Lo status quo come modalità di governo, tutto cambia perché nulla… intacchi l’autocrazia

27 mag 2022 · 21 min. 46 sec.
Lo status quo come modalità di governo, tutto cambia perché nulla… intacchi l’autocrazia
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Mettiamo il Libano al centro del Focus sul Medio Oriente con Rosita Di Peri, prendendo a pretesto gli esiti elettorali, che hanno dato alcune indicazioni valide per l’intera area, pur non producendo sconvolgimenti maggiori di quelli provocati dal disastro economico e sociale insito nel sistema che ha reso completamente rentier lo stato in cui il potere è congelato nelle mani di "contractor bourgeoise", spartito su basi confessionali consociative, ma dove le elite politiche coincidono con quelle economiche, fino a sovrapporsi e allontanarsi sempre più dai bisogni dei libanesi: il Consorzio così ben descritto da Fawad Traboulsi, citato da Rosita Di Peri: un gruppo ristretto che riunisce le più importanti famiglie e gli imprenditori libanesi, appartenenti a tutte le comunità, che insieme detengono le redini del sistema economico e politico. All’indomani della guerra civile il “nuovo consorzio” ha agito di concerto per impossessarsi dello Stato: i leader politici hanno interessi in tutti gli affari dell’economia, e perciò, hanno sfruttato tutto quello che lo stato poteva loro concedere, appropriandosene e usufruendone per i loro interessi privati; sacrificando il paese al mantenimento dello status quo funzionale alla perpetuazione del potere politico in un paese con bancarotta dichiarata ormai da più di un anno.
Ancora oggi si registra un nuovo crollo della lira libanese, in seguito alla mancata apertura dei lavori del nuovo parlamento eletto il 15 maggio. Il cambio della valuta libanese è arrivato nel mercato parallelo a 35.000 lire per un dollaro. Il cambio ufficiale definito dalla Banca Centrale è di 1550 lire per un dollaro. Una perdita del 95% del valore ufficiale. La mancanza di una maggioranza politica e l’annuncio delle varie forze e coalizioni che non permetteranno il rinnovo dell’incarico di presidente del legislativo a Nabih Berri – leader di quel movimento sciita Amal, che ha perso suffragi in questa tornata elettorale ma occupa un seggio dalla guerra civile in avanti –, hanno aperto la strada a una fase di instabilità istituzionale come quella irachena, con le varie dinastie che alternano la loro ingombrante presenza.
Un tenue spiraglio s’intravede nel risultato ottenuto da un gruppetto di una dozzina di indipendenti a fare da contraltare alla vecchia guardia; questi sono espressione dell’imponente Movimento interconfessionale sorto nel 2019 contro la crisi strutturale che ha reso intollerabile l’esistenza dei cittadini (ora al 70-80% sotto la soglia della povertà), mentre chi detiene il potere tenta di congelare lo status quo, la cui perpetuazione è connaturata al sistema autocratico diffuso in tutta l’area: infatti abbiamo posto a Rosita Diperi alla fine di questo intervento il quesito relativo all’influenza ancora molto forte degli Usa, militarmente contenuta ma che controlla attraverso i satrapi locali questo status quo emblematizzato dal Consorzio libanese, ma rintracciabile in ogni governo dal Maghreb all’Egitto, all’Iraq, Pakistan (altro stato dinastico alla bancarotta)…
Lo status quo serve solo ai potenti.
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