PROTEZIONE COMPLEMENTARE E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI VITA PRIVATA
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Il diritto alla vita privata: nozione La https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/allegati/fascicolo-n-2-2023-2/asilo/1203-8-cassazione-8400-2023 censura la decisione del Tribunale di Napoli che ha negato a richiedente asilo del Gambia (espatriato minorenne e vissuto per anni in...
mostra di piùLa Corte di cassazione, con ordinanza n. 8400/2023 censura la decisione del Tribunale di Napoli che ha negato a richiedente asilo del Gambia (espatriato minorenne e vissuto per anni in Paesi africani e gli ultimi quattro in Italia) la protezione speciale sull’errato presupposto della necessità di effettuare una valutazione comparativa tra il vissuto in Italia e il rischio di violazione di diritti fondamentali in caso di rimpatrio, ritenendo sovrapponibile la protezione umanitaria vigente prima della riforma di cui al d.l. n. 113/2018 e la nuova protezione speciale introdotta dal d.l. n. 130/2020. Il Giudice di legittimità ripercorre le varie modifiche intervenute nel corso degli anni, evidenziando che con il d.l. n. 130/2020 il legislatore ha riscritto l’art. 5, co. 6 TU 286/98 (abrogato dal decreto legge del 2018) quale clausola di salvaguardia degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato e ha ampliato l’ambito di applicazione dell’art. 19 al rischio di violazione degli artt. 3 e 8 della CEDU, indicando, rispetto a quest’ultimo, i parametri vincolati per il suo accertamento, tali da escludere la necessità di una valutazione comparativa tra l’integrazione sociale in Italia e il rischio di violazione di diritti fondamentali nel Paese di origine. Quanto alla protezione umanitaria pre-riforma 2018, la Corte ribadisce che con essa è stata offerta tutela a tutti i diritti umani inviolabili di cui all’art. 2 Cost. non come misura caritatevole, rimessa alla discrezionalità dello Stato, bensì come misura di tutela costituzionale e internazionale (Cass., SU, 19393/2009, n. 4139/2011, n. 15466/2014; SU, n. 29459/2019 e SU, n. 24213/2021). Diritti tutelati anche dalla protezione speciale, “a compasso largo”, introdotta nel 2020 (Cass., SU, n. 29459/2019) ma con un meccanismo di accertamento diverso da quello delineato per la protezione umanitaria e che non richiede alcuna comparazione. Significativo è, inoltre, il passaggio in cui la Cassazione afferma che «Con la reintroduzione, nell’art. 5 TUI della clausola di salvaguardia del rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato il d.l. n. 130 del 2020 ha rinforzato l’attuazione del diritto costituzionale di asilo di cui all’art. 10 Cost., comma 3; posto che gli obblighi costituzionali o internazionali gravanti sullo Stato sono ovviamente cogenti a prescindere dal loro richiamo nel decreto legge de quo, a tale richiamo non può attribuirsi altro senso, se non lo si voglia degradare a mero orpello retorico, che quello di segnalare la possibilità di situazioni nelle quali detti obblighi non risultino compiutamente soddisfatti dalle previsioni normative relative alle protezioni maggiori ed alle protezioni speciali introdotte dal d.l. n. 113 del 2018 e incrementate dallo stesso d.l. n. 130 del 2020; vale a dire che il sistema non può ritenersi completo se sfornito di una misura in funzione di chiusura, che consenta di estendere la protezione anche ad ipotesi non legislativamente tipizzate, pur se saldamente ancorate ai precetti costituzionali e delle convenzioni internazionali.».Con riguardo alla portata dell’art. 19 come modificato dal precedente d.l. n. 130/2020 la Corte evidenzia che il legislatore non ha introdotto diritti nuovi la tutela dei quali fosse prima preclusa ma, con specifico riguardo al diritto alla vita privata e familiare ha indicato le modalità per il suo accertamento attraverso parametri vincolati, «fermo restando la rilevanza degli altri diritti compresi nel catalogo aperto di cui all’art. 2 Cost. quali, a titolo esemplificativo, il diritto alla salute, alla libertà personale, alla autodeterminazione, a non subire trattamenti inumani e degradanti.».Con riguardo al caso oggetto di giudizio la Cassazione ribadisce che il parametro dell’integrazione sociale non è affatto limitato all’attività lavorativa ma è concetto più ampio che riguarda il complesso delle relazioni con le persone e con il mondo esterno «e comprende a volte alcuni aspetti dell’identità sociale di un individuo, e si deve accettare che tutti i rapporti sociali tra gli immigrati stabilente insediati e la comunità nella quale vivono faccia parte della nozione di “vita privata” ai sensi dell’art. 8» (Corte EDU ricorso n. 57433/15 – causa Narjis c. Italia del 14.2.2019).Principi che assumono un peculiare significato anche in relazione alle conseguenze della restrittiva riforma alla protezione speciale operata dal recentissimo d.l. n. 20/2023 e dalla sua legge di conversione n. 50/2023.
