Paolo Caldera "Pesca Bella di Borgo d'Ale"

3 ago 2023 · 11 min. 39 sec.
Paolo Caldera "Pesca Bella di Borgo d'Ale"
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Paolo Caldera "Pesca Bella di Borgo d'Ale" Presidio Slow Food Bella, ma delicata e fragile. Un frutto d'altri tempi, ma che oggi rivive grazie al coraggio e all’entusiasmo di un...

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Paolo Caldera
"Pesca Bella di Borgo d'Ale"
Presidio Slow Food



Bella, ma delicata e fragile. Un frutto d'altri tempi, ma che oggi rivive grazie al coraggio e all’entusiasmo di un gruppo di produttori e che diventa, ora, Presidio Slow Food: parliamo della pesca Bella di Borgo d’Ale, località da poco più di duemila abitanti in provincia di Vercelli, in Piemonte. Terra votata alla frutticoltura e alla peschicoltura in particolare: ma non tutte le pesche sono uguali. 

Dall’America al Piemonte con un carico di pesche L’inizio della coltivazione della pesca, nella piana di Borgo d’Ale, risale all’inizio del Novecento, probabilmente per iniziativa di alcuni borgodalesi di rientro dall’America con sementi d’oltreoceano. Un tentativo che non ebbe particolare fortuna, ma che fu seguito pochi decenni dopo da altri esperimenti più professionali e con risultati maggiormente promettenti: così, nel 1930, erano già più di cento gli ettari di terra attorno al borgo impiantati a pescheti.  Per circa mezzo secolo, la storia di Borgo d’Ale è andata di pari passo con lo sviluppo della peschicoltura: tante le varietà coltivate. Tra queste una particolarmente profumata e aromatica: quella conosciuta come la Bella. Tondeggiante e di pezzatura medio-grande, ha la buccia con colore di fondo verde chiaro-biancastro e sovracolore rosso-rosato e polpa bianca con venature rossastre in prossimità del nocciolo.


Quando, a metà degli anni ’70, a Borgo d’Ale si raccoglievano oltre 100 mila quintali di pesche, circa il 10% era costituito da questa varietà.  Un lungo lavoro di recupero La peschicoltura, ancora oggi, a Borgo d’Ale riveste un ruolo importante nell’economia locale. Merito di un terreno di origine fluvio-glaciale, particolarmente drenante, e del caratteristico microclima dovuto alla vicinanza del lago di Viverone: un habitat senza dubbio favorevole al pesco. Ma negli ultimi tre o quattro decenni, la Bella è andata pressoché perduta, surclassata da varietà di pezzatura maggiore e più adatte al mercato, perché disponibili per un periodo più lungo (la varietà tutelata dal nuovo Presidio matura nel giro di due settimane appena, tra fine luglio e inizio agosto) e perché più durevoli e quindi facilmente commercializzabili.Nel 2015 le piante ancora in vita erano soltanto una ventina, e tutte vecchie di almeno quarant’anni. 

«Il recupero della varietà è cominciato nel 2016» ricorda Paolo Caldera, referente degli otto produttori, alcuni dei quali poco più che trentenni, che hanno già aderito al Presidio. «Dalle pochissime piante rimaste, presenti perlopiù nei frutteti di anziani contadini, abbiamo recuperato il materiale per dare avvio alla propagazione». Della Bella, già inclusa nell’Arca del Gusto di Slow Food, oggi si è arrivati ad avere cinquecento piante.«Il pesco non è come il riso, che in soli cinque o sei mesi arriva a produzione – aggiunge Gabriele Varalda, referente Slow Food del Presidio –. Occorrono tre anni per arrivare a produzione e nei primi tempi il raccolto era appena sufficiente per l’autoconsumo, così il 2022 è stato il primo vero anno di produzione».


In cucina, la tradizione La pesca Bella di Borgo d’Ale è ottima mangiata fresca, da sola o in macedonia, magari con l’aggiunta di un goccio di Erbaluce di Caluso, ma le ricette tradizionali la propongono anche cotta al forno, ripiena di cacao e amaretti. «Noi siamo sentimentalmente legati a questa varietà di pesca e la troviamo buonissima, ma anche il riscontro dei consumatori è stato ottimo. Riconoscono che vale la pena salvarla» prosegue Caldera.Salvare la biodiversità, per Slow Food, significa coltivarla e mangiarla, e la stessa cosa vale anche per la Bella di Borgo d’Ale: «L’intenzione non è mai stata quella di mantenere due o tre piante per trasformarle in un reperto da museo, ma quella di riprendere la produzione e darle un futuro».



E ora?  «È da una decina d’anni che siamo in ballo, sapevamo di dover avere una visione di lungo termine ed eravamo consapevoli che i risultati non sarebbero stati immediati: quel momento è arrivato e non sono i frutti di una moda» conclude Caldera.L’intenzione, ora, è allargare il progetto anche dal punto di vista della trasformazione del prodotto in composte, confetture e succhi. L’area di produzione della pesca Bella di Borgo d’Ale comprende i comuni di Borgo d’Ale, Alice Castello, Cigliano e Moncrivello (Vercelli), Viverone (Biella), Cossano Canavese e Maglione (Torino).



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