I marmocchi di Agnes

27 feb 2021 · 3 min. 35 sec.
I marmocchi di Agnes
Descrizione

I marmocchi di Agnes Eccomi qui dopo una settimana. Ortensia ha superato la bella cifra dei 20 giorni, fa il suo dovere, mangia, dorme, lancia due urli quando è stufa...

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I marmocchi di Agnes

Eccomi qui dopo una settimana. Ortensia ha superato la bella cifra dei 20 giorni, fa il suo dovere, mangia, dorme, lancia due urli quando è stufa o stanca o chi lo sa. Noi prendiamo confidenza, ci addomestichiamo tutti quanti. E infatti non esiste solo la neonata, che pure è una parte rilevante di questa faccenda. Esistono, e già da prima, anche gli altri “marmocchi” di Agnes. L’espressione non vuole essere autocelebrativa, anzi, ma “I marmocchi di Agnes” è il titolo di uno dei romanzi della saga letteraria di Agnes Browne, personaggio irresistibile, un modello di super super mamma, nell’Irlanda dura degli anni 60. 7 figli. No, ripeto, 7 figli, tra i 2 e i 14 anni, vedova a 34 anni. Certo è un personaggio di fantasia (i romanzi però vanno letti), ma vedere le costole dei quattro volumi qui in libreria mentre allatto mi da il pretesto di raccontare come vanno le cose per i più grandi dei tre.
G., quasi 8 anni, reagisce alla nuova presenza familiare con la sua tipica indole analitica. Il suo temperamento, per ora, sembra essere quello del “sempre” e “mai”, diciamo che pare avere la tendenza alla generalizzazione facile. Dunque sembra che Ortensia in braccio suo “pianga sempre”, che io possa allattarla “ovunque” (anche in bicicletta) e che appena la piccola accenni un lamento vada subito nutrita (ampiamente vero). Per contro è molto dolce e appena possibile la tiene in braccio e le parla con frasi o canzoni e mi è davvero di aiuto, oltre che di compagnia.
D., quasi 6 anni. Beh, era lui il piccolo di casa finora. Fa coppia con la primogenita più o meno per tutto, quindi non soffre la solitudine, ma ogni tanto gli leggo in volto un velo di tristezza, nell’accordarsi o, meglio, adeguarsi, alle nuove routine. La tiene in braccio e mi chiede di fargli cambiare il pannolino, le parla proprio come facciamo noi adulti, dicendole cose tipo “adesso ti apro la tutina”.
Il fatto di avere altri bambini per casa ci aiuta a mantenere, per quanto possibile, una vita regolare pur in presenza di una neonata. Banalmente, i grandi devono entrare a scuola entro una certa ora, tornare a casa alle quattro e cenare alle sette. Di conseguenza dobbiamo organizzarci per mantenere anche i loro e i nostri ritmi, oltre quelli del pianeta Ortensia.
Quindi tutto bene? Non proprio, non del tutto, perché i sentimenti di una mamma, di un genitore, stanno sempre in un equilibrio instabile che pare ottimo un momento, ma che può precipitare il momento successivo. Non è infrequente che mi senta sbilanciata ora nei confronti della grande, che certo è autonoma ma ha comunque voglia e bisogno di stare “anche” con me; ora nei confronti del secondo, spodestato dal suo ruolo di ultimo della famiglia e ai miei occhi adesso incredibilmente cresciuto, lo vedo come un gigante; ora, infine, nei confronti della cosiddetta “baby”, che ha diritto alle sue cure amorevoli, al suo sonno anche quando, e soprattutto quando, gli altri vorrebbero farle banda intorno. Di fondo ho il pensiero che l’arrivo di un fratello, di una sorella, per tutti tranne che per l’ultimo arrivato, diano sempre una accelerata brusca non solo alle proprie capacità e al proprio sviluppo, ma anche alle aspettative delle persone intorno. Personalmente evito di dirle, ma quante volte si sentono frasi come: “Dai che sei grande!” “Guarda il fratellino com’è piccolo…”. Tutto vero, certo, ma, mi chiedo quanto di questa crescita eventuale è legata ai bambini stessi e quanto ai nostri occhi, tarati adesso su un neonato?
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Autore Agnese Fedeli
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