Il diritto alla vita privata: studente del Marocco fuggito dall’UcrainaCon ordinanza 7.4.2023 (RG. 14313/2022) il Tribunale di Bologna (9) ha accolto il ricorso proposto da un cittadino del Marocco che alla fine nel 2020 era emigrato per studio in Ucraina e che quando è scoppiata la guerra con la Russia è stato costretto a fuggire, insieme a milioni di cittadini/e ucraini e stranieri ivi soggiornanti. Nonostante fosse titolare di permesso di soggiorno quinquennale (valido per tutta la durata del corso universitario) era escluso dalla protezione temporanea disposta dal d.m. 28.3.2022, attuativo dalla decisione n. 382/2022 della Commissione dell’Unione europea, non rientrando tra le categorie di stranieri ivi previste. Non potendo fare rientro in Marocco, Paese in cui non avrebbe potuto continuare il percorso universitario, lo studente ha chiesto il riconoscimento della protezione speciale ai sensi dell’art. 19, commi 1, 1.1 e 1.2 TU 286/98 in relazione al diritto al rispetto della vita privata, negatagli dalla Commissione territoriale di Bologna per ritenuta insussistenza dei presupposti. Il Tribunale ha, invece, riconosciuto tale tutela valorizzando la rapida integrazione sociale del giovane in Italia, accertata attraverso i corsi di lingua seguiti e i lavoretti svolti, anche di volontariato, così come l’intensa rete relazionale che si è saputo costruire nel breve tempo trascorso in Italia e alle opportunità lavorative che non ha potuto concretizzare per la precarietà della sua condizione giuridica. Nel contempo, il Tribunale ha dato rilievo anche alle difficoltà economiche della famiglia che ha contratto un ingente debito per consentire al giovane l’iscrizione all’università ucraina, tale per cui il rientro in Marocco spezzerebbe il sogno coltivato da tutta la famiglia, oltre che aggravarne la condizione economica. In conclusione, il Tribunale riconosce la protezione speciale perché il rimpatrio in Marocco lederebbe la vita privata che il richiedente si è costruito e intende realizzare in Italia.
Il diritto alla vita privata: l’attività lavorativa Il Tribunale di Roma, con ordinanza 3.2.2023 (RG. 38595/2022) ha riconosciuto la protezione speciale a cittadino del Bangladesh (già richiedente la protezione internazionale), negatagli dalla Commissione territoriale nell’ambito della domanda presentata al questore. Il Tribunale censura il parere negativo della Commissione perché in contrasto con la dimostrata attività lavorativa svolta e con il vissuto in Italia (già richiedente asilo, successivamente richiedente la regolarizzazione negatagli per ritenuta inidoneità del requisito alloggiativo). Operando una valutazione complessiva della vita in Italia il giudice romano afferma che «La volontà di radicarsi e compiutamente regolarizzarsi in Italia è, del resto, dimostrata dall’adesione del ricorrente alla procedura di emersione del lavoro domestico irregolare prevista dal d.l. 34/2020. Grazie alla propria attività di quel periodo, di assistenza a persona non autosufficiente, egli era riuscito a perfezionare la procedura e ad ottenere un permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La conseguente revoca è unicamente dipesa dal riscontro dell’assenza del requisito dell’idoneità alloggiativa (previsto da circolare ministeriale) e non inficia la dimostrazione dell’impegno di positivo inserimento del ricorrente e del suo progetto di radicamento in Italia.». In caso di rimpatrio il ricorrente perderebbe «tutto quanto conquistato in questo tempo nel nostro Paese e andrebbe incontro agli ostacoli di un nuovo radicamento territoriale e a gravi difficoltà oggettive nel condurre una vita dignitosa, in un contesto che ha abbandonato da ormai molti anni, dove non avrebbe mezzi di sussistenza né ormai alcuna significativa relazione economica e affettiva. Al contrario, la permanenza in Italia preserverebbe il ricorrente da uno scadimento estremamente significativo delle proprie condizioni di vita e gli consentirebbe di proseguire il felice percorso qui intrapreso e di soddisfare tutte le proprie esigenze».
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Autore | Avv. Fabio Loscerbo |
Organizzazione | Fabio Loscerbo |
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