"Una PASQUA di PAROLA" del 10-04-22

11 apr 2022 · 20 min. 31 sec.
"Una PASQUA di PAROLA" del 10-04-22
Descrizione

Un tempo, quando la vita non era complessa e intricata come oggi, si parlava di più. Sembra un paradosso, perché oggi che tanti mezzi tecnologici ci stanno favorendo nella comunicazione...

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Un tempo, quando la vita non era complessa e intricata come oggi, si parlava di più.
Sembra un paradosso, perché oggi che tanti mezzi tecnologici ci stanno favorendo nella comunicazione interpersonale, in realtà le persone si parlano di meno.
La parola verbale sembra aver ceduto il posto a quella scritta, ma il brutto di questa nuova abitudine è dato anche dal fatto che lo scritto utilizza molte abbreviazioni, emoticon, etc. snaturando la bellezza e la ricchezza della nostra bella lingua.
Penso (non sono un esperto in questo) che il tutto sia dovuto al voler fare tante cose in poco tempo. Quello che un tempo si chiamava “massima resa, con minor sforzo” e così anche le comunicazioni si ritrovano imbrigliate dentro a questa logica, riducendo quello che un tempo era la ricchezza del comunicare, ad una semplificazione e riduzione che diventa un impoverimento.
La conseguenza? Che poi tutto questo influisce nella mente. E così si cerca di semplificare tutto, arrivando alle banalizzazioni.
La semplificazione del linguaggio, vittima della frenesia del vivere, sta minando le relazioni tra persone, senza che ce ne accorgiamo.
Un tempo, quando si aveva tempo 😊 le persone si vedevano, si incontravano e … si parlavano. Oggi non ci si incontra, non ci si vede e non ci si parla.
La potenzialità del parlarsi è indubbia nella sua efficacia. Parlando si risolvono problemi alla evitando vere e proprie deleterie minacce alla serenità.
È anacronistico dire “torniamo a parlarci come un tempo”, si sa che non è possibile e poi – e soprattutto – perché lo dovremmo fare?
La nostra vita, da sempre è sinonimo di relazione. L’uomo non è un’isola, mai! Ci si sente vivi, proprio perché in relazione.
Per Lévinas, (filosofo francese di origini lituane e di formazione ebrea) infatti, ciò che caratterizza l’uomo è la sua “inevitabile possibilità” di rapportarsi all’Altro.
L’uomo è tale e si avverte come tale, perché c’è un altro che diventa il “confronto necessario per una crescita”.
La ricchezza umana, il sentirsi vivi, utili, progressivamente arricchiti, nasce dalla relazione con gli altri.
E in questa relazione, è fondamentale il dialogo, la comunicazione, il parlarsi!
Il parlarsi a tu per tu, può anche semplificarci la comunicazione perché a parlare è l’incontro dei volti.
Sempre Levinas nelle sue riflessioni dice che “la manifestazione dell’Altro, avviene nel dialogo, nel “faccia a faccia”. L’Altro è quindi una rivelazione concessa in particolare dal volto, che è il mezzo di comunicazione primo e lo strumento attraverso il quale l’umanità di ciascuno si palesa”.
Uno degli effetti nefasti di questi anni di pandemia è anche questo, non solo l’isolamento fisico, ma anche e soprattutto il non potersi guardare in faccia.
Il volto … nella sua ricchezza di espressioni, delineamenti, nel suo manifestare ciò che l’animo dell’altro è e vive.
Se la settimana scorsa, parlando di guerra mi riferivo a una de-umanizzazione, credo che oggi abbiamo urgente necessità di ritornare ad incrociare i volti gli uni degli altri.
Tutto questo è alla base di un “parlare”, di un comunicare, che diventa arricchimento della esperienza personale di vita.
Alla base dei conflitti, non ci stanno solo degli interessi particolari (normalmente economici) ma pure l’incapacità e l’impossibilità di risolvere eventuali problemi con il dialogo. E spesso a causa della semplificazione del comunicare, non si usano tempo, capacità, possibilità, per favorire il dialogo costruttivo e preventivo per evitare conflitti.
SE CI SI PARLASSE DI PIÙ … QUANTA MENO CONFLITTUALITÀ CI SAREBBE!!!
Siamo entrati in una settimana del tutto particolare e significativa una settimana “speciale”. L’hanno sempre chiamata la “Settimana Santa”. È la settimana che ci porta dentro a vivere l’esperienza vera della Pasqua.
PASQUA dall’ebraico PESAC che significa PASSAGGIO.
È l’antico ricordo dell’uscita dal tempo della sottomissione/schiavitù del popolo ebreo in Egitto. Sopraffatti e schiacciati nella loro libertà dal gelosissimo Faraone, vengono – come dire - presi per mano da Dio che chiama il giovane Mosè a condurre le trattative con il faraone per liberare il popolo intero, il suo popolo.
Mosè, in quanto balbuziente e limitato nel parlare, cerca aiuto nel fratello maggiore Aronne perché parlasse a nome suo con il faraone - in modo più fluido -.
