccellente, che per me è stato d'ispirazione per quel che ho fatto, lo consiglio! - Grazie mille Roberto per tutto quello che fai, per aver trovato il tempo di stare con noi, ti continueremo a seguire, grazie mille per essere stato con noi! - Grazie Emanuela e grazie Giovanni!
31 LUG 2024 · Chiara Vitucci è Professoressa di Diritto Internazionale presso l'Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" Nel corso dell'intervista, Vitucci racconta il suo lungo percorso di studi sull'intersezione tra cinema e diritto e a come il cinema possa fornire una visione più ampia e distaccata rispetto alla lettura di testi giuridici, grazie alla forza evocativa delle immagini e dei suoni.
Vitucci ha utilizzato film e documentari nelle sue lezioni, scoprendo l'efficacia di questi strumenti didattici. Un esempio significativo è stato l'uso del documentario "The Wall" di Mohamed Al-Attar del 2018, che esplora il parere della Corte Internazionale di Giustizia sul muro costruito da Israele nei territori palestinesi occupati. Infine, con esempi concreti e riferimenti cinematografici, illustra come il cinema possa aiutare nella comprensione del diritto internazionale.
31 LUG 2024 · Germano Maccioni è regista e attore. Ci racconta come è nato il suo documentario "Lo stato di eccezione" sulla strage di Montesole, in cui riaffiora quanto accaduto nei comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno.
Nonostante le difficoltà iniziali e la complessità emotiva del tema, è riuscito a realizzare un film che alterna le testimonianze dei sopravvissuti con la formalità del processo.
Viene approfondito anche il suo rapporto con Giorgio Diritti, regista de "L'uomo che verrà", in cui ha ricoperto il ruolo di Ubaldo Marchioni
31 LUG 2024 · Roberta Petrelluzzi, autrice e conduttrice del programma "Un giorno in pretura", racconta l'origine della sua passione per la documentazione dei processi e le origini della sua carriera televisiva da "Il cittadino che protesta" a "Un giorno in pretura" quando Angelo Guglielmi, nel 1985.
Petrelluzzi spiega come il suo programma si sia evoluto da una documentazione di piccoli casi di microcriminalità a una rappresentazione più ampia dei grandi delitti, illustrando il metodo di lavoro prevede la lettura completa degli atti processuali, trasformandoli in una sorta di sceneggiatura che mette a confronto le prove dell'accusa e della difesa, fino alla sentenza.
31 LUG 2024 · L'intervista con Pierandrea Amato, docente di Filosofia all'Università di Messina, si concentra sull'interrelazione tra immagini, giustizia e diritto.
Amato sottolinea che le immagini, come il diritto, non sono ontologicamente vere, ma rappresentazioni distanti dalla verità. La loro funzione è riflettere una realtà sempre parziale e imperfetta.
Amato esplora come il cinema e l'iconografia rappresentano la giustizia, evidenziando una forte influenza della tradizione hollywoodiana, che drammatizza e teatralizza il diritto.
Questo approccio conferisce alla giustizia un carattere quasi sovrano e distante, differente dalla rappresentazione più popolare e critica del cinema italiano.
31 LUG 2024 · Emanuela Tommasetti, documentarista e autrice de "La memoria del Cóndor". Ha deciso di filmare questo processo per caso. Nel corso dell'intervista parla delle difficoltà narrative che ha affrontato nel suo lavoro e della passione per la storia del Sud America.
Tommasetti ha collaborato strettamente con giuristi per comprendere la struttura e le dinamiche del processo. Questi confronti sono stati essenziali per garantire l’accuratezza storica e legale del documentario. L’obiettivo principale del lavoro era restituire memoria e dignità alle vittime del processo al plan Condor, narrando le loro storie e le loro lotte e cercando di enfatizzare la cifra dell'impegno civile.
31 LUG 2024 · Emiliano Morreale, storico del cinema, mette a confronto la rappresentazione della giustizia nel cinema statunitense e in quello italiano.
Morreale richiama il teatro di Pirandello, dove la verità è spesso sfuggente e il processo è un luogo in cui le cose si complicano ulteriormente. Nel corso della storia del cinema, ci sono state evoluzioni nella rappresentazione delle dinamiche processuali, ma le regole del genere processuale spesso si sono consolidate, sia in Italia che altrove. Anche i cambiamenti nella legislazione, come il nuovo codice di procedura penale in Italia, non hanno portato a grandi modifiche nella narrazione cinematografica.
