6- Il trattore - Acquario acquitrino acqui acquisto acquino acquatico
24 apr 2024 ·
9 min. 49 sec.
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Descrizione
Ep. 6: Il trattore - Acquario acquitrino acqui acquisto acquino acquatico (Testo e voce di Davide Rigamondi) C’è stato credo un calciatore, lo vedevo passare il giovedì con una palla...
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Ep. 6: Il trattore - Acquario acquitrino acqui acquisto acquino acquatico
(Testo e voce di Davide Rigamondi)
C’è stato credo un calciatore, lo vedevo passare il giovedì con una palla arancio fluorescente. La palla è rimasta, sgonfia, il giorno che mi ha portato via. C’è stato il fanatico, mi trattava con cura ma ero immobile. Quando entrava, godevo. Premeva sul gas senza mettermi in moto mi dava modo di fiatare di riprendermi l’aria che stava intorno. Una cura meditativa, era quello che ho imparato essere amore. Durò anni ma non facevo più parte del suo museo. C’è poi il pascolo e il frutteto. Grossi alberi di fico dove le vespe avevano trovato vita e fine. Passavamo dolci tra i rami in foglia e uomini come rampanti mi si attaccavano, aggrappavano, scavalcavano con le mani luride di terra tagliate dai rami dei frutti per un tragitto lento fermo lento fino al casolare. Ho pensato ai grandi sospiri e russa che mi sarei regalato quando appena ero arrivato. C’è stata, e ora, la valle, l’uomo in ciabatte e il cane. Ho capito che qui era un posto dove tirare bene avanti. Lasciavo una traccia forte, benzina, era il mio sudore da casa all’altra casa. La traccia era breve un’impressione che si mischiava con le vesti e profumi, verdi e marroni e blu delle rovine e dell’acqua nella valle che per tornanti rendevano il paesaggio. La traccia era l’unica memesi che potevo avere con quel posto, ero dipinto arancione. Starei meglio in città dove tutto è facile e funzionale agli occhi. Il cane pisciava sulle mie ruote, ero un suo territorio. Possessivo e territoriale spargevo forse il suo messaggio, non ne sono certo. “Nicola vieni qui” diceva l’uomo. il cane si interrogava avvicinandosi a me con il muso a leccare i piedi e le ciabatte blu infradito del padrone, consumate, come i piedi che erano neri di sporco dopo ogni tragitto da casa a casa. Tra loro c’era l’animale e lo sporco che mi portavo anche io a dietro. Io, Nicola e l’uomo pascolavano cose che non potevo vedere. Mattino tra le strade curve, gomiti stretti. Il cane tra il silenzio a volte sbraitava qualcosa per richiamare a lui l’attenzione. Pensavo. Pensavo come ero un supporto necessario per quel abbonamento andata e ritorno. Ero duro, meritavo una sella migliore, il volante era un ottimo dieci. Ero di mezzo tra loro due ma ascoltavo con piacere gli ordini che si davano, era un patto di sopravvivenza. L’uomo portava con se un bastone che puntava in alto, lo roteava e l’atmosfera cambiava. Subito dopo il bastone tornava giù e picchiava tre volte sulla mia pelle dura e ronzava per il mio corpo, mi premeva e mi portava. Un elettricità, una scossa modificava la mia materia. La notte che ho pensato. Ho pensato per la prima volta, o meglio ho realizzato di pensare, è stata una notte dove le persone parlavano con gusto di cibo. Ora che rimanga tra noi, ho scoperto come vedo un po’ il mondo in un determinato modo grazie alla parola pareidolia. È un fenomeno di certe persone che ragionano e parlano con le immagini. Questi vedono due occhi un naso e una bocca appena c’è la possibilità di vederle. Credo che sta cosa sia legata a qualche problema di disturbo dell’attenzione o problemi legati alla personalità per mancanza di attenzione. Non ne sono certo sono un trattore. Ora possiamo dire: nelle case si vedono le facce, si vedono le