Abderrahmane Amajou "Migrant Network Slow Food"

5 nov 2023 · 10 min. 8 sec.
Abderrahmane Amajou "Migrant Network Slow Food"
Descrizione

Abderrahmane Amajou coordinatore della Rete Migranti di Slow Food referente del progetto Youth&Food Slow Food www.slowfood.it https://www.slowfood.it/migrant-network/ Da sempre la storia del cibo è legata alle migrazioni. Molti tra i...

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Abderrahmane Amajou
coordinatore della Rete Migranti di Slow Food
referente del progetto Youth&Food
Slow Food
www.slowfood.it
https://www.slowfood.it/migrant-network/


Da sempre la storia del cibo è legata alle migrazioni.
Molti tra i prodotti che oggi consideriamo autoctoni di un determinato luogo sono il frutto dello spostamento di donne e uomini: il movimento dei popoli è infatti un fenomeno che non si è mai arrestato.Le ragioni che spingono i popoli a spostarsi sono molteplici, accomunate dal desiderio di migliorare o cambiare radicalmente le proprie condizioni di vita. Tra queste, due rivestono un ruolo sempre più importante: il cambiamento climatico e i conflitti per l’accesso alle risorse naturali, come acqua e terra.
Secondo i dati della Banca Mondiale, il numero dei cosiddetti “migranti climatici” potrebbe raggiungere i 140 milioni entro il 2050, di cui 86 milioni dall’Africa sub-sahariana.
Il cibo ha dunque una duplice valenza. La progressiva mancanza di acqua e generi alimentari è uno dei fattori che spinge i popoli a migrare e, allo stesso tempo, il cibo rappresenta il bagaglio culturale che i migranti portano con sé in forma di semi, ricette e tradizioni, arricchendo la biodiversità del territorio di destinazione.

Cambiamento climatico
L’aumento medio delle temperature minaccia l’accesso alle risorse e la sussistenza di milioni di persone in tutto il mondo, costrette a compiere lunghi viaggi inter ed extra continentali in cerca di migliori condizioni di vita.L’equilibrio naturale che garantisce la resilienza degli ecosistemi ha iniziato a spezzarsi qualche secolo fa per mano dell’uomo. La deforestazione massiccia per far spazio a monocolture e allevamenti intensivi, la crescita incontrollata dei centri urbani e l’industrializzazione delle aree rurali hanno contribuito all’aumento della concentrazione di gas nell’atmosfera, al trattenimento del calore in prossimità della Terra e al conseguente aumento delle temperature.In tale contesto, aggravato altresì da una desertificazione incalzante, le terre fertili e coltivabili si stanno drasticamente riducendo. Secondo uno studio dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) il degrado del suolo, abbinato al cambiamento climatico, sarà una delle principali cause della migrazione di milioni di popoli entro il 2050.
L’altra risorsa a rischio è l’acqua, la più importante fonte di vita al mondo. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite sulle acque mondiali 3,6 miliardi di persone sono prive di accesso all’acqua potabile, una cifra che potrebbe raggiungere i 6 miliardi nel 2050.
Se da un lato le acque continentali scarseggiano a causa di un eccessivo sfruttamento delle risorse, il livello di quelle marine sta crescendo a vista d’occhio, rendendo ancora più vulnerabile la sopravvivenza delle popolazioni costiere. A causa del surriscaldamento globale dal 1979 a oggi sono andati perduti oltre 3 milioni di chilometri quadrati di superficie ghiacciata, a fronte di un aumento esponenziale del livello dei mari e degli oceani (entro il 2100 l’aumento oscilla tra i 52 e i 98 centimetri).


Conflitti
Tra le cause antropiche che spingono all’esodo di milioni di persone ci sono anche i conflitti armati legati all’accaparramento delle poche risorse naturali rimaste.
L’accesso e la gestione di terra, acqua e materie prime legate alla produzione di cibo ed energia sono contesi tra chi con tali risorse ha sempre convissuto e chi, invece, intende sfruttarle per interessi economici.
Secondo i dati rivelati dall’Environmental Justice Atlas (EJAtlas), sono più di 600 i conflitti che riguardano l’accaparramento dei suoli, 357 quelli per la produzione di energie rinnovabili, 270 per i progetti estrattivi, 179 per i combustibili fossili e 77 per il controllo della pesca. I dati del Pacific Institute[6] riportano invece 263 crisi riconducibili alla gestione delle risorse idriche dal 2010 ai giorni nostri.Il sito dell’ECC (Environment, Conflict and Cooperation, www.ecc-platform.org) progettato da Adelphi e finanziato dal governo tedesco, progettato da Adelphi e finanziato dal governo tedesco, raccoglie e aggiorna dati e informazioni su tutti i conflitti al mondo legati al cambiamento climatico.



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