Morreale si sofferma, poi, sul genere dei film processuali e dei legal drama: il processo, sia nell'indagine che nel dibattimento, è strutturato come un dramma teatrale, rendendolo affascinante per il pubblico.
31 LUG 2024 · Professore di Materie Cinematografiche alla Sapienza e collaboratore de Il Foglio, Vitiello analizza l'impatto della narrazione cinematografica e mediatica sui processi giudiziari reali, citando casi emblematici come il processo Marta Russo e la trattativa Stato-Mafia ed evidenziando come la rappresentazione mediatica possa influenzare e talvolta distorcere il corso della giustizia.
Nell'intervista mette in luce come film e media non solo riflettano la realtà, ma possano anche interferire con essa, creando narrazioni che influenzano l'opinione pubblica e, di conseguenza, i processi stessi.
31 LUG 2024 · Piergiuseppe Parisi, docente al Center for Applied Human Rights dell'Università di York, esperto di diritti umani e Principal investigator del Ritualizing Protection Project, esplora l'intersezione tra diritto e cultura attraverso il documentario.
In questa intervista, Parisi discute il suo progetto innovativo che analizza l'uso delle pratiche spirituali nella protezione civile non armata in Colombia. In particolare, cerca di comprendere come le pratiche culturali e spirituali possano fungere da mezzi di protezione in un contesto di conflitto armato prolungato.
Parisi spiega perché ha scelto il linguaggio audiovisivo per il progetto, sottolineando che il documentario permette di raccontare e comprendere le pratiche di protezione della comunità in modo più autentico e diretto rispetto al linguaggio giuridico tradizionale.
"In the mood for law" è un podcast di Cinema e Diritto, realizzato da Emanuela Fronza e Giovanni Modica Scala. L'attenzione principale è rivolta a evidenziare come l'arte e, in...
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"In the mood for law" è un podcast di Cinema e Diritto, realizzato da Emanuela Fronza e Giovanni Modica Scala. L'attenzione principale è rivolta a evidenziare come l'arte e, in particolare, le immagini e il cinema permettano di 'vedere’ meglio il diritto e la giustizia.
In questa prima rassegna di 10 puntate, abbiamo dialogato con Stefania Parisi (professoressa di Diritto Costituzionale presso l'Università di Napoli "Federico II"), Roberto Hernandez (avvocato e regista di cinema, autore di film e documentari tra cui "Presunto culpable" e "Fino alla verità: storia di due sequestri", disponibile su Netflix); Chiara Vitucci (Professoressa di Diritto Internazionale presso l'Università della Campagnia "Luigi Vanvitelli" ); Germano Maccioni (regista e attore, autore de "Lo stato di eccezione" sulla strage di Montesole); Roberta Petrelluzzi (autrice e conduttrice del programma "Un giorno in pretura"); Pierandrea Amato (docente di Filosofia all'Università di Messina); Emanuela Tommasetti (documentarista e autrice de "La memoria del Cóndor"); Emiliano Morreale (storico del cinema); Guido Vitiello (Professore di Materie Cinematografiche alla Sapienza e collaboratore de Il Foglio); Piergiuseppe Parisi (docente al Center for Applied Human Rights dell'Università di York, esperto di diritti umani e Principal investigator del Ritualizing Protection Project).
Cinema e Diritto è un progetto dell'Università di Bologna finanziato con i fondi per la Terza Missione, diretto dal Dipartimento di Scienze Giuridiche con la collaborazione del Dipartimento delle Arti e la Cineteca di Bologna.
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In questa prima rassegna di 10 puntate, abbiamo dialogato con Stefania Parisi (professoressa di Diritto Costituzionale presso l'Università di Napoli "Federico II"), Roberto Hernandez (avvocato e regista di cinema, autore di film e documentari tra cui "Presunto culpable" e "Fino alla verità: storia di due sequestri", disponibile su Netflix); Chiara Vitucci (Professoressa di Diritto Internazionale presso l'Università della Campagnia "Luigi Vanvitelli" ); Germano Maccioni (regista e attore, autore de "Lo stato di eccezione" sulla strage di Montesole); Roberta Petrelluzzi (autrice e conduttrice del programma "Un giorno in pretura"); Pierandrea Amato (docente di Filosofia all'Università di Messina); Emanuela Tommasetti (documentarista e autrice de "La memoria del Cóndor"); Emiliano Morreale (storico del cinema); Guido Vitiello (Professore di Materie Cinematografiche alla Sapienza e collaboratore de Il Foglio); Piergiuseppe Parisi (docente al Center for Applied Human Rights dell'Università di York, esperto di diritti umani e Principal investigator del Ritualizing Protection Project).
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