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Quando il tecnico di laboratorio si sostituisce all'atto di amore tra un uomo e una donna non può che derivarne abominio e disperazione
31 OTT 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7589
SONO FIGLIA DELL'UTERO IN AFFITTO E VI GARANTISCO CHE E' DEVASTANTE
Sentivo fin da piccola che c'era qualcosa che non andava, come il pezzo di un puzzle mancante, anche perché non c'erano foto della mia mamma incinta
di Manuela Antonacci
Ha 30.000 followers su Tik Tok, Olivia Maurel, ma non condivide contenuti leggeri o improbabili balletti. Olivia Maurel condivide la sua scoperta drammatica: quella di essere nata tramite maternità surrogata e le conseguenze importanti di questa condizione. La 31enne è venuta la mondo tramite utero in affitto, nello stato americano del Kentucky, ma vive a Cannes. Oggi è madre di tre figli e racconta sui social la ricerca della sua identità, le conseguenze quotidiane della maternità surrogata e la sua lotta contro la legalizzazione della pratica in Francia.
In cuor suo, dice di aver sempre sentito sin dalla più tenera età che c'era qualcosa che non andava, come il pezzo di un puzzle mancante. Peraltro il comportamento eccessivamente riservato della madre con cui è cresciuta, il fatto che non ci fossero foto di lei incinta, ma solo foto di Maurel già nata, l'aveva decisamente insospettita. Così è iniziata una sua lunga ricerca, a partire dagli esami del Dna, che l'hanno infine portata a ritrovare la sua madre biologica.
E proprio i risultati del test del DNA non hanno sorpreso Olivia Maurel che già aveva notato delle differenze a livello fisico con i genitori con i quali era cresciuta. «Assomiglio un po' a mio padre ma per niente a mia madre. Sono alta e bionda e mia madre è bassa e bruna». A conferma di ciò, i risultati del test del DNA effettuato lo scorso anno le hanno fornito la risposta definitiva: Maurel non aveva neanche un goccio di sangue francese, ma era per il 33% lituana e per il 33% norvegese.
Eppure racconta che il suo shock non derivasse tanto dalla scoperta della sua madre biologica, quanto dall'essere cresciuta in una famiglia anaffettiva, in cui non si parlava affatto di emozioni e sentimenti: anche questo è stato un chiaro segnale, per lei, che qualcosa non andava. Dopo aver finalmente rintracciato la sua madre biologica ha potuto sottoporle una serie di domande che erano rimaste per troppo tempo in sospeso nella sua testa, causandole danni psicologici: «[Mia madre ndr] era felice di parlare con me ed è rimasta davvero sorpresa. Non pensava che mi avrebbe mai incontrato. Avevo bisogno di sapere alcune cose da lei: le risposte ai vuoti che erano in me da tutta una vita. Com'è andata la mia nascita? E perché mi ha tradita?»
Ma Maurel voleva sapere anche cose banali, per ricostruire pezzi del puzzle della sua identità: «Cose stupide che erano così importanti per me perché non le condividevo con mia madre». Un esempio è il viola, il colore preferito di Maurel: «Non ho mai saputo perché amavo così tanto quel colore. E ora lo so perché, è anche il colore preferito della mia madre biologica». Inoltre ha scoperto che il disturbo bipolare di cui soffre è un'eredità della sua vera madre e questo non insignificante dettaglio, sottolinea, non avrebbe fermato l'agenzia che reclutava madri surrogate ad assumerla per tale ruolo.
Maurel è ancora in contatto con la famiglia che l'ha cresciuta e con la sua famiglia biologica. Tuttavia, è convinta che la maternità surrogata sia una cosa negativa. La nascita dei suoi figli, che ora hanno due e cinque anni, l'ha resa ancora più determinata nella lotta contro questa terribile pratica. «Ero molto spaventata durante la gravidanza perché non conoscevo il 25% dei geni dei miei figli. Non sapevo quali problemi medici avrei potuto trasmettere loro».
Ed è per questo che ora condivide la sua storia su TikTok. «Oggi, i media francesi, mostrano solo gli aspetti positivi della maternità surrogata. Io invece voglio dire alla gente quanto la maternità surrogata possa essere cattiva e parlare delle sue conseguenze sulla donna e sul bambino». Sebbene il presidente in carica Emmanuel Macron abbia definito la legalizzazione della maternità surrogata una "linea rossa" che non vuole oltrepassare, Maurel teme le elezioni, previste per il 2027. «Abbiamo già un ministro dei Trasporti che vuole legalizzare la pratica. Ma continuo a dirlo: avere figli non è un diritto».
12 APR 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=65347362
UTERO IN AFFITTO CON LA SCUSA DEL ''MIGLIORE INTERESSE'' DEL BAMBINO di Francesca Romana Poleggi
Usare i bambini, non solo fisicamente, ma anche ideologicamente è una costante di questa società: del resto, se i bambini si possono uccidere (con l'aborto), è ovvio che si possa far loro "tutto" il resto.
La cosa più squallida è che, nel loro "miglior interesse", si voglia far passare abuso e sfruttamento come strumenti di tutela. Un po' come quando hanno ucciso Charlie Gard, Alfie Evans (e gli altri) nel loro "best interest".
Sul sito del CBC (The Center for Bioethics and Culture Network) è apparso il 27 marzo un articolo di Renate Klein, biologa e sociologa, femminista DOC, di sinistra, che critica in modo acceso uno di questi tentativi, ad opera della Hague Private International Law Conference (HCCH) (Conferenza dell'Aia sul diritto internazionale privato).
L'ente sovranazionale è stato istituito nel 1983, e conta 91 membri paganti tra cui USA e UE, più una sessantina di "contraenti" non paganti. Ha già fatto danni nel 1980 con la "Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili dell'infanzia internazionale" grazie alla quale si è levata la protesta delle cd. "Madri dell'Aia" (donne che in base a questa convenzione misogina devono restituire i figli ai mariti anche se vi è stata una violenza documentata da parte dell'uomo, e la donna è fuggita al sicuro con i figli in un altro paese).
Dal 2015, "nell'interesse superiore del bambino", l'HCCH sta predisponendo una Convenzione sulla maternità surrogata e/o un Protocollo sulla genitorialità. Una prima relazione finale, discussa all'inizio di questo marzo, prospetta ipoteticamente tanti modi diversi per dare "sicurezza" e "identità" ai bambini. Ma la cosa che sembra più importante è, tuttavia, assicurarsi che la madre surrogata (e il suo partner, se ce n'è uno) scompaia e venga completamente oscurata dai "genitori committenti" - gli acquirenti di bambini.
NEL MIGLIORE INTERESSE DEI BAMBINI
Si vorrebbe la creazione di un documento chiamato "Parentage Order", che, nei paesi membri dell'HCCH, renderà genitori legali del bambino coloro che l'hanno comprato al mercato dell'utero in affitto. "Nel migliore interesse dei bambini".
E sono in tanti che cercano di sdoganare il turpe mercimonio con la scusa della tutela dei piccoli: per esempio il CHIP (Child Identity Protection), o i Servizi Sociali Internazionali (ISS), una ONG con sede a Ginevra che si occupa dei bambini rifugiati, migranti e… nati da maternità surrogata.
Nel marzo 2021, invece, un gruppo di oltre 100 "esperti" internazionali ha creato i "Principi di Verona: Principi per la tutela dei diritti del bambino nato attraverso la maternità surrogata".
I Principi di Verona sono un po' come i Principi di Yogyakarta per le persone transgender: dice la Klein che entrambi sono stati scritti da una lobby potente e non sono mai stati ratificati dalle Nazioni Unite o da altri organismi internazionali, ma sono spesso considerati come se fossero norme internazionali.
Ignorando il fatto che la maternità surrogata commerciale è legale solo in una piccolissima minoranza di paesi nel mondo, in nome della 'dignità umana', dei 'diritti fondamentali del bambino' ecc. spiegano come regolare l'utero in affitto. Le donne sono menzionate solo una volta, dove si dice che "la madre surrogata dovrebbe essere in grado di prendere decisioni indipendenti e informate libere da sfruttamento e coercizione". Il che - contratti di surrogacy alla mano - accade al massimo nel 2% dei casi di utero in affitto.
