LESSNESS legge NKK - 05 - Quello che resta (Andrea Napoli)
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Descrizione
M'innamorai di questa poesia sin dalla prima lettura; speravo che, un giorno, avrei potuto registrarvi una mia interpretazione. Il quinto episodio dedicato alle opere del Nucleo Kubla Khan viaggia sull'elegante...
mostra di più.
poesia tratta da "Gengive" (ed. Tra le Righe Libri, Collana Masnadieri, 2021)
disponibile qui
https://www.lafeltrinelli.it/gengive-libro-andrea-napoli/e/9788832871760
.
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*** TRASCRIZIONE EPISODIO ***
mezzo secolo di stelle
la testa si torce lamenta un bagliore
sul marciapiede della
stazione a due passi dal centro
un viaggiatore si sposta sulla sinistra
la mossa del cavallo negli scacchi
poiché non è più tempo ormai di rimandare
distinguendo ciò che l'occhio può abbracciare
con un giro d'orizzonte
ci dirigiamo verso il mare
tu con i capelli legati
mi fai sapere che
sulla pelle le tracce di un'amaca
sono più vere delle pieghe di un letto
io ascolto senza capire
e la saliva per un po' vacilla in bocca
un ragazzo nero offre un
caffè ad una ragazza bianca
conversando in piedi seduti
nel riflesso giorno le pause scuotono il silenzio
del riflesso notte
dietro il bancone di
un bar deve sempre esserci uno specchio
non siamo certo noi a fare le regole
lo sferregliare dei dischi oltrepassa qualcosa
forse un ginocchio
e penso che tu sia lì: perone tibia e femore
tutto è temporaneo epidemie
relazioni
pavimenti in linoleum
la croce al neon di una farmacia
illumina l'angolo di una strada
battuta da fumatori di
quartiere e madri preoccupate
delle occasioni non restano che i rimpianti
confezioni di uova scadute e oceani insecchiti
salvo incidenti domestici
percorsi individuali
il nostro piccolo tempo
bottone inserito nell'occhiello sbagliato
è opinione comune
e tutte le opinioni sono vere e false
tutte valide probabili
assurde
la matematica non è un'opinione
non ho un'opinione al riguardo
il caso ci mortifica
il tempo che sistema è il tempo che perdiamo
vita è tutto ciò che poteva
essere e ciò che è stato
e chi ci capita casca in una
posizione operosa e umiliante
uno sbadiglio universale
che non può essere coperto con la mano
ho sempre saputo che le dita fossero strutture
semitrasparenti
ma prima di riuscire a decifrarle
ancora una volta
tutto si perde nell'anatomia
di un bicchiere d'acqua
come le tue labbra
peli pubici sulla ceramica del bagno
è ciò che resta della mia personalità
uno stormo d'anatre da Riace
affolla quel cielo azzurro
che dona tanto alle ragazze bionde
mai fidarsi delle correnti d'aria
dei pretesti e delle persone sincere
conviene non guardare quei
piccolissimi abbagli di bottiglia
la smorfia del vetro quando le
persiane si chiudono di scatto
o quell'angolo morto in cima alle scale
non feci in tempo a rialzarmi
le onde si trafiggevano lui e l'altra
la dodicesima ora vivida
come la pelle di un tuffatore
ci tiene ritti per le ascelle
e già l'odore del mare emanazione dell'aria
preannuncia il significato del gesto
eppure è strano come i tratti del viso ricordino
la caduta dei massi il ponte della ferrovia il
chiosco dei libri usati
e lo scoglio in acqua
ripetono senza censure gli zigomi
e le altre parti del volto
sono stanco di aspettare l'estate
più in alto delle maree
una bambina svita il tappo di una bottiglia
se lo porta alle labbra
e con la lingua ne raccoglie le gocce
bruciano gli occhi dei vecchi
come l'acido nelle batterie
o solamente si annoiano lì nella piazza
esclamando "nulla è rimasto"
di quell'ombra che nasconde per un momento
le tante lacrime di nessuno
nulla è rimasto se non metà della sua altezza
ma fintanto che una superficie esiste
c'è un confine scivolare a poco a poco
così mi venne davanti
la M del labbro superiore
sembrava un libro aperto metà
un volume di Majakovskij da
fondere nelle stagioni di ferro penetrante
e poetico come il mento di un proiettile
e poi l'annebbiamento della vista
come panacea dell' "oggi come oggi"
o del cambio delle stagioni
quando l'aria è più secca e le stelle in cielo
non sono che unghie scheggiate
è solo un momento
un ronzio di massa lucida e morente
che getta lo sguardo sul tagliere del tempo
e indossi quel costume verde che non posso vedere
coi tuoi grandi occhi elementari
occhi verdi elementari
che hanno paura di osare un "sono qui prendimi"
paura di un sole che non
scalda o forse di uno scarto
come la vita disinserita
ossessionata dal proposito
e il mare che sputa sangue e le mani si dissetano
un motivo ricorrente
due clavicole corrotte
l'onda si frange e delle notti impiegate
a vedere cose a sentire cose
improbabili termometri al mercurio
qualche dedica tenace non più che sciocchezze
apoteosi dell'inutile esistenziale
fino al grado zero della sopportazione
tu eri solamente ciò che io vedevo
così le cose nascono e così le cose muoiono
spargendo intorno a sé la loro merda
tra gli avanzi dell'oceano
ricoperto da chiazze bianche
respira affannosamente un pesce
fosti tu a vederlo per prima
e il tuo sasso continua a rimbalzare contro il
pelo dell'acqua sospeso là dove l'ossigeno manca
ma nel tuo corpo ogni proposito si
scontra con la densità del sangue
giusto o sbagliato che sia
e nel dubbio mi stringerei
il sesso con una corda di juta
per soffocare il compromesso
tra l'entroterra e la mia calda isola
Informazioni
Autore | Andrea Russo |
Organizzazione | Andrea Russo |
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