persone, si vedono i negozi a piano terra con tende molto simili a quelle che si trovano su un balcone di un condominio. Questa somiglianza non è a caso, anche se chi crede nel caso è una persona che merita stima. Se fossi solo oggetto non sarei soggetto mentre parlo, sarebbe impossibile, facciamo un esempio. Pensare a una città, le attività con insegna, a pian terreno. Una volta quelle attività che chiameremo negozi per facilità di comprensione, erano case, le persone vivevano dove c’erano le strade, in strada. I ristoranti ad esempio, sono luoghi che hanno un'origine semplice. Erano case. Ci vivevano persone. A volte ospitavano gente a mangiare. Hanno capito che certi andavano molto spesso e hanno iniziato a vendere il loro pranzo domenicale. Ci sono cose che oggettivamente a volte sembrano comparire o scomparire così d’improvviso. Avete ragione, non possiamo vedere ovunque. Vedere tutto ovunque vorrebbe dire di vedere il colore ovunque e non vedere la struttura effettiva della cosa. Una struttura che è fatta di gravità, forze che spingono l’una e l’altra, si schiacciano e litigano. Ho realizzato di essere quel fantasma, la smarrita, tra l’uomo e il cane. Intrappolato in una forma che non si vede, non è lampante, evidente e palese. Sono qui comunque, esisto. Nicola credo lo abbia capito anche perché non mi piscerebbe sulla ruota.
Podcast ideato, scritto e registrato nell'ambito di Oltrepasso 2023, residenza artistica nel villaggio di Osacca (PR).
Musica di:
Sabina Hansen - Clarinetto
Alessio Dal Checco - Sax, elettronica
Giovanni Di Bella - Tromba, chitarra elettrica
Sebastiano Ratti - Violoncello, elettronica
Serena Carapellese - Violoncello
Marco Minoia - Synth, Voce
Marco Bussi - Synth
Alberto Leoni - Synth, piano
Marco Nardella - Piano
Matteo Cenerini - Chitarra elettrica
Pieraldo Cassanelli - Chitarra elettrica
Testi di:
Eleonora Andrighetto
Davide Longo Langella
Lorenzo Manenti
Davide Rigamondi
Mastering e mixaggio: Sebastiano Ratti
Da un'idea di: Giorgio Kralkowski
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(Testo e voce di Davide Rigamondi)
C’è stato credo un calciatore, lo vedevo passare il giovedì con una palla arancio fluorescente. La palla è rimasta, sgonfia, il giorno che mi ha portato via. C’è stato il fanatico, mi trattava con cura ma ero immobile. Quando entrava, godevo. Premeva sul gas senza mettermi in moto mi dava modo di fiatare di riprendermi l’aria che stava intorno. Una cura meditativa, era quello che ho imparato essere amore. Durò anni ma non facevo più parte del suo museo. C’è poi il pascolo e il frutteto. Grossi alberi di fico dove le vespe avevano trovato vita e fine. Passavamo dolci tra i rami in foglia e uomini come rampanti mi si attaccavano, aggrappavano, scavalcavano con le mani luride di terra tagliate dai rami dei frutti per un tragitto lento fermo lento fino al casolare. Ho pensato ai grandi sospiri e russa che mi sarei regalato quando appena ero arrivato. C’è stata, e ora, la valle, l’uomo in ciabatte e il cane. Ho capito che qui era un posto dove tirare bene avanti. Lasciavo una traccia forte, benzina, era il mio sudore da casa all’altra casa. La traccia era breve un’impressione che si mischiava con le vesti e profumi, verdi e marroni e blu delle rovine e dell’acqua nella valle che per tornanti rendevano il paesaggio. La traccia era l’unica memesi che potevo avere con quel posto, ero dipinto arancione. Starei meglio in città dove tutto è facile e funzionale agli occhi. Il cane pisciava sulle mie ruote, ero un suo territorio. Possessivo e territoriale spargevo forse il suo messaggio, non ne sono certo. “Nicola vieni qui” diceva l’uomo. il cane si interrogava avvicinandosi a me con il muso a leccare i piedi e le