Fin qui la Klein che, come femminista, vede - giustamente - questa subdola esigenza di tutela del "best interest" del bambino come un mezzo per perpetrare lo sfruttamento delle donne che si prestano a fare le madri surrogate.
E ha pienamente ragione: la pratica dell'utero in affitto è sempre abusante nei confronti delle donne "incubatrici". Sia quando si tratta di donne povere costrette dal bisogno, sia quando si tratta di donne relativamente benestanti che lo fanno, sì per arrotondare il bilancio familiare, ma provano un sincero spirito di solidarietà nei confronti delle coppie sterili. Quindi, anche nei rari casi in cui la cd. "maternità solidale" (che vorrebbero anche qui da noi) fosse davvero gratuita (cioè senza un congruo rimborso spese) e dettata davvero solo dall'altruismo.
È infatti dimostrato che i contratti che stipulano i compratori di bambini e/o le cliniche con le surrogate sono sempre contratti capestro che impongono oneri gravosissimi sulla malcapitata, che spesso non è adeguatamente informata e non se ne rende conto (dal pesante bombardamento ormonale che deve subire, alla dieta che deve seguire, all'attività fisica che deve fare, all'aborto obbligatorio se gli embrioni che attecchiscono sono troppi o malati). La surrogata diventa una specie di schiava dei committenti, controllata a volte h 24. E ciò non avviene solo nei paesi del terzo mondo, ma anche nella "civilissima"(sic!) America del Nord.
NEL MIGLIORE INTERESSE DELLE DONNE
Non solo: le testimonianze che si raccolgono ormai dappertutto (basti vedere lo stesso sito della CBC di cui sopra) dimostrano che della salute delle portatrici non importa niente a nessuno: muoiono nell'indifferenza generale (ma non se ne parla mai, ovviamente); oppure sono costrette a curarsi da sé per problemi fisici o psichici, anche gravi, in quanto le gravidanze surrogate sono molto più rischiose delle gravidanze naturali.
Certamente anche a noi sta a cuore la tutela dei diritti e della salute delle donne.
I bambini, però, sono le prime e principali vittime di questo ignobile mercimonio.
Come accade in ogni ciclo di fecondazione artificiale - che è presupposto necessario all'utero in affitto - per ogni bambino in braccio ce ne sono 8 o 9 morti o scartati e un numero imprecisato surgelato a tempo indefinito; come per la fecondazione artificiale il rischio di nascere con "birth defects", tumori o malattie rare è molto più alto che nelle gravidanze naturali. Con l'utero in affitto, visto che i gameti del piccolo non hanno niente a che fare con la madre che lo tiene in grembo, questi rischi si moltiplicano ulteriormente.
Ad essi si aggiunge il trauma vissuto già in utero per via del cortisolo che la madre produce perché " non deve affezionarsi al figlio che ha dentro".
In più - se scampa a un eventuale aborto selettivo - il bambino subisce l'enorme trauma della separazione dal corpo che l'ha cullato: non sentirà più quell'odore, quel sapore e quella voce.
E se alla fine la "merce" presenta qualche difetto, i compratori hanno il diritto di non ritirarla. La madre surrogata difficilmente può permettersi di allevarlo e nella migliore delle ipotesi finisce in qualche istituto caritatevole.
Se invece il piccolo soddisfa i compratori, se lo portano a casa come bene su cui vantano un diritto. Il "miglior interesse" del bambino è crescere con un padre e una madre che l'hanno generato, o con due padroni che l'hanno acquistato, magari violando la legge vigente nel Paese in cui risiedono?
E allora come si fa, per quei poveri bambini che restano apolidi, o senza documenti regolari?
I servizi sociali sono tanto svelti a togliere i figli a genitori che si sospetta vagamente siano poco degni. Li tolgano a questi che hanno ottenuto il bambino con una pratica sicuramente indegna: la fila delle coppie che hanno superato i controlli e i test necessari per poter adottare è lunga. Costoro vengono selezionati non in base al loro desiderio di avere un figlio, ma in base alla loro capacità e disponibilità di dare al bambino l'amore di un padre e di una madre.
5 APR 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7361
UCRAINA (E INDIA) NON SONO PIU' LEADER MONDIALI DELL'UTERO IN AFFITTO
Dopo un anno di guerra, la Georgia sta sostituendo l'Ucraina come mercato per lo sfruttamento di donne povere
da Provita & Famiglia
Il business dei bebè si sta riorganizzando. Le ex destinazioni principali, come l'Ucraina e l'India, sono ormai escluse. Nuovi luoghi per il traffico di esseri umani stanno guadagnando importanza.
Un anno di guerra ha avuto ripercussioni sul business dei bebè in Ucraina. Le immagini che hanno fatto il giro del mondo erano sconvolgenti: genitori committenti disperati che, nonostante la guerra, cercavano di entrare in Ucraina per convincere la madre surrogata a uscire dal Paese, per portare il loro bambino (ordinato) fuori dalla zona di pericolo. Agenzie che intimavano alle madri surrogate di abortire. Madri surrogate che partorivano nei bunker. Decine di infermiere che, nei rifugi, per mesi si sono prese cura giorno e notte per gli stranieri di quei bambini che erano stati ordinati ma non ritirati. Madri in affitto che attendevano invano il compenso loro promesso, perché nei tumulti della guerra all'agenzia non c'era più nessuno che fosse contattabile.
È tempo di ripensarci? Niente affatto. La richiesta di servizi di maternità surrogata è più alta che mai, afferma Ihor Pechenoha, direttore della clinica BioTexCom. Fino allo scoppio della guerra, l'Ucraina era il secondo mercato mondiale per maternità surrogata dopo gli Stati Uniti. Ogni anno, 2.500 bambini venivano portati in grembo da madri surrogate ucraine e il 90% era ordinato da coppie straniere. Ora c'è carenza di potenziali donne disposte ad affittare il proprio corpo per partorire. "Poiché così tante donne ucraine sono andate all'estero, non ne abbiamo abbastanza per soddisfare la domanda, che dall'inizio della guerra è cresciuta", lamenta Pechenoha. L'agenzia ucraina per maternità surrogata BioTexCom vuole quindi ingaggiare come madri surrogate donne provenienti da altre ex repubbliche sovietiche.
Le donne verrebbero reclutate da zone più povere, perché almeno questo Pechenoha lo ammette: tutte quelle che lavorano come madri surrogate lo fanno per necessità economiche. "Lo fanno perché hanno bisogno di soldi per comprare una casa, per l'istruzione dei figli". La stessa BioTexCom è considerata la più grande e di maggior successo tra le numerose cliniche della fertilità in Ucraina. La clinica copre circa il 70% delle maternità surrogate in Ucraina, con un fatturato annuo di oltre dieci milioni di euro. Ciò che BioTexCom è riluttante ad ammettere: dopo la guerra, le agenzie di intermediazione si sono spostate in altri Paesi. Il Messico e alcune parti dell'America Latina hanno registrato un aumento della domanda dopo la crisi ucraina. Ormai è particolarmente attraente la Georgia, che ha leggi simili all'Ucraina ed è uno dei Paesi più economici per la maternità surrogata.
UN BUSINESS CHE VALE MILIARDI
In Georgia la maternità surrogata è stata legalizzata già nel 1997, è relativamente economica e ha poche barriere legali. Questo rende il Paese, poverissimo, attraente non solo per i clienti occidentali, ma anche per quelli indiani. In India la maternità surrogata commerciale è stata legalizzata 20 anni fa. Ora, nel 2022, è stata definitivamente vietata per gli stranieri e gli indiani, nonostante le forti proteste della lobby delle agenzie di maternità surrogata. Il modello della cosiddetta maternità surrogata altruistica è utilizzato pochisimo, in confronto. Il business multimiliardario dell'India sta crollando. Così le cliniche indiane per la fertilità stanno costruendo le loro relazioni per il commercio (di esseri umani) con la Georgia.