Spesso ci penso: la Pasqua affonda le sue antichissime origini nel “parlarsi”.
Mosè però, che malgrado tutta l’eloquenza di Aronne e l’inventiva di Dio che suggeriva, dal faraone non sortisce un immediato effetto positivo e quell’uscita dalla terra della schiavitù, avviene dopo vere e proprie tragedie, che noi conosciamo come le piaghe d’Egitto.
Ma alla fine da quei dialoghi si arriva a una soluzione.
È un po' l’icona della vita nelle relazioni semplici, famigliari, lavorative o di amicizia, fino alle situazioni più complesse, quelle tra Stati, per esempio. Guerra docet!
E anche quest’anno quello della Pasqua, arriva come appuntamento certo.
Purtroppo assistiamo alla sua “snatura” avvenuta nel tempo, ma ancora si ripresenta gli uomini credenti e a tutti garantisce una salutare “pausa”, diventando giorni di vacanza o ferie.
La Pasqua che celebriamo noi è la concretizzazione del parlare di Dio. Di un Dio che da sempre cerca un dialogo con l’uomo e lo fa nel dinamismo del volto che incrocia altri volti. Mi spiego meglio.
Quel giovane ebreo di Nazarteh, di nome Jeshua (tradotto è Gesù) altri non è che misteriosamente Dio che si fa uomo tra gli uomini … e questo lo sappiamo.
È un Dio-uomo che finisce tragicamente la sua esperienza umana.
Dopo essersi consegnato agli uomini di ogni tempo, crepa ignobilmente inchiodato ad un “patibulum”, una croce. La morte riservata ai peggiori delinquenti.
Del resto, quell’uomo-Dio, lì, ha osato sfidare il potere forte del tempo rappresentato dai sacerdoti del Tempio, minacciando la loro diabolica gestione del potere e degli interessi economici.
L’aveva fatto senza di colpo ferire, ma con la potenza della parola e dei segni.
Quanto potere ha la parola! Il dialogo.
Il comunicarsi di Dio, passa attraverso la comunicazione di Gesù di Nazareth, tutto è iniziato più di 2000 anni fa e ancora non è finita. Del resto si sa che la fantasia di Dio è imbattibile. Creazione docet!
Beh se guardiamo a quello che alla fine è successo, non c’è da stare allegri. È finita male per quell’uomo-Dio… almeno sembrava fosse così. Ma così non è!
Il mattino dopo il giorno di festa della Pasqua degli ebrei, le donne amiche di Lui, di buon mattino, andarono alla tomba dove era stato deposto, per preparare il corpo per la sepoltura definitiva, ma … non lo trovarono più.
Anzi si, l’hanno incontrato ma … vivo! Per lui la morte, non era stata una passeggiata, (morte è sempre morte), beh Lui ha dato un calcio alla morte ed è tornato in vita.
Si è fatto riconoscere da molti per essere certo che la notizia fosse suffragata da testimoni reali e potesse, non solo fare il giro del mondo, ma anche della Storia.
Stupendo è anche il sapere che aveva pianificato tutto per bene, quel fantasioso Dio.
Una sera prima di essere conficcato brutalmente in quel “patibulum” durante la cena della loro pasqua ebraica, aveva detto ai suoi che non sarebbe mai uscito di scena, anzi!
“Chi mangia di questo pane e beve a questo calice, io sarò in loro e loro in me!” Questo si era inventato. Ha regalato all’umanità di ogni tempo e di ogni spazio la possibilità sperimentare la sua presenza in ogni “qui” e in ogni “ora”. Da sempre e per sempre. Quel Dio che in quel tragico venerdì, si lascia inchiodare alla croce, ancora oggi con i segni di quella triste fine ben scolpiti nel suo corpo, continua ad essere il Vivente e a comunicarsi a quanti accettano un dialogo con Lui.
La potenza della Parola si è trasformata in una vittoria. Sembrava sconfitto per le cose dette, in realtà quel insuccesso di fronte ai potenti del tempo, si è trasformato in una vittoria esaltante.
E oggi quelle parole hanno lo stesso potere di quel tempo. Hanno il potere di unire il bene e di dividere dal male… e le parole del bene ce le suggerisce ancora quell’uomo-Dio Jeshua di Nazareth, il Vivente.
Ecco la Pasqua. È il comunicare vita di Dio. È ristabilire una connessione con Gesù, non più il crocifisso, ma il Risorto, il Vivente.
Torniamo a parlarci, senza mascherine. Torniamo ad incontrarci lasciando i telefonini in tasca. Facciamo parlare i nostri volti. Cibiamoci gli uni degli altri.
E se, in questi giorni, qualcuno scivola dentro ad una chiesa per partecipare ai suggestivi riti della Settimana Santa, tra giovedì e sabato notte, scoprirà la potenza di vita che sconfigge ogni morte per parlare di speranza, di bontà, di serenità, di bellezza e di pace. Allora i nostri volti resteranno scolpiti da tutto questo e diventeremo comunicatori che si discostano da tante cattiverie e mediocrità che ci circondano, seminando bellezza. Seminando … pace!
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Autore Fabrizio Bagnara
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