Il tribunale di Colonia condanna a 4 mesi di carcere il sacerdote che aveva criticato la lobby gay
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Ha toccato un argomento a dir poco scottante, don Dariusz Oko, sacerdote polacco e professore dell'Università Cattolica di Cracovia, che ha deciso di affrontare il problema delle lobby omosessuali all'interno della Chiesa.
Lo ha fatto in un articolo pubblicato in tre numeri della rivista Theologisches, nei quali ha affermato «la necessità di resistere alle lobby omosessuali nella Chiesa» e in un libro dal titolo "La mafia della lavanda. Con i papi e i vescovi contro l'omolobby nella Chiesa". Il professor Oko è stato denunciato da don Wolfgang Rothe, sacerdote che nei suoi scritti definisce invece le correnti gay come "un'immagine viva" della Chiesa.
Un'accusa, quella di don Oko, lanciata sulla base di alcuni precedenti che vedono coinvolto proprio don Rothe. Il sacerdote, infatti, si è "distinto", il 4 novembre scorso, per aver impartito una benedizione omosessuale in una sauna per gay di Monaco di Baviera. Inoltre, nel 2004, aveva fatto circolare alcune sue foto che, incredibilmente, lo ritraevano mentre baciava sulla bocca alcuni seminaristi.
Eppure è accaduto che, lo scorso 11 febbraio, don Dariusz è stato sottoposto a processo, con l'accusa di "istigazione all'odio", dal Tribunale di Colonia che, già il 27 luglio scorso, gli ha inflitto una multa di 4.800 euro, in alternativa a ben 120 giorni di reclusione. L'articolo incriminato, «Sulla necessità di resistere alle lobby omosessuali nella Chiesa» contiene le tesi principali del professore e sacerdote polacco, che non esita ad usare termini decisamente espliciti in tal senso, come "omomafia", "omolobby" e "omoeresia", con cui intende indicare una sorta di rete di "predatori sessuali", che si muoverebbe all'interno della Chiesa e che avrebbe come obiettivo i minorenni.
Argomento davvero scottante e scivoloso che non ha risparmiato la stessa condanna ricevuta da Oko anche al direttore e all'editore della rivista, rispettivamente il teologo don Johannes Stöhr e il professore don Manfred Hauke.
Eppure i primi paragrafi dell'articolo incriminato non fanno che riprendere le parole di Papa Francesco nel libro-intervista "La forza della vocazione. La vita consacrata oggi", in cui il Papa stesso racconta tutta la bellezza della chiamata al sacerdozio, ma anche eventuali rischi legati ad una formazione o ad un discernimento vocazionale sbagliato: «La Chiesa... non può ammettere al Seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay [...] Un religioso mi raccontava che, mentre era in visita canonica a una delle province della sua congregazione, era rimasto sorpreso. Vedeva che bravi giovani studenti e anche alcuni religiosi già professi essere gay. Egli stesso aveva dubbi sulla cosa e mi ha domandato se in questo vi era qualcosa di male. "In definitiva - diceva - non è tanto grave; è soltanto un'espressione di affetto". È un errore. Non è soltanto un'espressione di affetto. Nella vita consacrata e in quella sacerdotale non c'è posto per questo tipo di affetti. Per questa ragione, la Chiesa raccomanda che le persone con questa tendenza radicata non siano accettate al ministero né alla vita consacrata. Il ministero o la vita consacrata non sono il loro posto».
Sempre nell'articolo di don Oko si fa riferimento alle parole del cardinale honduregno Oscar Maradiaga, uno dei più stretti collaboratori di papa Francesco, e coordinatore del Consiglio dei Cardinali istituito dal Pontefice per assisterlo nella gestione e riforma della Curia Romana. Il cardinale Maradiaga alla domanda: "Esiste un'associazione gay in Vaticano?" in passato rispose: "non solo, ma lo stesso Santo Padre ha affermato l'esistenza di tale ‘lobby'. Il santo Padre sta cercando di risanare gradualmente questa situazione". Dettagli non da poco, che, evidentemente, non sono serviti per tutelare il diritto di manifestazione del pensiero da parte di don Dariusz Oko.