Il momento del divieto indiano non poteva essere migliore per la Georgia. Nel 2022, a causa della guerra, l'Ucraina è scomparsa come destinazione principale per i contratti di maternità surrogata per servire il mercato indiano. Le agenzie georgiane, in compenso, hanno già aperto filiali in India e in tutto il mondo. Per esempio, ARTbaby, un'agenzia di maternità surrogata con sede a Tbilisi, è diretta da Ravi Sharma, un indiano. Il direttore di ARTbaby è entusiasta della Georgia: "La madre surrogata non ha alcun diritto sul bambino. Né la maternità surrogata né la madre surrogata sono menzionate nel certificato di nascita. Non c'è obbligo di farsi rappresentare da un avvocato".
L'evidente entusiasmo di Sharma dice tutto. Parlare di "madri surrogate" è un eufemismo. Le donne vengono affittate solo per partorire. Tutto ciò che ci ricorda che la donna è biologicamente la madre del bambino deve essere cancellato e reso invisibile. La madre viene cancellata dalla biografia del bambino. Deve impegnarsi per contratto a consegnare il bambino ai genitori committenti. Questo ricorda il traffico di esseri umani di tempi ben bui.
Anche l'inasprimento delle leggi in Russia potrebbe alimentare il mercato della maternità surrogata in Georgia: l'8 dicembre 2022 la Russia ha approvato un divieto di maternità surrogata per clienti stranieri. Secondo il presidente della Duma di Stato, Vyacheslav Volodin, negli ultimi anni, 45.000 bambini nati da madri surrogate sono stati portati all'estero dalla Russia. Le coppie russe sposate e anche le donne russe single possono comunque continuare a realizzare il loro desiderio di avere figli con madri surrogate.
Un'occhiata alla Georgia mostra la drammaticità della situazione. Gran parte della popolazione georgiana soffre di povertà, il 35% è disoccupato, soprattutto i giovani. Molte donne sono vittime di violenza domestica e cercano rifugio nei centri di accoglienza per donne, dove le agenzie di maternità surrogata vengono a cercarle. Per liberarsi dai loro ex mariti, le donne hanno bisogno di un reddito. Ad esempio, un'agenzia di maternità surrogata ha offerto a un'impiegata di una panetteria di 32 anni uno stipendio di cinque anni; disperata, ha accettato. Mentre si nascondeva dall'ex marito violento in un centro di accoglienza per donne a Tbilisi, per paura di morire ha dato in affitto il suo utero, per diventare finanziariamente indipendente. La direttrice del centro di accoglienza per donne riferisce di dieci casi simili nel suo istituto.
CRESCE LA RESISTENZA A LIVELLO MONDIALE
Un altro esempio di metodi senza scrupoli è l'agenzia londinese New Life Global. Fondata nel 2008 dalla dottoressa georgiana Mariam Kukunashvili, offre ai clienti internazionali un bambino a basso costo. Per far ciò, New Life Global sfrutta il vuoto legislativo di molti Paesi per reclutarvi madri surrogate che portino in grembo bambini per clienti di Paesi in cui la maternità surrogata è vietata. Ora, secondo un rapporto della piattaforma di ricerca Finance Uncovered, l'azienda è nel mirino delle autorità a causa di società di comodo poco trasparenti e di sospette attività criminali. Le madri surrogate non ricevono contratti legalmente validi, i genitori possono scegliere il sesso del loro bambino. E nella filiale di New Life Global in Ucraina, i genitori committenti fino a poco tempo fa venivano informati del fatto che avrebbero dovuto ritirare solo bambini sani. I bambini nati disabili da una madre in affitto avrebbero potuto essere lasciati legalmente in un orfanotrofio a spese del governo.
La resistenza globale alla pratica dell'industria "Rent a Womb" (utero in affitto), che disprezza le donne e i bambini, sta crescendo in tutti gli schieramenti politici. Il 3 marzo 2023, 100 scienziati/e ed esperti/e di 75 Paesi di tutti i continenti hanno pubblicato la "Dichiarazione di Casablanca", in cui chiedono agli Stati di abolire in tutto il mondo la pratica della maternità surrogata. [...]
Invece di fermare questi sviluppi dello sfruttamento, l'UE sta ora progettando di facilitare il commercio transfrontaliero di neonati, permettendo a quanti pagano per il bambino di diventare i genitori legali senza difficoltà burocratiche. Con ciò si favorisce il traffico transfrontaliero di esseri umani. Quello che serve è invece un divieto internazionale della maternità surrogata. Solo così i diritti delle donne e dei bambini potrebbero essere efficacemente protetti.
17 GEN 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7277
EMBRIONI ARTIFICIALI: STA ARRIVANDO IL TRANS-UMANESIMO di Gloria Callarelli
Se avete letto "Il mondo nuovo" di Aldous Huxley non potete non rabbrividire: il nuovo progetto o "concept", dal nome "EctoLife Artificial Womb Facility" è la realizzazione dell'essere umano artificiale perfettamente descritta nel romanzo di cui sopra con la materializzazione dell'utero artificiale. Non più solo bambini in provetta: la nuova frontiera è bambini in provetta ma magari cresciuti in un incubatore artificiale. E non è un incubo ma è già nero su bianco o, per restare in tema, frame su video.
Il suo creatore è Hashem Al-Ghaili, produttore, regista e divulgatore scientifico di origine yemenita che abita a Berlino, in Germania. Biologo molecolare di professione, come si legge sul suo sito, «Hashem usa le sue conoscenze e la sua passione per la scienza per educare il pubblico attraverso i social media e i contenuti video». Ecco educare è termine significativo. 33 milioni di follower su Facebook, oltre 17 miliardi di visualizzazioni: una macchina da guerra transumanista perché i suoi video, tra un post curioso e un altro più leggero, veicolano messaggi pandigitali dove la scienza è una vera e propria fede.
Ovviamente il video sulla macchina per la gravidanza artificiale ha suscitato scandalo e clamore ma ormai il refrain lo abbiamo compreso: bene o male basta che se ne parli. Nel spiegare il progetto, Hashem Al-Ghaili è stato abbastanza esplicito: «La genetica è progredita da Dolly a oggi e andrà sempre meglio: questo è un progetto che è stato pensato per far vedere fino a dove la tecnica è arrivata oggi». Ma il punto è, al solito, che per il solo fatto che se ne parli dobbiamo cominciare a preoccuparci. Siamo già entrati nella fase "impensabile": il primo step della ormai famosa teoria di Overton.
DIVIETO MA CON QUALCHE ECCEZIONE
E vedrete che arrivare al secondo gradino, "divieto ma con qualche eccezione", sarà un attimo. «Attualmente non puoi sperimentare embrioni dopo 14 giorni - spiega - quindi è ovvio che bisogna eliminare certe restrizioni. Non è un passaggio che si può fare in pochi giorni ma direi che potremmo arrivare alla produzione in dieci, quindici anni al massimo. Ma occorre che le persone accettino questo strumento: al momento la stragrande maggioranza non è d'accordo». E grazie a Dio, potremmo veramente dire.
Infatti a farla da padrone ora è, naturalmente, lo scoglio etico che blocca qualsiasi riforma. Religione e spiritualità sono il limite più grande per questi dottor Matrix che non concepiscono la vita se non come agglomerato "di cellule": «Un bambino nell'utero artificiale avrà tutto: memoria, coscienza, come qualsiasi altro bambino. Anima o spiritualità sono concetti non scientifici: non ci sono evidenze scientifiche della presenza di un'anima in noi» si affretta a ribadire lasciando trasparire il cinismo scientifico di chi parla di esseri umani come di carne da allevamento, o se preferite, come macchine da fabbricare in serie. Eliminata l'anima, effettivamente, non resta che un involucro vuoto, commerciabile. L'importante è assicurare (l'illusione) del benessere umano eterno e di una incorruttibilità del corpo che diventa idolo. Ad ogni modo una volta che molti accetteranno l'idea transumanista (e vedrete che la propaganda farà ampiamente il suo dovere) modificare le leggi sarà solo questione di tempo. Del resto la legalizzazione è proprio l'ultimo passaggio della finestra di Overton di cui abbiamo parlato.
DALLA PADELLA ALLA BRACE
Per questi studiosi la stessa maternità surrogata (il cui problema etico non si pone minimamente, figurarsi) è già preistoria e oltre ad essere "costosa" presuppone che la donna si assoggetti alla pratica per altre donne o uomini. Quando (il se per lui è già superato) questa tecnica prenderà piede, le donne potranno «assistere alla gravidanza», controllarla. Senza fatica. Vuoi mettere la qualità del servizio dell'utero artificiale? Insomma: dalla padella alla brace.