ciabatte blu infradito del padrone, consumate, come i piedi che erano neri di sporco dopo ogni tragitto da casa a casa. Tra loro c’era l’animale e lo sporco che mi portavo anche io a dietro. Io, Nicola e l’uomo pascolavano cose che non potevo vedere. Mattino tra le strade curve, gomiti stretti. Il cane tra il silenzio a volte sbraitava qualcosa per richiamare a lui l’attenzione. Pensavo. Pensavo come ero un supporto necessario per quel abbonamento andata e ritorno. Ero duro, meritavo una sella migliore, il volante era un ottimo dieci. Ero di mezzo tra loro due ma ascoltavo con piacere gli ordini che si davano, era un patto di sopravvivenza. L’uomo portava con se un bastone che puntava in alto, lo roteava e l’atmosfera cambiava. Subito dopo il bastone tornava giù e picchiava tre volte sulla mia pelle dura e ronzava per il mio corpo, mi premeva e mi portava. Un elettricità, una scossa modificava la mia materia. La notte che ho pensato. Ho pensato per la prima volta, o meglio ho realizzato di pensare, è stata una notte dove le persone parlavano con gusto di cibo. Ora che rimanga tra noi, ho scoperto come vedo un po’ il mondo in un determinato modo grazie alla parola pareidolia. È un fenomeno di certe persone che ragionano e parlano con le immagini. Questi vedono due occhi un naso e una bocca appena c’è la possibilità di vederle. Credo che sta cosa sia legata a qualche problema di disturbo dell’attenzione o problemi legati alla personalità per mancanza di attenzione. Non ne sono certo sono un trattore. Ora possiamo dire: nelle case si vedono le facce, si vedono le persone, si vedono i negozi a piano terra con tende molto simili a quelle che si trovano su un balcone di un condominio. Questa somiglianza non è a caso, anche se chi crede nel caso è una persona che merita stima. Se fossi solo oggetto non sarei soggetto mentre parlo, sarebbe impossibile, facciamo un esempio. Pensare a una città, le attività con insegna, a pian terreno. Una volta quelle attività che chiameremo negozi per facilità di comprensione, erano case, le persone vivevano dove c’erano le strade, in strada. I ristoranti ad esempio, sono luoghi che hanno un'origine semplice. Erano case. Ci vivevano persone. A volte ospitavano gente a mangiare. Hanno capito che certi andavano molto spesso e hanno iniziato a vendere il loro pranzo domenicale. Ci sono cose che oggettivamente a volte sembrano comparire o scomparire così d’improvviso. Avete ragione, non possiamo vedere ovunque. Vedere tutto ovunque vorrebbe dire di vedere il colore ovunque e non vedere la struttura effettiva della cosa. Una struttura che è fatta di gravità, forze che spingono l’una e l’altra, si schiacciano e litigano. Ho realizzato di essere quel fantasma, la smarrita, tra l’uomo e il cane. Intrappolato in una forma che non si vede, non è lampante, evidente e palese. Sono qui comunque, esisto. Nicola credo lo abbia capito anche perché non mi piscerebbe sulla ruota.
Podcast ideato, scritto e registrato nell'ambito di Oltrepasso 2023, residenza artistica nel villaggio di Osacca (PR).
Musica di:
Sabina Hansen - Clarinetto
Alessio Dal Checco - Sax, elettronica
Giovanni Di Bella - Tromba, chitarra elettrica
Sebastiano Ratti - Violoncello, elettronica
Serena Carapellese - Violoncello
Marco Minoia - Synth, Voce
Marco Bussi - Synth
Alberto Leoni - Synth, piano
Marco Nardella - Piano
Matteo Cenerini - Chitarra elettrica
Pieraldo Cassanelli - Chitarra elettrica
Testi di:
Eleonora Andrighetto
Davide Longo Langella
Lorenzo Manenti
Davide Rigamondi
Mastering e mixaggio: Sebastiano Ratti
Da un'idea di: Giorgio Kralkowski
Informazioni
Autore | Akuatica - Oltrepasso 2023 |
Organizzazione | Oltrepasso |
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