07 La complessità del Myanmar e la continuità vietnamita

7 feb 2021 · 31 min. 16 sec.
07 La complessità del Myanmar e la continuità vietnamita
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Iniziamo la settima puntata con un ospite d'eccezione: Stefano Ruzza, dal quale otteniamo una lucidissima analisi dei vari protagonisti e della condizione dei birmani dopo il golpe del 2 febbraio...

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Iniziamo la settima puntata con un ospite d'eccezione: Stefano Ruzza, dal quale otteniamo una lucidissima analisi dei vari protagonisti e della condizione dei birmani dopo il golpe del 2 febbraio 2021
La risposta del paese si sta manifestando in una sorta di rigetto dell'iniziativa golpista: cacerolazo, resistenza passiva, rifiuto del potere dei generali, che comunque hanno un potere forse inattaccabile, per ora. Le ragioni dell'intervento dell'esercito non sono ancora così evidenti, ma entrano nella tradizione che li ha visti protagonisti (1962, 1978, 1990). La dimensione della protesta sta allargandosi con il passare dei giorni e questo è l'aspetto anodino, dovuto probabilmente dalla democratizzazione avviata da una decina di anni, che può aver instillato il bisogno di liberarsi del totalitarismo e le relazioni con il resto del mondo son diventate così diffuse che è più difficile congelarle completamente, almeno a Yangon e Mandalay, mentre Naypidaw è stata immaginata appositamente per creare consenso: un'ingegneria sociale che si avvale anche della pianificazione urbanistica volta a impedire scontri e manifestazioni di piazza.
L’ambigua figura di Aung San Suu Kyi non è assimilabile ai militari, ma non è più un’icona occidentale a causa della questione rohingya (cinismo, apartheid, colonialismo britannico e persecuzioni etnico-religiose per fornire un pretesto al land-grabbing), quindi è opportuno svincolare la sua immagine dai luoghi comuni e inserirla nel suo coté culturale, che racconta un’aristocrazia birmana all'interno di una maggioranza etnica all'interno della quale si consuma la sua contrapposizione “dinastica” al potere militare. Una contrapposizione che non prelude al cambio di regime, ma solo del suo gestore: infatti i 5 anni di potere non hanno apportato cambiamenti sostanziali.
E anche i militari si appellano a istituzioni democratiche, quelle che loro hanno sancito come tali. Da un autoritarismo senza scampo si è avuta un'evoluzione, persino nel momento del golpe: il potere è stato avocato a sé dai militari, ma a norma di legge. Un regime ibrido tipico dell’area; forse anche facendo il gioco della Cina, che di lì fa passare la sua Via della Seta e delocalizza produzioni... e qui si innesta il discorso relativo alle border-lands, dove gli interessi si intrecciano, e comunque ci sono periferie e periferie, ciascuna con pesi politici ed economici diversi, con risorse e lotte armate ancora in corso in svariate regioni, dove le milizie – governative o meno – sono attivamente impegnate a curare il business delle frontiere e a sostenere governi indipendenti locali, controllati da minoranze etniche come shan, kachine, karen... con lotte tra le generazioni diverse di guerriglieri, ciascuna impegnata a perseguire i propri differenti interessi.

Dopo aver congedato Stefano Ruzza abbiamo proseguito con il Vietnam, dove si è concluso il XIII congresso del partito comunista che è stato sviscerato da Sabrina in un articolo recente: confermato l'immarcescibile Nguyen Phu Trong 77enne ben al di là dei limiti costituzionali per l'alta carica e paese del Sudest asiatico che spicca tra gli altri per il probabile lancio dovuto alla raccolta di tutta la produzione a basso costo dell'area e non solo, e poi per la sua posizione al centro di ogni accordo economico: sia in funzione anticinese, che in quella filocinese, nonostante si contrapponga militarmente e abbia un contenzioso sulle Spratly con la Cina.

Cina che per una volta si trova nei panni non dell'accusato, ma del buggerato, perché nei oprogetti avviati in Papua non ha potuto avviare la attività, in quanto il governo della Nuova Guinea per ottenere sconti ha affidato una tranche delle reti del 4G a Huawei e un'altra parte all'Australia che non ha completato la sua parte, avendo dovuto stornare parte dei fondi a sussidio dei debiti della Exim Bank (ce ha contratto debiti con la Cina stessa) e quindi non scatta la "trappola del debito" e diventa difficile rientrare della spesa per un servizio che non ha potuto andare a regime e quindi non può venire sequestrato a fronte delle inadempienze del cliente.
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Autore OGzero - Orizzonti geopolitici
Organizzazione OGzero - Orizzonti geopolitici
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