Lo scienziato, poi, ci mette in guardia: «Noi usiamo la tecnologia per il bene: certo bisogna stare attenti che la tecnica non vada in mani sbagliate. Mercato nero di organi... ecc bisogna evitare questo». Oltre al danno, dunque, la beffa di chi si identifica innocente spostando l'attenzione su altri colpevoli.
Se pensate che nessuno asseconderà mai queste teorie folli, però, vi sbagliate: «La questione ha suscitato un tale interesse - ci fa sapere - che molti investitori si sono già fatti avanti». Ecco appunto. Se non capiamo che dobbiamo investire risorse e tempo nel combattere tali strampalate teorie, sarà dura. Il "mondo nuovo" di Huxley è dentro le parole di questo scienziato che non si inventa nulla ma solo converte il diabolico pensiero distopico in realtà: è nostro compito conoscere tutto questo e combatterlo altrimenti si materializzerà sempre più l'illusione del trionfo, le cui conseguenze le pagheremo noi, dell'uomo su Dio.
31 MAG 2022 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7024
BUNKER ALLE UCRAINE CHE AFFITTANO L'UTERO... UN VIDEO PER TRANQUILLIZZARE GLI EUROPEI
L'Ucraina è la capitale dell'utero in affitto in Europa: ecco il clamoroso video della multinazionale che sfrutta la compra vendita dei bambini (VIDEO: Riparo per i neonati)
di Lorenza Formicola
Qualche giorno prima che Putin iniziasse la sua "missione speciale" in Ucraina, la Biotexcom, colosso internazionale leader nella fecondazione assistita, pubblicava un video, tradotto in tantissime lingue, alquanto inquietante.
"Cari amici, la clinica Biotexcom è pronta a proteggere le madri surrogate, i nostri pazienti e i loro neonati anche in caso di aggressione da parte della Russia", è così che inizia il filmato mentre viene ripreso l'arrivo dei pulmini Biotexcom. Infermieri e donne con port-enfant gialli e azzurri scendono scale, per finire inghiottiti sottoterra: è il bunker antiatomico che la clinica leader nella fecondazione assistita ha costruito per tenere al sicuro la sua merce più preziosa in Ucraina. Il consulente legale della clinica, con uno sguardo e modi robotici spiega perché stanno girando il video.
IL MESSAGGIO "RASSICURANTE"
E allora una ragazza si rivolge alla telecamera e inizia il tour, indica il bagno, le scatole del pronto soccorso, i sacchi a pelo, cibo in scatola, gli scaffali pieni e ordinati, stoviglie, tovaglioli, pannolini, le maschere antigas e le istruzioni per indossarle. "Il rifugio può ospitare 200 persone con tutti i comfort", assicura mostrando una zona tappezzata da sacchi a pelo militari, letti materassi, "ecco tutto ciò che è necessario per un soggiorno confortevole": "coperte, vestiti per i neonati, perché tutti abbiano il comfort necessario", sullo sfondo si vedono le culle per i neonati e i lettini "per i bambini un po' più grandi". Le telecamere inquadrano bambini che bevono dal biberon, sereni, in braccio alle infermiere, mentre la ragazza mostra un fornelletto per cucinare "cibo caldo, tutto quello che vuoi". Nel magazzino traboccante del necessario per la sopravvivenza viene mostrata solo un'uscita di emergenza. "Non possiamo fornirvi un servizio vip nel bunker, una cucina da chef e letti morbidi, ma possiamo garantirvi la sicurezza in qualsiasi situazione". Si vedono coppie che riprendono il rifugio e si scattano qualche foto. Ai committenti a casa viene assicurato che hanno già esperienza di gestione di una crisi simile (quella del 2014) bisogna stare sereni, "vi chiediamo di mantenere la calma e stare sicuri che Biotexcom è pronta a garantire la vostra sicurezza". Quella dei bambini comprati, s'intende.
KIEV CAPITALE DELL'UTERO IN AFFITTO IN EUROPA
Il video del colosso dell'utero in affitto s'era reso necessario, infatti, per rasserenare il mercato internazionale: che fine faranno i bambini ordinati e le madri surrogate con la guerra? E allora ecco il video dell'esercitazione e del trasferimento di surrogate.
Sono almeno dieci giorni che centinaia di avvocati, diplomatici, genitori, da tutto il mondo, sono al lavoro per difendere i propri interessi e fronteggiare la prima crisi internazionale della maternità surrogata.
L'Ucraina, infatti, è la capitale dell'utero in affitto in Europa e questo business, tra i tanti, è stato messo in pericolo dalla guerra. È la seconda destinazione più popolare dopo gli Stati Uniti (Michigan e la Louisiana restano gli unici Stati in America a proibire la maternità surrogata dietro compenso): si stima che circa 2.000-2.500 bambini nascano ogni anno attraverso la maternità surrogata in Ucraina, e almeno 1.500 coppie che vivono in Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Australia e Francia hanno embrioni conservati in cliniche ucraine.
Vi ricordate la coppia di italiani che, lo scorso autunno, dopo aver firmato un contratto con una madre surrogata e aver assemblato, stoccato, comprato la bambina, la abbandonò, perché non avevano più voglia di essere genitori? Avevano fatto tutto a Kiev. È quello il mercato più florido, più ambito.
In Ucraina ci sono oltre trentatré cliniche private e cinque cliniche statali. E nei giorni scorsi, la Biotexcom s'è vista costretta a rispondere a quanti si dicevano pronti a raggiungere l'Ucraina per mettere in salvo i loro preziosi embrioni e i feti che crescevano nelle pance delle donne contrattualizzate: "In tanti state esprimendo il desiderio di portare urgentemente le madri surrogate al confine e far partorire i bambini all'estero. Ma vi avvisiamo! Dare alla luce il bambino al di fuori dell'Ucraina è reato e avrà conseguenze legali: la surrogata sarà considerata sua madre e il tentativo di far nascere il bambino sarà considerato traffico di minori, non sarete mai i genitori del vostro bambino".
26 APR 2022 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6985
CERCASI DISPERATAMENTE UTERI IN AFFITTO di Raffaella Frullone
Cercasi disperatamente surrogate. Il titolo campeggiava qualche giorno fa nientepopodimeno che sulla home page del New York Times. Il lungo articolo parte raccontando la storia di Charlie «e suo marito» che stanno aspettando da 15 mesi la loro "surrogata" quando l'agenzia con cui hanno siglato il contratto aveva parlato di «una attesa di sei mesi al massimo». Un disservizio non da poco... I due uomini hanno già effettuato l'inseminazione artificiale attraverso gli ovuli di una donna cosiddetta donatrice (in realtà pagata per questo "servizio") ed erano alla ricerca di una donna che si fosse resa disponibile per la gestazione, una surrogata appunto. E siccome non la trovano, scrive il New York Times, sono disposti ad alzare la posta in gioco, 50mila dollari al posto di 35mila, più extra per i vestiti, gli spostamenti e altre amenità. Chi offre di più?
Secondo il quotidiano americano nella stessa "situazione" ci sarebbero «migliaia di aspiranti genitori» negli ultimi anni a causa della pandemia, si è registrata una diminuzione di circa il 60% delle potenziali "madri surrogate", i tempi di attesa sono raddoppiati e i costi sono aumentati sensibilmente. Ogni tanto una bella notizia, verrebbe da dire.
Tra le motivazioni di questo calo, rileva il Nyt c'è il vaccino anti Covid. Nel contratto che le parti in causa firmano - i committenti che richiedono il bambino e la mamma gestante che porta avanti la gravidanza - ci sono sempre state molte limitazioni della libertà della donna stessa, che per contratto è tenuta ad osservare una determinata dieta, stile di vita ecc. Ora però il contratto prevede la vaccinazione anti Covid che molte potenziali surrogate non sono disposte a fare. Non solo. Nei contratti viene ora richiesto di non viaggiare oppure di partecipare, per tutta la durata della gravidanza, a grandi eventi o raduni pubblici, scenario che, dopo due anni di lockdown, ha evidentemente scoraggiato anche chi ha molto bisogno di soldi. Inoltre pare che il periodo della pandemia abbia portato molte donne a ridefinire le priorità e molte scelgono di non mettersi più a disposizione per questa pratica.