Nota di BastaBugie: Luca Marcolivio nell'articolo seguente dal titolo "In Finlandia donna a processo per aver citato la Bibbia" parla di Päivi Räsänen, un politico cristiano non propenso ai compromessi che per questo rischia di essere condannata.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Provita & Famiglia il 27 gennaio 2022:
Quando si mettono in discussione la libertà religiosa e la libertà di pensiero, qualunque altra forma di libertà è in grave pericolo. È quello che sta accadendo in Finlandia, dove lunedì scorso si è aperto il processo contro la parlamentare Päivi Räsänen. L'imputata è accusata di omofobia per aver più volte affermato il proprio pensiero sulla famiglia naturale e sull'omosessualità. Lo ha fatto per la prima volta nel 2004 (quando la libertà di opinione sui temi etici non sembrava ancora in discussione), anno in cui ha pubblicato un libro dal titolo Maschio e femmina li creò, in cui Räsänen riaffermava i principi della complementarità di genere, come enunciati in Genesi 1,27.
Päivi Räsänen è infatti uno dei pochi politici del Nord Europa che non si vergogna della propria identità cristiana. Co-imputato nel processo è infatti il vescovo evangelico-luterano Juhana Pohjola, la cui diocesi, 18 anni fa, commissionò a Räsänen la stesura del saggio menzionato. 62 anni, medico, madre di sette figli e nonna di cinque nipoti, Päivi Räsänen è attualmente capogruppo del Suomen Kristillisdemokraatit (Partito Cristiano Democratico) al Parlamento finlandese, dove è stata eletta per la prima volta nel 1995. Dal 2011 al 2015, ha ricoperto la carica di ministro dell'Interno.
Räsänen è diventata un personaggio particolarmente scomodo soprattutto a partire dal 2019, anno in cui ha diffuso un tweet in cui citava il celebre passo della lettera ai Romani in cui San Paolo condanna l'omosessualità (cfr Rom 1,24-27). Le sue convinzioni sulla famiglia naturale e sull'immoralità dell'omosessualità le ha ribadite anche in un'intervista radiofonica. Il tweet, l'intervista e il libro sono dunque i tre capi d'accusa contro la parlamentare finlandese, colpevole, a detta del pubblico ministero di aver definito gli omosessuali come «inferiori» e di aver offeso la dignità di questa minoranza. Räsänen si è difesa, dicendo di non avere nulla contro gli omosessuali, definendoli «creature di Dio» e di aver semplicemente riaffermato l'etica cristiana di sempre, sostenuta anche dalla Chiesa luterana finlandese.
Il processo riprenderà il prossimo 14 febbraio ed entro la metà di marzo si dovrebbe arrivare a una sentenza. Ai sensi della legge finlandese sull'omofobia, l'ex ministro rischierebbe fino a due anni di carcere. Il pubblico ministero ha chiesto per lei una pena pecuniaria di 13mila euro che, comunque, rappresenterebbe un grave precedente, specie nel caso in cui la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo dovesse respingere un eventuale ricorso.
Päivi Räsänen non è un politico cristiano propenso ai compromessi. «La Bibbia per me è una questione di vita o di morte», ha dichiarato l'ex ministro durante il processo. Non è la prima volta che, in Europa, un cittadino viene messo sotto accusa per omofobia. Aveva suscitato scalpore, lo scorso aprile, l'arresto nella pubblica piazza del pastore londinese John Sherwood, colpevole anch'egli di aver citato il contestato passo della Genesi. È la prima volta, tuttavia, che un politico viene processato per aver messo in discussione il "sacro verbo laico" dell'ideologia gender. Ciò rappresenta, anche da un punto di vista simbolico, un grave vulnus nel confronto democratico, con una lobby lgbt sempre più prepotente e in grado di orientare le agende dei parlamenti. [...]
Onore al merito di questa donna, dunque, e della sua battaglia in direzione ostinata e contraria, combattuta nella quasi totale solitudine.
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