L’iperpresidenzialismo contestato da una Tunisia a sovranità limitata

25 giu 2022 · 18 min. 16 sec.
L’iperpresidenzialismo contestato da una Tunisia a sovranità limitata
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Abbiamo sentito @AriannaPoletti in diretta su Radio Blackout giovedì 23 giugno, prima che fosse sventato il piano che doveva eliminare il presidente Saied, ma quello che Arianna ci ha raccontato con una connessione maghrebina traballante può spiegare pulsioni omicide non soltanto provenienti da esponenti di Ennahda, visto il referendum indetto da Saied per il 25 luglio (perché è l'anniversario della sua presa del potere autoritario) che dovrà trasformare la Tunisia in una repubblica iperpresidenziale attraverso una Costituzione di cui esistono bozze poco significative e si è fatto trapelare soltanto un dato per blandire la stampa straniera (l'islam non sarebbe più religione di stato); si sa che ci sarà una sorta di consiglio per gli affari giuridici (una sorta di seconda camera che fornirà dei report) e verrà potenziato il peso delle istanze locali, laddove però in modo contraddittorio sono state diminuite e accorpate le regioni; è molto probabile che, se non organizzato direttamente dal palazzo presidenziale, il piano sventato verrà utilizzato per aumentare la stretta repressiva e soffocare le molte proteste conseguenti al disastro economico e alla fame.
Come dice nel suo intervento Arianna in questo periodo a Tunisi va relativizzata ogni annuncio o informazione che trapela, ancora più del solito. La nostra preziosa informatrice lamenta anche la schematicità della divisione tra islamisti e modernisti: un modo semplificativo occidentale di inquadrare le medesime istanze a sfondo socio-economico della rivolta del 2011, che esplose in una situazione assimilabile a quella attuale di miseria e fame, con la crisi del pane derivante dalla carenza di forniture dall'Est Europa, ma anche perché l'attracco delle navi cariche di grano proveniente da paesi alternativi all'Ucraina è subordinato al pagamento anticipato – essendo lo stato giudicato insolvente, in quanto a rischio di default – e quindi risulta molto difficoltoso l'approvvigionamento. L'alternativa agli strozzini dell'Fmi sono i rapaci paesi del Golfo (i sauditi sono già tra i primi detentori del debito pubblico tunisino).
In questa sistematica cancellazione a livello istituzionale di ogni forma di controllo dello strapotere di Saied e svuotamento di ogni potere alternativo non viene comunque meno la svendita di asset petroliferi (in particolare all'Eni, molto attiva nella ricerca di approvvigionamenti dopo la crisi ucraina e perciò interessata a contribuire alla “stabilizzazione” del paese: l’Italia è il secondo partner commerciale in valore di scambi, primo fornitore della Tunisia, secondo cliente, secondo investitore straniero, complessivamente secondo partner dopo la Francia in termini di investimenti e di scambi. Circa 900 aziende italiane sono stabilmente installate in Tunisia), né si precludono soluzioni capestro con impegni presi con il Fondo monetario internazionale, pronto a finanziare in cambio delle solite vessazioni e riforme che riducono ulteriormente welfare, condizioni di vita, occupazione, sovvenzioni statali sul carburante, innescando finora soltanto contestazioni e proteste, ma creando l'humus per rivolte pronte giustamente a esplodere.
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Autore OGzero - Orizzonti geopolitici
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