Il Nyt riporta con rammarico che le coppie di "aspiranti genitori" sono così sfortunate da non poter contare su quella che è sempre stata la più economica opzione B, ovvero l'Ucraina, a causa del conflitto in corso. Un bel problema, le americane non sembrano più così disposte a farsi schiavizzare e nemmeno in Ucraina si può più rimediare. E dunque le agenzie corrono ai ripari, spingendo più sul marketing, aumentando compensi, offrendo premi extra a chi si vaccina, insomma ricchi premi e cotillons.
Sempre utile poi è raccontare le storie "positive". Come quella di Amir «e suo marito», che sono al terzo bambino commissionato ottenuto tramite utero in affitto.
Scrive sempre il Nyt: «Hanno pagato circa $ 200.000 in totale per la loro prima maternità surrogata nel 2017: $ 35.000 per le spese di screening delle donatori di ovociti, una donazione di ovociti, l'assicurazione per la donazione di ovociti, la quota dell'agenzia di donazione, le spese di viaggio e le spese legali; $ 35.000 per la fecondazione in vitro, che includeva il recupero degli ovuli, la creazione degli embrioni e il trasferimento dell'embrione; e più di $ 120.000 per il processo di maternità surrogata, che includeva un compenso di $ 35.000 per la surrogata, più le spese di agenzia surrogata, l'assicurazione per la surrogata, le spese legali, lo screening, le spese di viaggio e altre varie. La seconda volta, a settembre 2020, hanno pagato $ 150.000, utilizzando un'agenzia diversa».
Nessuno pensa minimamente ai bambini, o anche "solo" alle donne utilizzate come forni. L'importante è risolvere il problema della carenza di prodotto sul mercato. È l'Occidente, bellezza.
Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Raffaella Frullone, nell'articolo seguente dal titolo "8 marzo per le donne ucraine, ma non si parla di utero in affitto" parla della situazione delle donne in ucraina e dei loro bambini.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul Sito del Timone il 9 marzo 2022:
E così anche questo 8 marzo è passato, con il suo carico di retorica, finte rivendicazioni, strumentalizzazioni e pseudo battaglie fuori tempo massimo. Il tutto condito da mazzi di mimose ovunque. [...] La variante sul tema, quest'anno, ça va sans dire, era l'Ucraina, e dunque già il giorno precedente il Ministro per le Pari opportunità Elena Bonetti ci aveva tenuto a specificare che questo 8 marzo sarebbe stato per loro, «per le donne ucraine».
E infatti ieri nel suo discorso al Quirinale ha affermato: «L'8 marzo nasce come universo di storie e lo è anche oggi: un popolo di volti e di nomi. [...] Oggi, quelli delle nostre sorelle ucraine, così coraggiose, cui voglio dire: noi siamo con voi, al fianco della vostra storia e delle vostre storie. Sono le nostre storie che ci fanno rinascere quando siamo laceri, feriti, persino distrutti. Storie che, ogni giorno a rischio della propria vita, le donne raccontano da giornaliste o soccorrono da volontarie o proteggono al servizio dello Stato. Tutti questi volti, li portiamo nel cuore».
Chissà se tra le donne ucraine a cui il ministro pensa in questo 8 marzo ci sono anche le cosiddette madri surrogate, ovvero quelle migliaia di donne ucraine che ogni anno vengono sfruttate per portare avanti su commissione gravidanze per cittadini stranieri, prevalentemente occidentali, ma non solo, a cui cedono il bambino dietro compenso di denaro.
Sì perché l'Ucraina - in pochi lo stanno ricordando in questi giorni - è un hub internazionale dell'utero in affitto, uno dei pochi Paesi al mondo che consente agli stranieri di stipulare veri e propri contratti per "ottenere" un figlio da una gestante. Ciò significa che persone provenienti da Stati Uniti, Germania o Australia, ma anche dall'Italia, possono semplicemente andare e acquistare un bambino. E se i termini vi sembrano eccessivi beh, basta andare a vedere direttamente come vengono presentati questi "servizi" dalle agenzie per la cosiddetta surrogacy che si trovano prevalentemente a Kiev, la più nota delle quali è la Biotex di cui abbiamo parlato diverse volte. In Ucraina i prezzi sono più convenienti della scintillante California, dove l'operazione "bambino in mano" può arrivare a costare oltre i centocinquantamila euro, le donne ucraine sono pagate molto meno dalle loro "colleghe" californiane e quindi il prezzo scende di molto. Ce la si può cavare con circa quarantamila euro, a seconda del "pacchetto" scelto.
Eccolo un simbolo dell'occidentalizzazione ucraina, piccolo ma significativo. La reificazione dei bambini che diventano merce e lo sfruttamento delle donne ridotte ad apparati riproduttivi per altri. Il tutto per guadagnare qualche migliaia di euro insieme all'illusione - che poi verrà tradita - di una vita migliore. Che ne è di loro in queste ore? Che ne è del "corpo è mio è lo gestisco io" quando tu, il corpo, la donna, vorresti fuggire da un Paese sotto attacco ma un contratto che hai firmato come "surrogata" ti vincola a un altro corpo, quello che porti in grembo, e a restare in un determinato posto? E quando questo posto magari è un bunker anti missile nel quale sei costretta a rifugiarti e quindi ad allontanarti dalla tua famiglia che non si sa quando e se rivedrai. Che ne è di queste donne? E degli embrioni occidentali congelati in attesa di impianto, piccole vite dimenticate, che ne sarà? Nessuno se lo chiede, nemmeno quell'Occidente che pure a parole dice di aver a cuore le donne ucraine.
Anche la Russia, oggi vista come contraltare all'Ucraina, non è stata risparmiata dalla penetrazione di questo business disumano. Anche lì l'utero in affitto è stato legalizzato, per giunta da tempo, nel 1993, con Eltsin, ai tempi del far west delle liberalizzazioni. Businnes is businnes. E oggi a Mosca ci sono agenzie che realizzano la maternità surrogata - seppur con limitazioni - da oltre vent'anni. Perché il mondo non è diviso in blocchi monolitici, il male è trasversale, la realtà è molto più complessa di come ce la presentano. E non esiste l'Impero del bene, non su questa terra, si intende.
8 MAR 2022 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6920
LA GUERRA E GLI UTERI IN AFFITTO IN UCRAINA di Caterina Giojelli
«Oh mio Dio, ce l'abbiamo fatta». Emozionati, Jacob e Jessie Boeckmann sorridono a telecamere e obiettivi, tutti, dalla Cnn al Los Angeles Times, vogliono intervistarli con il loro prezioso fagotto in braccio: Vivian, venuta alla luce quattro giorni prima che cadessero le bombe su Kiev.
La coppia americana racconta di non aver perso un secondo: svegliati dalle esplosioni, sfidando l'ospedale che non voleva firmare loro le dimissioni della piccola che aveva avuto qualche problema a prendere il latte, hanno caricato la bambina in macchina, viaggiato per 27 ore fino al confine con la Polonia, percorso le ultime otto miglia a piedi sotto la neve tra le auto bloccate in coda. Fino alla frontiera, dove grazie all'intervento telefonico dell'ambasciata americana i due si sono lasciati alle spalle migliaia di donne e bambini premuti sui cancelli chiusi.
I due ricordano quella marcia terribile, la morsa del gelo, il terrore che Vivian morisse, le suppliche alle guardie perché Jacob che era stato trattenuto (nessun uomo tra i 18 e i 60 può lasciare il paese) potesse allungare la borsa dei biberon a Jessie, già sul suolo polacco, gli sguardi di "disapprovazione" delle profughe anziane e l'arrivo alla stazione, «è stato uno spettacolo molto triste vedere così tante donne e bambini separate dai loro padri, dai loro mariti e dai loro fratelli».
