Parole in Viaggio - puntata #21
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buonasera a tutti! bentornati sulle frequenze di parole in viaggio! ascoltando un po’ di musica in questi giorni, mi son imbattuto in una frase che mi ha fatto un po’...
mostra di piùascoltando un po’ di musica in questi giorni, mi son imbattuto in una frase che mi ha fatto un po’ riflettere e mi ha ispirato ad approfondire alcune parole. La canzone è molto conosciuta, Shallow, a un certo punto Lady Gaga chiede “Non sei stanco di cercare di riempire quel vuoto?”
ad una prima lettura, può sembrare una semplice esternazione di uno stato di insoddisfazione, la mancanza di qualcosa che ci spinge all’azione di riempire, di compensare la parte mancante.
Provando invece ad approfondire i singoli termini, ne esce una considerazione leggermente diversa.
Iniziamo con la parola stanco. Ha visto alcune modifiche nel tempo, ma l’origine rimane il verbo latino stagnare che significa far rimanere fermo. Infatti lo stagnum si riferisce proprio all’acqua ferma, immobile, da cui il verbo stagnare, ovvero l’impossibilità per l’acqua di scorrere. Diventa stanco colui a cui manca quella leggera pendenza che permette all’acqua di muoversi. Stanca è la persona che si ferma, immobile, senza le forze necessarie per spostarsi.
vuoto invece è un’altra parola interessante: l’etimologia in questo caso è un po’ più discussa, i più si concentrano sul verbo latino vacuare che significa vuotare, letteralmente rovesciare, sgomberare da cose e persone, e altri sull’aggettivo viduus, essere privo di, da cui anche deriva vedovo. In entrambi i casi siamo in presenza di un’azione di sottrazione di qualcosa, si rovescia un contenitore che rimane privo di qualcosa. La Treccani infatti definisce vuoto come ciò che non contiene quello che dovrebbe o potrebbe contenere..
infine, l’ultima parola, riempire richiama sempre il latino implere che significa oltre al classico colmare, anche condurre a termine, saziare, conseguire pienamente.
Con queste piccole informazioni dalla storia delle parole, assume anche un altro significato il testo della canzone. “Non sei stanco di cercare di riempire quel vuoto?”
la possiamo rivisitare come un “non hai più le forze per vincere l’immobilità e tentare di saziare le tue giornate evitando che altri rovescino la tua vita?”
cambia la prospettiva, cambia che il riempimento diventa una piena realizzazione di sè, dinnanzi a un vuoto che è semplicemente la sensazione di sentirsi privati di qualcosa perchè qualcuno ha rovesciato la nostra pienezza, le nostre ambizioni. Semplicemente non conteniamo più quello che dovremmo o potremmo contenere. Da qui deriva la stanchezza, una mera stagnazione, le nostre giornate si fermano, diventano immobili come l’acqua di uno stagno.
E per muovere l’acqua stagnante serve una piccola inclinazione, quella leggera pendenza che rende lo spostamento del liquido naturale. Inclinare in latino significa piegare, ma anche travolgere, far cadere oppure tendere. Questo è quello che ci serve, quando ci sentiamo immobili, quando per quanta acqua inseriamo, il vuoto non si riempie. Forse è perchè ci manca qualcosa a cui tendere, qualcosa che travolge le nostre giornate e al tempo stesso ci riempie.
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