Il fil rouge delle cinque storie che compongono la silloge Siamo rimaste nude nello specchio è ascrivibile a un cammino, diradato e faticoso, nel mondo femminile, nei sentimenti, nella scoperta dell'amore. In ognuna delle cinque protagoniste, il cui nome dà il titolo ai rispettivi racconti, domina la solitudine, a volte evidente, altre volte camuffata in un controcanto cinico fatto di disincanto. L'incontro con un'altra donna diviene speranza di rinascita, sempre. Anche quando l'amore è quella nota disturbante, inattesa, che irride al nostro io indistruttibile e non lascia alternative al vivere. Come avviene ne "Il caso Valeria M.", un racconto attraversato da slanci visionari, dove impera il conflitto tra amore e istituzione, tra natura e ragione. Ne "La rabbia di Ester" l'amore si rivela effimero, la Dulcinea tanto sognata non riesce a ricambiare le aspettative della giovane protagonista, Ester, che si perde negli intrecci e nei tormenti della sua mente. In "Marta (o il grande boh)" la ricerca della propria identità sessuale, sempre evocata ma mai realizzata del tutto, ha l'urgenza di un diario che diventa gesto di protesta, verso il mondo, verso se stessi. Spesso l'adolescenza, età in bilico tra il sole e l'uragano, diventa il malessere della felicità, quando ti senti in balia delle decisioni dei grandi. Come avviene ne "Il sogno di Laura", dove l'avversione verso un ambiente che si percepisce ostile, si stempera grazie a un volto nuovo. Ma l'amore può essere anche incanto, una visione riconoscibile lungo i chilometri ripetitivi e noiosi di un'anima inquieta. Come accade alla protagonista de "L'incanto di Roberta": una sconosciuta, un sorriso, la fa incespicare in un sogno.
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