MIGLIAIA DI MADRI INVISIBILI
Già, il dramma della separazione. A questo proposito qualche giornalista a fine servizio chiede molto discretamente come sta la madre della bambina. Che domanda impertinente da rivolgere a due che hanno rischiato la vita per prelevare la seconda figlia commissionata, come la prima, a una surrogata ucraina, una donna che non aveva consegnato la figlia alla presunta data del parto, quella del giorno di San Valentino. I medici avevano spiegato ai genitori intenzionali che la bambina aveva bisogno di "più tempo" in pancia, e si erano assolutamente rifiutati di indurre il parto come supplicato da Jacob e Jessie affinché la bambina nascesse il prima possibile e i tre potessero lasciare quel posto in cui la guerra era imminente.
Finalmente Lilya, la loro surrogata, aveva "consegnato" Vivian: non c'era il foglio di dimissioni ma il certificato di nascita sì, tanto era bastato per permettere alla coppia di lasciare immediatamente l'Ucraina. Quanto a Lilya, «è al sicuro, a casa, con i suoi due figli e il marito che però vuole andare a combattere contro i russi», tagliano corto gli americani. Il suo ultimo messaggio risale a lunedì, «ci hanno sparato addosso violentemente. Abbiamo costantemente paura», si legge nel testo, «Abbiamo paura di quello che accadrà dopo».
Lilya è una madre invisibile. Peggio, una donna a cui non è riconosciuto nemmeno lo status di mamma o la tristezza di una separazione. Vista da Jacob e Jessie non sarà mai come quelle madri strappate ai loro mariti, o padri strappati ai loro figli dalla guerra alla frontiera. Perché Lilya è stata pagata, il suo utero è stato affittato. A dirla tutta, nella storia di Jacob e Jessie, Lilya non è che una intrusa. Come lo sono le centinaia di surrogate di cui diamo per scontata l'esistenza e di cui non vogliamo sapere nulla, perché guasterebbero la crosta del sentimento con il quale, dal Regno Unito alla Francia, dall'Irlanda agli Stati Uniti, cercano di venderci i racconti di chi «ce l'ha fatta», «siamo tornati con nostra figlia».
La quantità di genitori intenzionali in fuga dall'Ucraina con i neonati acquistati, pronti a raccontare alla stampa e alla tv il loro avventuroso viaggio per mettersi in salvo dalla guerra, deve tuttavia avere costretto i giornali a riflettere sulla portata del business alimentato da oltre 33 cliniche private e 5 cliniche statali. «Non si sa quanti bambini nascano in Ucraina attraverso la maternità surrogata, forse 2.500 all'anno - scrive l'Atlantic -. BioTexCom, una grande clinica per la fertilità con sede a Kiev, mi ha confermato che nei prossimi tre mesi nasceranno circa 200 bambini surrogati».
IL CIECO EGOISMO DEGLI AFFITTAUTERI
Già, la BioTexCom, quella del "Make Babies, not War" di cui Tempi ha già scritto, che orgogliosa girava filmati per i suoi clienti dal bunker antiatomico costruito vicino alla clinica dove «i vostri neonati saranno al sicuro». Nei giorni scorsi sui social del colosso della surrogata si leggevano messaggi perentori ai genitori intenzionali tedeschi in procinto di raggiungere l'Ucraina per mettere in salvo i loro preziosi embrioni e i feti che crescevano nelle pance delle donne contrattualizzate: «Molti genitori stanno esprimendo il desiderio di portare urgentemente le loro madri surrogate al confine e fare partorire il loro bambino all'estero. Ma vi avvisiamo! Dare alla luce il bambino al di fuori dell'Ucraina non è legale e avrà conseguenze legali: la surrogata sarà considerata sua madre e il tentativo di far nascere il bambino sarà considerato traffico di minori, non sarete mai i genitori del vostro bambino», scrive il personale della clinica. I procacciatori di uteri schiaffeggiati dalla guerra schiaffeggiano i clienti: sotto il cotone idrofilo usato per ammantare l'operazione, la madre di un figlio comprato resta colei che l'ha partorito.
Quanto alle surrogate, prima che le cose precipitassero la Delivering Dreams aveva deciso di trasferirle a Leopoli, e loro avevano obbedito, «ci mancano i nostri bambini, spero che torneremo a Kiev il prima possibile», messaggiavano alla giornalista dell'Atlantic. Sappiamo tutti cosa è successo dopo a Kiev.
È successo anche che una guerra mostruosa abbia sventrato la crosta di una industria avida di denaro e alimentata dall'avidità di occidentali che non sanno vedere al di là del proprio desiderio personale, «non una parola, non una sentenza per queste "madri surrogate" la cui temporanea sopravvivenza è solo sperata perché consegnino la merce ordinata, e che possano poi tornare al loro destino, ancora più tragico di quello dell'indigenza finanziaria che le ha spinte a portare un figlio per altri al fine di nutrire il proprio». Lo ha scritto magnificamente Céline Revel-Dumas sul Figaro.
Per l'autrice di Gpa. Le Grand Bluff è una indecenza che mentre arrivano le immagini feroci di morte e terrore dall'Ucraina, le committenti francesi lancino appelli in tv perché il governo si dia una mossa a rimpatriarle quanto prima con «il loro bambino» rivolgendo un pensiero ai genitori meno fortunati che non potranno «recuperarlo» in questi giorni. «La copertura mediatica delle coppie che ricorrono alla maternità surrogata in Ucraina mentre la guerra scoppia con una violenza senza precedenti è rivelatrice. La meccanica di fondo della maternità surrogata, di un cinismo implacabile, appare ora in piena luce: rivela un mercato senza fede né legge, donne ridotte in schiavitù e poi gettate via, coppie benestanti ossessionate dai propri interessi e media che riescono, nella tragica attualità, a vendere un programma politico, rinunciando a ogni etica. Tale è la morale della guerra: distruggi l'illusione, rivela l'orrore, scegli una pace razionale. C'è anche altro da sperare, una pace del ventre».
29 DIC 2020 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6414
LA SQUALLIDA CERIMONIA DELLA CONSEGNA DEI BIMBI NATI DA UTERO IN AFFITTO BLOCCATI IN UCRAINA DAL CORONAVIRUS
Lo straziante epilogo della storia dei neonati che a causa del lockdown attendevano di essere ritirati da chi li aveva ordinati e pagati in internet (VIDEO: i bambini prodotti in Ucraina)
di Caterina Giojelli
Il tenore che cantava l'inno argentino e spagnolo, le coppie in piedi con la mano sul cuore, le telecamere, i flash, i palloncini. Poi, una ad una, le infermiere avevano sfilato con i bebè in braccio tra gli applausi, consegnandoli ai rispettivi genitori-committenti. I piccoli, immobili, gli occhi ancora chiusi, lasciati nelle braccia di perfetti sconosciuti in mascherina, venivano baciati sulle guance, fotografati, infilati nei selfie, mentre gli adulti coi loro preziosi fagotti in mano, qualcuno accanto a figli più grandicelli, rispondevano alle domande dei giornalisti. Così all'hotel Venezia di Kiev, andava in onda il sequel del video diffuso a maggio dalla Biotexcom. Una vera e propria cerimonia di "consegna figli" come coppe, medaglie e onorificenze al merito.
Per Andreo Díez era arrivato finalmente il "lieto fine": a inizio giugno insieme al marito Ferdinando Montero e ad altre otto coppie argentine aveva ottenuto il nullaosta dal governo per volare a Kiev e recuperare i bambini commissionati alle madri surrogate al soldo della clinica ucraina Biotexcom. E come nei film, alcuni di quei 46 neonati (ora sono 125) esposti in cullette trasparenti che risplendevano alla luce dei lampadari della sala da ricevimento dell'hotel Venezia, avrebbero incontrato i genitori-committenti provenienti da Argentina e Spagna e impossibilitati a ritirarli alla nascita a causa del lockdown.
Neonati come Ignacio, che, nel video diffuso dalla Biotexcom, Díez ha abbracciato e baciato tra gli scatti dei fotografi invitati alla cerimonia mediatica. Poco importa come fossero venuti al mondo, l'importante era sottolineare con la forza di nuove immagini la tenacia dei genitori-intenzionali argentini, che grazie all'aiuto di un dirigente d'azienda, Ricardo Fernández Núñez, che aveva procurato loro un aereo, avevano raggiunto Kiev, aderendo a tutte le norme igienico-sanitarie, erano restati in quarantena per dieci giorni e solo dopo essere risultati negativi a Covid-19 avevano potuto precipitarsi all'hotel Venezia. Racconta il Buenos Aires Times, che guardando Ignacio negli occhi Díez ha sentito una "connessione istantanea, un amore mai provato prima: d'incanto i nove anni passati a cercare di avere un figlio e il terrore di Covid-19 erano scomparsi, "ora possiamo fare piani per il futuro. È una cosa magica".
RITIRARE L'ORDINE IN UCRAINA
A metà giugno 31 coppie avevano già ritirato il loro bambino, altre 88 erano attese da Cina, Stati Uniti, Argentina, Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Germania, Bulgaria, Romania, Austria, Messico e Portogallo in Ucraina. Dove il coronavirus ha inceppato un meccanismo collaudato: statistiche ufficiali non esistono ma gli esperti assicurano che fino a tremila genitori stranieri lasciano ogni anno il paese con un figlio nuovo di zecca in braccio. Un mercato dei figli che come tutte le forme di business e commercio ha i suoi problemi di regole, abusi, corruzione. Quello che le immagini e la magia di uno sguardo intercettato dalle telecamere e ben confezionato sul canale Youtube della Biotexcom non racconta, lo ha però raccontato il Guardian.
Non si dice che l'hotel Venezia alla periferia di Kiev, è protetto da mura esterne e filo spinato. Che in un paese a corto di liquidità, dove il salario medio è salito dai circa 100 euro al mese del 2014 ai 330 attuali, le donne più povere, specie delle aree rurali, fanno la fila per portare avanti una gravidanza per altri e intascarsi in nove mesi circa tre anni di stipendio: undicimila euro circa di un pacchetto di maternità surrogata che non costa meno di 27 mila euro. Sempre che si riesca ad ottenere la cifra pattuita: Liudmyla, che vive a Vinnytsia, sta ancora aspettando il saldo per la gravidanza di una bambina consegnata a una coppia tedesca a febbraio. Lavora per una clinica concorrente della Biotexcom, ha ricevuto il trasferimento di embrioni a Kiev e, come da ordini dei committenti, ha partorito in Polonia - dove la surrogazione di maternità è vietata - perché la piccola fosse registrata lì. Ha acconsentito a portare avanti due gravidanze per conto terzi per potersi permettere un appartamento per sé e i suoi tre figli, la prima trascorsa in terapia intensiva: ma la pubblicità incessante di cliniche e agenzie che anche oggi promettono soldi facili sui mezzi pubblici, sui giornali e nei social network l'aveva convinta a rimettersi in gioco. Ora ha ricevuto solo metà del suo compenso.
TETIANA, QUATTRO EMBRIONI, UN ORDINE SOLO
Tetiana Shulzhynska cerca invece di dissuadere le donne come Liudmyla: da anni monitora e scrive ai gruppi di promozione della surrogata raccontando alle donne che il sogno dorato dell'utero in affitto diventerà in fretta un incubo per chi ci crede, "Proteggono solo i figli dei committenti, di noi a loro non importa nulla". Tetiana vive a Chernihiv, nel 2013 aveva un disperato bisogno di soldi per sé, per i suoi due bambini e per ripianare i debiti con la banca: la Biotexcom le aveva dovuto pagare perfino il biglietto per Kiev. Qui si era messa "al lavoro" come portatrice di una coppia italiana scontrandosi immediatamente con quello che le telecamere non dicono e non diranno mai: in seguito ai trasferimenti, quattro embrioni avevano iniziato a vivere nel ventre di Tetiana. La coppia però uno ne aveva ordinato e uno ne avrebbe portato a casa: la clinica asportò chirurgicamente gli embrioni in eccesso.
Nel maggio del 2014 Tetiana diede quindi alla luce una bambina in cambio di novemila euro. Sette mesi dopo tornò in ospedale con fortissimi dolori addominali: cancro alla cervice uterina fu la diagnosi. La donna ci mise un anno per poter raccogliere fondi per affrontare un intervento chirurgico e salvarsi la vita. Troppo tardi, il cancro era già diffuso: i medici, le hanno spiegato oggi, dovranno amputarle una gamba. Secondo la donna, che nel 2015 ha denunciato per danni alla salute la Biotexcom, cancro e trattamenti per la surrogazione sono collegati. Non ha prove, ma non è l'unica ad essersi rivolta alla giustizia facendo partire indagini contro la clinica: altre tre madri surrogate hanno subito isterectomie subito dopo il parto.
SCAMBI DI EMBRIONI E FIGLI RIPUDIATI
Non sono le uniche indagini aperte: nel 2016 Biotexcom viene accusata di traffico di esseri umani. È una coppia italiana a rivolgersi al tribunale quando scopre che i bambini portati a casa dall'Ucraina non sono geneticamente imparentati con loro. I piccoli, nati nel 2011, sono stati messi in adozione. In almeno altri tre casi i genitori intenzionali hanno ripudiato i bambini commissionati scoprendo che avevano problemi di salute. Bridget, "figlia" di una coppia di americani, è nata nel 2016 e ora vive in un orfanotrofio a Zaporizia, nell'Ucraina orientale. La clinica ha bollato "assurdità" accuse come quelle di Tetiana, scaricando la colpa sugli ospedali e affermando che in caso di rimozione dell'utero si sono sempre prodigati in risarcimenti. E che se ci sono stati "scambi di embrioni" nel 2011, questo era dovuto all'inesperienza delle clinica che allora aveva solo un anno di vita, "non penso che siamo stati solo noi a fare errori qui. Se qualcuno inizia a controllare il dna ci saranno molti scandali", ha detto Albert Tochilovsky, attuale patron di Biotexcom.
A lamentarsi di venire "trattate come oggetti di proprietà" sono le stesse surrogate: l'ong Strenght of mothers racconta di donne obbligate per contratto a impianti di embrioni continui per un anno intero prima di riuscire a restare incinte, gli avvocati de La Strada Ucraina dicono di ricevere un centinaio di telefonate all'anno da madri devastate dalla vendita dei bambini portati in grembo o dagli ormoni assunti a quintali per migliorare le possibilità di restare incinta. Qualcuna ha anche tentato la fuga, provando a nascondersi con il figlio partorito per non separarsene. Qualcun'altra ha adottato il piccolo rifiutato da committenti all'ultimo momento perché "difettoso".
Di tutte queste cose non si parla, il giro d'affari è una manna per il paese. Ci pensi chi invoca maggiori tutele e un quadro giuridico per regolarizzare la pratica: nessuna legge che trasformi il diritto in un grottesco strumento di abuso da parte di chi ha il portafoglio pieno potrà edulcorare le distorsioni di un mercato costruito sulla barbarie dell'utero in affitto, il desiderio del committente, il bisogno della surrogata, il figlio da consegnare come una medaglia al merito nella sala da ricevimento di un hotel protetto da filo spinato. Pensino a chi non finirà su Youtube o in un post di Instagram parlando di "magia e amore", pensino a Tetiana con la sua gamba amputata e alla piccola Bridget, partorita da una donna proveniente dalle zone devastate dalla guerra vicine a Donetsk, piena di disabilità e abbandonata dai committenti americani. È davvero questo il prezzo da pagare per fingere di rendere accettabile una pratica fondata sullo squallore del contratto di maternità surrogata?
Nota di BastaBugie: ecco il video (durata: 2 minuti) dal titolo "Ucraina, i bambini che aspettano i loro genitori" di un servizio televisivo di maggio 2020 che parlava della straziante storia dei 46 neonati che durante il lockdown attendevano di essere ritirati da chi li aveva ordinati e pagati in internet. Dopo il video si può leggere l'articolo di Costanza Miriano che lo commentava cliccando sul link.
https://www.youtube.com/watch?v=SJCAkBJtA18
IL TERRIFICANTE VIDEO DEI BIMBI NATI DA UTERO IN AFFITTO BLOCCATI IN UCRAINA DAL CORONAVIRUS
15 DIC 2020 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6401
LA BAMBINA PIU' VECCHIA DEL MONDO HA 27 ANNI
Non è un indovinello, bensì una triste realtà: Molly è nata nel 2020, ma era stata concepita nel 1992 (rimanendo in un congelatore per quasi trent'anni)
di Tommaso Scandroglio
È la bambina più vecchia del mondo. Ha 27 anni e non è una giovane donna, bensì una bambina, anzi una neonata. Non è un ozioso indovinello, bensì una realtà. Stiamo parlando di Molly, nata nell'ottobre del 2020, ma concepita nel 1992 e poi rimasta in un congelatore per quasi 30 anni. Un record.
Al National Embryo Donation Center, una organizzazione senza scopo di lucro che scongela gli embrioni abbandonati e li dona a coppie che poi decidono di "adottarli", si rivolgono Tina e Ben Gibson, coppia residente nel Tennessee (USA), i quali non riuscivano ad avere figli. Molly viene così scongelata e impiantata nell'utero di Tina.
Ma la vicenda, tra il bizzarro e l'horror, non finisce qui. Infatti la coppia statunitense già nel 2017 aveva fatto scongelare un embrione vecchio di 25 anni. E non un embrione qualsiasi, bensì la sorella gemella di Molly di nome Emma. Infatti una coppia anonima nel 1992 aveva lasciato nel congelatore ben quattro embrioni, di cui due sono venuti alla luce e gli altri, così pare, rimangono ancora in azoto liquido. I cortocircuiti in questa storia non si contano. Ad esempio Tina ha 29 anni: una madre adottiva più vecchia della figlia di un solo anno e mezzo. Quando nel 2017 nacque Emma, Tina dichiarò alla Cnn: «Vi rendete conto che io e questo embrione avremmo potuto essere le migliori amiche?». Infatti quando Emma fu concepita, al pari di Molly, la signora Tina aveva solo un anno e mezzo.
Ma i paradossi non finiscono qui. Molly è coetanea della sorella Emma, ma fisiologicamente sarà più giovane di 3 anni. Due gemelle di età (fisiologica) differente. Molly guardando la sorella potrà vedere come sarà lei stessa tra tre anni. Il senso di vertigine che potrebbe prendere il lettore è sintomo di essere portatore sano di buon senso.
Curioso poi il nome scelto: Molly che per assonanza ricorda Dolly, la prima pecora clonata. Un'analogia fonetica di cui, certamente, non si sono accorti i coniugi Gibson, ma che rimane comunque suggestiva e simbolica: la manipolazione procreativa sugli animali da tempo si è trasferita sull'uomo. La persona non si genera più, ma può essere anche prodotta. Se è un prodotto questo può rimanere stoccato per anni nei magazzini. Inoltre la coppia di gemelle che hanno i medesimi genitori biologici e la medesima gestante - ulteriore schizofrenia delle pratiche in provetta - verranno cresciute insieme. Ciò potrebbe essere un bene, ma questo particolare non dissipa una certa fastidiosa sensazione: Emma e Molly sembrano una coppia di comò che non possono venire venduti scompagnati.
La reificazione del nascituro voluta per soddisfare i desideri delle coppie viola le leggi di natura e non solo quelle che riguardano la procreazione, ma anche quelle che riguardano la genitorialità e i rapporti tra fratelli, addirittura infrangono alcune leggi che presiedono alle tempistiche che regolano la fertilità e alla distanza temporale tra l'età dei parenti. Infatti, relativamente al primo caso, tra il concepimento e la nascita non intercorrono più nove mesi circa, ma possono passare anche anni, decenni. Sul secondo aspetto, ci troviamo di fronte a "figli" quasi coetanei dei loro "genitori" (e, in futuro, più vecchi di costoro) e gemelli con "età" differente. I limiti temporali vengono travalicati, anzi stravolti. L'armonia che lega rapporto d'amore tra i coniugi, concepimento, gestazione, filiazione, genitorialità e rapporto tra fratelli viene frantumata, dissolta, frammentata in tutte le componenti di cui è composta e che dovrebbero essere tra loro unite. La vicenda della povera Molly è quindi amaramente paradigmatica del fenomeno della disintegrazione delle leggi di natura volute da Dio.
Titolo originale: La bambina più vecchia del mondo, è una nuova offesa a Dio e alla sua legge
Fonte: Corrispondenza Romana, 9 Dicembre 2020
Pubblicato su BastaBugie n. 695
18 AGO 2020 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6241
BAMBINI IN VENDITA IN ITALIA A 8.995 EURO di Raffaella Frullone
Il primo impatto fa pensare a uno scherzo. L'advertising compare così, tra i contenuti proposti da Facebook, come tanti, come fosse un profumo, una palestra a cui iscriversi, un prodotto da supermercato.
Ma qui il "prodotto" proposto è... un essere umano. La fotografia mostra un bimbo di pochi mesi sdraiato su un divano, jeans, sneakers, bretelle e occhiali da sole. Sulla destra un bollino con scritto: «A partire da 8.995 euro» e accanto: «Il tuo transfer embrionario in Italia. Garanzia di gravidanza e nascita». A questo punto qualunque persona abbia conservato un minimo di buon senso pensa ad un meme di cattivo gusto, a un fake, come si dice oggi, e invece no. Il contenuto esiste veramente ed è della pagina Fiv Milano, accompagnato da poche righe: «La tua clinica di eterologa in Lombardia. In un momento ancora così incerto abbiamo la soluzione per te. Fiv Milano non lascia soli e da oggi sarà possibile realizzare i transfer anche in Italia. La tranquillità di sapere che insieme a noi ce la farai». Sulla pagina Facebook collegata, nella presentazione, si legge: «Nuovo concetto di clinica di riproduzione assistita, un gruppo multidisciplinare di professionisti uniti ad un unico fine, raggiungere la tua maternità».
I DESIDERI DIVENTANO DIRITTI
Evidentemente il «nuovo concetto di clinica» prevede che un bambino possa essere pubblicizzato e soprattutto tariffato come fosse un prodotto in saldo. Con tanto di prezzo in promozione.
È il progresso, bellezza, dove i desideri diventano diritti. Il desiderio di avere un bambino come quello di non averlo, desiderio che passa sopra alla più indifesa delle vite, che adesso in Italia può essere eliminata con una pillola anche fuori dall'ospedale, a casa o in qualunque altro luogo si trovi la madre, in modo che quella vita sia la meno visibile possibile per la società intera, solo perché ha avuto la "sfortuna" di essere generata dentro il ventre di una donna che "non lo desidera", per i motivi più diversi. È sempre comunque il desiderio che ha la meglio, sia quando il bambino lo si vuole, sia quando non lo si vuole. Come se fosse appunto un prodotto, come se avesse un prezzo.
Non stupisce che qualche giorno fa il quotidiano britannico Times abbia pubblicato un articolo dal titolo «Possiamo e dobbiamo dare un prezzo alla vita umana», occhiello: «Questa pandemia ha messo a fuoco una questione che i cristiani da secoli ci spingono a eludere».
TUTTO POSSIBILE
Nell'articolo Matthew Parris sostiene che sia «del tutto possibile che, con il senno di poi, arriveremo a capire che le misure per controllare la diffusione del virus abbiano accorciato o terminato più vite nel lungo periodo di quante ne abbiano salvate nel breve periodo». Di fatto, secondo l'editorialista, tendiamo a far prevalere il nostro lato emotivo quando, più o meno inconsciamente, preferiamo salvare persone, anziane o fragili, che percepiamo in pericolo in questo momento, piuttosto che pensare ad una persona astratta che non conosciamo e che potrebbe aver bisogno di essere salvata domani. Secondo Parris questo di fatto costituisce il presupposto di un compromesso che siamo chiamati ad accettare, ovvero che le vite valgono in maniera diversa, e quindi anche... costano diversamente. Concetto che già oggi viene concretizzato nel modus operandi di diversi sistemi sanitari e che è diametralmente opposto a quello che pensa un cristiano, ovvero che la vita, qualunque vita, abbia un valore incommensurabile.
L'articolo è lungo e articolato, forse anche meno spietato di come può sembrare dal titolo, ma con un tocco cinico quel tanto che basta per farci comprendere che l'idea di dare un prezzo alla vita umana non solo non è fantascientifico, ma è molto più vicino alla realtà di quanto possa sembrare.
Titolo originale: Vita umana in offerta... a prezzi vari
Fonte: Sito del Timone, 11 agosto 2020
Pubblicato su BastaBugie n. 678
Quando il tecnico di laboratorio si sostituisce all'atto di amore tra un uomo e una donna non può che derivarne abominio e disperazione
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